Persino uno come Richard
Gere può diventare invisibile.
La sua bellezza
passare inosservata sotto
i panni del senza tetto. In
una New York che guarda
altrove nessuno riconosce
l’attore americano
che si immedesima – provandola
sulla sua pelle – la disperazione degli
homeless. «Abbiamo girato in digitale,
scene molto lente. Quella in
cui chiedo l’elemosina, in una delle
vie principali di New York, dura 45
minuti e in 45 minuti nessuno mi ha
guardato in faccia. Anch’io ero diventato
invisibile», spiega l’attore.
Che nel film, nei panni di George,
vaga da un rifugio a una mensa,
senza documenti e senza storia.
In cerca di brandelli di memoria, relazioni
e dignità. “Invisible”, sugli
schermi dal 15 giugno, racconta
l’America, ma narra anche le nostre
metropoli. Mostra il passo breve che
può far precipitare vite “normali” in
un buco senza fondo. Richard Gere è
volato fino in Italia per lanciare un film che «coraggiosamente la Lucky
Red ha voluto distribuire in Italia
pur immaginando che, dato il tema,
il guadagno forse non sarà così importante
come per gli altri film. Ma
ad Andrea Occhipinti, che fa l’imprenditore,
ho detto: “Dobbiamo definire il concetto di profitto. Il profitto
si misura per la quantità di bene
che possiamo fare nel mondo e non
solo in termini di denaro”».
E per l’anteprima di questo film di
117 minuti, Gere ha scelto un pubblico
d’eccezione: gli ospiti e i volontari
della mensa di Sant’Egidio, in via
Dandolo, a Roma. All’ingresso rende
omaggio a Modesta Valente, la prima
“invisibile” che Sant’Egidio ricorda
ogni anno, fin da quando la donna
morì, 33 anni fa, alla stazione Termini
non soccorsa dall’ambulanza perché
era sporca. E poi nei locali mensa (che
forniscono oltre 600 pasti al giorno)
trasformati in cinema, Gere abbraccia
«tutti questi fratelli e sorelle che sono
davanti a me e mi scaldano il cuore».
Li guarda in volto, uno a uno, li incoraggia,
convinto che «sono le persone
che curano le persone. A cambiare
le cose non sono i soldi, non sono
i governi, non è la politica, ma
sono gli esseri umani, il collegamento
tra gli esseri umani, il guardarsi
negli occhi, il saper ascoltare le
storie degli altri. Questo è l’inizio di
qualsiasi processo di guarigione, psicologica,
emotiva, ma anche fisica».
TUTTO È NATO DA UN LIBRO
Pino, Marta,
Alessio, Giovanni sono in prima
fila. Vedono scorrere sullo schermo
la vita che è anche la loro: «Ci riconosciamo
nei silenzi, nel rumore
della città che scandiscono la nostra
quotidianità, nella fatica per cercare
un posto per dormire, nella burocrazia
che rende difficile avere ancora dei documenti
quando non hai un domicilio
da dichiarare», dicono quasi in coro.
«Non è un tema improvvisato», chiarisce
l’attore, «la sceneggiatura è basata
sul resoconto, sul racconto della
realtà, senza cercare di commuovere.
Non abbiamo cercato l’effetto per
far piangere, abbiamo semplicemente
raccontato quello che vivono queste
persone giorno dopo giorno».
La svolta, per Gere, arriva con
la lettura di un libro, Land of the lost
souls: my life on the streets, scritto da
un senza tetto del Queens. «Naturalmente
Cadillac man, il nome con il
quale ha firmato il libro e con cui era
noto per strada, è diventato mio amico
e ha fatto da supervisore a tutto il
film», continua l’attore americano.
«Pensavo a lui ogni volta che giravo
una scena. E ho capito come si
può sentire una persona che ha perso
qualunque contatto con gli amici, la
famiglia, gli affetti. Ho capito come
siamo noi come essere umani e
di quanto sia tutto molto delicato,
di come la differenza tra essere una
persona integrata nella società ed
essere dall’altra parte e perdere tutto
sia una differenza piccolissima. Questa
esperienza mi ha aiutato a capire
l’estrema vulnerabilità di tutti noi.
Ciascuno, in pochissimo tempo, potrebbe
ritrovarsi a vivere nella strada
ed essere considerato invisibile».
HOMELESSZERO. UNA CASA PER TUTTI PERCHÉ È UN LUOGO SICURO
A New York sono 60 mila, quasi
un milione negli Usa. Numeri
imponenti in un continente
vasto. Ma il fenomeno è in
crescita anche in Italia. In tutto
il Paese sono oltre 50 mila
i senza dimora, 7 mila soltanto
a Roma. La Federazione italiana
organismi per le persone senza
dimora (fio.Psd), in occasione
della presentazione dei dati
dell’“Indagine sui senza
dimora” (cui ha partecipato
anche la Caritas) e delle “Linee
di indirizzo per il contrasto alla
grave emarginazione adulta in
Italia” ha lanciato la campagna
#HomelessZero. Il progetto, che
vede la partnership di Richard
Gere, vuole proporre su tutto
il territorio nazionale politiche
abitative innovative per
garantire una casa ai senza
dimora. «Il diritto alla casa»,
dicono i promotori, «significa
riconoscere l’abitazione
come porta di accesso ai
servizi, come luogo sicuro,
confortevole e adeguato dal
quale ripartire con un percorso
di accompagnamento sociale
professionale che affronti tutte
le problematiche legate ai
senza dimora: la cittadinanza,
la residenza, la salute, il
lavoro, la cultura, la socialità,
il godimento dei beni comuni,
il diritto alla partecipazione
e alla rappresentanza».
Per il progetto, rilanciato
nella serata inaugurale del
TaorminaFilmFest, Richard
Gere ha messo all’asta un
prezioso orologio ricevuto
presso l’ambasciata americana
in Italia