Mandato da Famiglia Cristiana a New York alcuni giorni dopo la tragedia de l'11 settembre, arrivai in una città dove, avvicinandosi alla zona Sud di Manhattan, si avvertiva ancora nell'aria l'odore acre del fuoco e delle rovine. Ma non è questo il ricordo più forte di quei giorni.
Nella memoria restano le onoranze funebri in onore delle vittime degli attentati. Parlare di funerali è improprio, perché di solito la bara non c'era. I corpi recuperati fra le macerie del World Trade Center furono pochissimi e le operazioni di riconoscimento sono andate avanti per anni (in realtà stanno ancora continuando). Il New York Times pubblicava ogni giorno l'elenco delle cerimonie previste in città. Un venerdì ne furono organizzate 20, il giorno dopo 26.
Ricordo che le cerimonie più strazianti erano quelle in memoria dei pompieri. Furono 343 i vigili del fuoco rimasti sotto le torri crollate. Erano quasi tutti di origine irlandese, cattolici, con tanti figli. Perciò a queste cerimonie funebri c'erano sempre tanti bambini, anche molto piccoli. Di solito al più grandicello toccava tenere in mano l'elmetto da pompiere del padre. Ricordo che davanti alle caserme dei pompieri c'erano mazzi di fiori, bigliettini e orsacchiotti di peluche. Ogni caserma, in città, aveva i suoi caduti e la gente di New York manifestava così il proprio affetto.
Ricordo una cerimonia nella Cattedrale di San Patrizio, sulla Quinta Strada, in onore degli operai, manovali, carpentieri, imbianchini ed elettricisti che la mattina de l'11 settembre lavoravano dentro le Torri. Una cerimonia strana, con il sindaco Rudy Giuliani e i capi del sindacato in cravatta, ma con una folla di lavoratori in tuta, con le bretelle, le scarpe sporche di polvere. A un certo punto qualcuno andò al microfono a leggere i 59 nomi di quei morti: Mauricio Gonzales, Jospeh Piskadlo, Joe Romagnolo, Sal Fiumefreddo...Erano figli e nipoti di messicani, italiani, polacchi, greci.
Ricordo che a New York non si erano mai viste nelle strade così tante divise di poliziotti e le tute mimetiche degli uomini della Guardia Nazionale. Era molto forte la paura di nuovi attentati, ma dove? Come? Quando? Ricordo che la domenica in cui il presidente Bush annunciò agli americani l'attacco all'Afghanistan come rappresaglia contro gli attentati a New York, era una giornata bellissima. Una giornata di vento e di sole smagliante, con la gente nei parchi e seduta ai tavolini dei bar e dei ristoranti. L'America entrava in guerra e la gente dava un'occhiata distratta ai televisori nei bar, che mostravano il discorso del presidente. Tutti volevano godersi il sole.
Ricordo che, nonostante tutto, già alla fine di settembre le vetrine dei negozi erano decorate di zucche, abiti da strega e mostriciattoli arancioni per la Notte di Halloween. Ricordo che New York si rimise lo smoking la sera del 3 ottobre, quando i Berliner Philarmoniker diretti da Claudio Abbado suonarono Mahler e Beethoven alla Carnegie Hall. Quando gli orchestrali erano già ai loro posti, invece di Abbado entrò sul palcoscenico un uomo in divisa da poliziotto. Era l'agente Daniel Rodriguez, che intonò emozionato God bless America, l'inno che in quelle settimane tenne insieme i cuori degli americani. Dopo poche strofe si unirono al canto dell'agente Gonzales le voci dei 2.800 spettatori che gremivano la sala. E tutti, proprio tutti, avevano gli occhi lucidi.