Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
domenica 13 ottobre 2024
 
L'analisi
 

«Dall'Oglio vivo? Spero, ma ho paura che lo usino come "scudo umano" per al-Baghdadi»

07/02/2019  Il giornalista Riccardo Cristiano, a lungo inviato della Rai in Medio Oriente e vaticanista, è un grande amico del padre gesuita rapito in Siria il 29 luglio 2013. Il quotidiano britannico Times, basandosi su fonti curde, scrive che il religioso potrebbe essere ancora in vita e pronto ad essere usato come "merce di scambio" dall'Isis insieme con altri due ostaggi occidentali

Esperto del Medio Oriente e amico di padre Paolo Dall’Oglio, il giornalista Riccardo Cristiano ha più volte analizzato le vicende siriane e tentato di tenere accesa l’attenzione sul rapimento del gesuita italiano. Oggi, davanti al lancio del Times, commenta: «Credo che la notizia sia plausibile. Anche perché è la prima volta, dal 29 luglio del 2013, che fonti riconducibili all’Isis parlano di padre Paolo Dall’Oglio. Non era mai accaduto dal giorno del suo sequestro. Perché ne parlano? Per chiedere un lasciapassare per una colonna, assediata dalle milizie arabo curde alleate con gli americani. E per quale colonna dell’Isis si può chiedere un passaggio sicuro offrendo in cambio tre ostaggi di questo calibro, come padre Paolo Dall’Oglio, il giornalista britannico e l’infermiera australiana inghiottiti nel buio siriano da anni? Noi sappiamo che giorni fa gli americani avrebbero mandato proprio in quella zona una squadra speciale per catturare al Baghadi. La mia impressione è che questa notizia plausibile e questa voce sull’invio di una squadra proprio lì, ci dicano che Paolo Dall’Oglio è vivo e potrebbe essere uno dei tre scudi umani con cui si cerca di salvare la vita di al Baghadi. Mi auguro che le cose non stiano esattamente così, ma penso che possa essere questo il contesto».

Perché spera non stiano proprio così?

«Che padre Paolo sia lo scudo umano per la salvezza personale di al Baghdadi non è lo scenario migliore. Si può immaginare una battaglia feroce, ma anche un negoziato. Certamente, se fosse vero sapremmo che è vivo. E credo che questo ci dovrebbe obbligare a fare quello che possiamo. Ciascuno di noi, in queste ore, in questi momenti in cui parliamo deve sentirsi obbligato a fare qualcosa. Quanto meno a ricordare che un italiano ostaggio dell’Isis è stato rimosso dalla coscienza collettiva e individuale di questo Paese dal 2013. Non fosse stato per il presidente Mattarella sarebbe stato rimosso anche dalle dichiarazioni di questo Paese. Solo Mattarella ne ha parlato, dal 2013 a oggi. Oltre che gesuita padre Paolo è anche cittadino italiano. E mi auguro che la diplomazia italiana ci faccia sapere che cosa sta succedendo o quantomeno lo sappia».

Secondo lei che reazioni potrebbero esserci a questa richiesta di un safe passage?

«Bisogna capire chi c’è in questa colonna. Se fosse, come io immagino plausibile, al Baghdadi, mi sembra difficile possa esserci un safe passage, come c’è stato in tante altre circostante. Sappiamo, infatti, che in tante occasioni tanti attori hanno garantito il safe passage per miliziani dell’isis, in Libano sono stati addirittura riaccompagnati con pullman con l’aria condizionata. Quindi in teoria lo scenario sarebbe possibile. Ma chi c’è in quella colonna?»

Il Papa ha incontrato i parenti padre Paolo proprio la settimana scorsa…

«Credo li abbia incontrati nella calorosità della sua visione umana perché sapeva che, quando li ha ricevuti, eravamo a duemila giorni dal sequestro di Paolo. E per quanto fosse appena rientrato da Panama sentiva il bisogno di condividere queste duemillesimo giorno con i parenti del suo confratello. Non credo avesse notizie, non credo le avessero i familiari. Credo si siano rafforzati vicendevolmente in un momento molto importante».

Il suo ultimo libro è intitolato “Siria. La fine dei diritti umani”. Perché in Siria c’è stata la fine dei diritti?

«La mia tesi è che ci siamo girati dall’altra parte davanti a un genocidio. Non è che non abbiamo potuto fare nulla, c’era un genocidio e noi ci siamo girati dall’altra pare. Ed è un genocidio perché dalla Siria è stata estirpata il 50 per cento della popolazione, estirpata dal suo territorio di nascita e residenza. E noi, complice la ferocia di uno dei terrorismi, non abbiamo neanche accolti quelli che sono riusciti ad arrivare qui. Questa è la fine dei diritti umani».

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo