Si torna a “passeggiare” sui tetti di Roma. Così come promesso, riapre, proprio alla vigilia dell’avvio dell’Anno Santo, il passetto di Borgo: poco più di 700 metri che, da Castel Sant’Angelo portano dritti nella città del Vaticano, con discesa obbligatoria, però, su Porta Angelica, anch’essa completamente restaurata con i fondi del Giubileo. Una spettacolo suggestivo, tra gli antichi edifici di Borgo Pio e quelli più “moderni” costruiti su via della Conciliazione al posto della “spina di Borgo” abbattuta a partire dal 1936 per far posto al fasto del vialone pensato dagli architetti Marcello Piacentini e Attilio Spaccarelli.
E mentre sotto si inaugura anche piazza Pia, con tanto di interventi di Governo, Regione e Sindaco, dall’alto si gode questa «via di fuga per eccellenza», una strada “segreta e affascinante” che riporta ai tempi passati. Fatto costruire nel 1277 da Niccolò III in un tratto delle Mura Vaticane, sfruttando resti dell'epoca dell'assedio di Totila (546) e della Civitas Leonina (848-852), fu usato nel 1494 da papa Alessandro VI per rifugiarsi nel Castello durante l'invasione di Roma da parte delle milizie di Carlo VIII di Francia.
Ma l’episodio più celebre è quello che vide protagonista, nel 1527, papa Clemente VII. Con un mantello nero addosso per non essere facile bersaglio, con on vestito bianco, del lancio dei dardi, il Pontefice riuscì a rifugiarsi a Castel Sant'Angelo durante il sacco di Roma a opera dei lanzichenecchi di Carlo V. Dopo sei mesi di assedio riuscì a fuggire verso Orvieto. «Le fortificazioni che lo avevano trasformato in fortezza avevano funzionato – e funzioneranno ancora dopo – molto bene», spiega il direttore generale dei Musei, Massimo Osanna. «Tra l'altro», aggiunge, «grazie a questa nuova apertura, si può apprezzare anche la genialità delle opere difensive cinquecentesche come il bastione di San Marco».
Leone IV, Niccolò III Orsini, oltre ai Papi già citati, fino ancora all'epoca napoleonica, continuarono a ritenere il Passetto strategico e vi investirono per rafforzarlo. Oggi, dopo sei mesi di lavori e restauri, e «grazie a un grande lavoro di squadra che ha unito Musei, Soprintendenza e Comune di Roma», ha detto ancora Osanna, «abbiamo la restituzione di un luogo storico che racconta pezzi importantissimi della città di Roma». Le nuove opere realizzate sia con fondi del Giubileo che del Pnrr, oltre che con quelli speciali della direzione regionale, ora segretariato regionale, comprendono, ha spiegato la Soprintendente speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, Daniela Porro, «anche la messa in sicurezza del passaggio e un nuovo impianto di illuminazione». Due ascensori a scomparsa sotto una botola rendono il «percorso accessibile a tutti, anche a persone con difficoltà di deambulazione e non accompagnate». Le visite sono previste anche in notturna, a gruppi di 25 persone e previa prenotazione, per tre giorni a settimana.
Un lavoro di squadra, che ha reso possibile la chiusura dei diversi cantieri nei punti strategici in linea con il cronoprogramma annunciato dal sindaco Roberto Gualtieri, che la premier Giorgia Meloni, ha ribattezzato «modello Giubileo». Intervenendo all’inaugurazione, quasi in contemporanea con il Passetto, di piazza Pia, la presidente del Consiglio ha ribadito che tutto questo «dimostra che le cose si possono fare bene e velocemente. La pubblica amministrazione può stupire e sa farlo quando è motivata da grandi obiettivi come è il Giubileo, un evento storico. Penso che debba farlo anche con i piccoli obiettivi quotidiani».
Dal canto suo il segretario di Stato Pietro Parolin, ha sottolineato, per i lavori di piazza Pia, che «per la Santa Sede è un momento significativo e per me un momento di gratitudine per una opera così imponente e importante. Si potrebbe dire che è stato portato a compimento un lavoro iniziato tanti anni fa. La concretizzazione di questa piazza permette di tenere uniti i segni della città eterna: l'antichità romana di Castel Sant'Angelo e l'opera di Michelangelo. Antico e moderno non si contrappongono ma permettono di vedere una continuità».