“Non si possono fare parti uguali tra disuguali”. Questa frase di don Milani è stata citata più volte,da veri relatori, al 48° Incontro Nazionale di Studi delle ACLI tenutosi in questi giorni ad Arezzo. All’interno del Teatro Petrarca, fresco dei lavori di ristrutturazione e restauro, i temi inerenti la giustizia e la pace sono stati al centro di una dozzina di conferenze che hanno animato la tre giorni (17-19 Settembre) aclista di Arezzo. Dopo i saluti istituzionali di rito, Roberto Rossini (responsabile Ufficio studi Acli nazionali) ha illustrato lo spirito ispiratore del convegno aclista: «Crediamo che il lavoro e la giustizia sociale siano due nostre priorità fondamentali, soprattutto oggi che queste due tematiche sono delle emergenze, basti guardare gli indici di disoccupazione (soprattutto giovanile) e le nuove emergenze umanitarie (immigrazione, emarginazione sociale e povertà) ». I dati citati dallo stesso Rossini sono inequivocabili soprattutto sul dato della povertà: «Secondo una ricerca Oxfam il 20% degli italiani possiede il 62% della ricchezza, mentre un altro 20% possiede solo lo 0,4% della ricchezza. Gli italiani in stato di grave privazione materiale sono aumentati negli ultimi anni di cinque punti percentuali, passando dal 6,4% all’ 11,5%. In Europa, sono 123.000.000 milioni le persone in grave situazione di povertà». La forbice tra poveri e ricchi si sta allargando in modo progressivo e costante: «Questo sistema economico, conclude Rossini, sta uccidendo fasce sociali sempre più ampie. Dove non c’è eguaglianza e giustizia sociale, non ci può essere pace».
Grande interesse, hanno suscitato le parole di padre Francesco Occhetta, gesuita, che con un piccolo spaccato della nostra società ha portato all’attenzione comportamenti sociali e politiche che possono favorire disuguaglianze e squilibri sociali: «In Italia, ha affermato il gesuita, abbiamo una slot-machine ogni 133 abitanti a giocare sono soprattutto le fasce più deboli con la speranza di riscattarsi attraverso la vincita clamorosa. Anche tutte le vendite commerciali a rate hanno creato, nel tempo, nelle fasce sociali medio basse, fardelli a volte insostenibili».
L’ingiustizia sociale può essere generata da scelte economiche discutibili: «Negli anni “60” un manager guadagnava 4 volte un suo lavoratore, nel “70” 40 volte il lavoratore, nel 2000 siamo arrivati a un rapporto di 500 volte lo stipendio di un lavoratore della stessa azienda. La giustizia sociale si può fondare unicamente su un patto sociale tra tutti i protagonisti, nessuno escluso». Interessante anche il dato riportato dal gesuita di uno studio antropologico riguardante i tatuaggi tanto in voga: «In Italia, sono 7.000.000 milioni le persone tatuate; secondo un recente studio, oltre la moda, il fenomeno manifesta un grido di impotenza, una profonda sfiducia nelle istituzioni, una mancanza di ascolto della società, per cui traccio sulla mia pelle, come una sorta di memoria personale, un diario della propria esistenza, composto dai segni dei momenti più importanti della mia vita».
Il convegno ha avuto anche un momento di analisi con uno sguardo rivolto all’Europa. Moderati dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, sono intervenuti l’on. Antonio Tajani e l’on. David Sassoli che hanno analizzato i recenti eventi migratori con riflessioni riguardanti l’emergenza in corso: «Ci vogliono regole certe, ha detto Antonio Tajani, condivise da tutti gli stati europei, che insieme devono agire per regolare e gestire un fenomeno che ha dati impressionanti, ma che potrebbe anche aumentare la sua portata. Non ci possiamo far trovare impreparati». Dello stesso parere anche l’on. Sassoli che ha sottolineato l’importanza dello spirito che ha fatto nascere l’Europa stessa: «La solidarietà, è stato un elemento importante e fondante dell’Europa fin dal suo nascere. Oggi possiamo dimostrare quanto questo lo spirito solidale appartenga al nostro DNA e al futuro dell’Europa stessa». Sassoli ha anche sottolineato che non sempre ci si ricorda di cosa dà l'Europa. I giovani che fanno l'Erasmus, per esempio, lo danno per scontato, ma poi non ci sono quando si tratta di difendere l'Europa.
Molto interessante anche il dibattito su “Ridurre le disuguaglianze attraverso le comunità” moderato da Annachiara Valle (Famiglia Cristiana) ha visto protagonisti attivi dell’economia come Alessandro Azzi (Presidente Banche di Credito Cooperativo) dell’impresa, Umberto Costamagna (fondatore del gruppo Call&Call) del sociale, Francesco Marsico (Caritas Italiana) della politica come Rita Visini (assessore politiche sociali del Lazio) e della formazione, Giorgio Sbrissa (direttore Enaip Veneto). Da questo incontro ne è scaturito un dibattito appassionato e in diverse parti applaudito, che è scaturito alla fine nella condivisione corale degli intervenuti dell’estrema necessità, delle comunità di ogni territorio, di “fare rete” per contrastare le disuguaglianze sociali. Giocava in casa, nella sua Arezzo, il ministro per le Riforme Costituzionali, Maria Elena Boschi che è intervenuta nell’ultima giornata del convegno. «Purtroppo, ha dichiarato il ministro, nel nostro paese si è ampliata la forbice della disuguaglianza. Prima del 2008 il 30% della popolazione aveva un patrimonio doppio delle 10 famiglie più ricche d’Italia. Dopo il 2013 la ricchezza delle famiglie più povere è diminuita del 20%, mentre quella delle 10 famiglie più ricche è aumentata del 70%. La politica deve intervenire in modo incisivo verso coloro che stanno scivolando nelle fasce della povertà». Sono previsti interventi mirati su più fronti, in particolare verso i bambini che sono, insieme agli anziani, i soggetti più deboli: «Sono 723.00 in Italia, ha continuato Maria Elena Boschi, i bambini in povertà assoluta, mentre sono 1.850.000 quelli in povertà relativa. Questi saranno al centro della nuova legge di stabilità che prevederà interventi importanti verso i più piccoli e ai loro familiari».
Anche la riforma del terzo settore verrà strutturata pensando a una società futura da costruire con tutti i soggetti protagonisti della vita economica e sociale di questo paese: «Dobbiamo attuare, ha concluso il ministro, una riforma pensando alle sfide di questo tempo, immaginando i nuovi ruoli del volontariato, delle cooperative, dei corpi intermedi. Dobbiamo trovare un legame tra Stato e società civile, non sarà un cammino semplice, ma sarà composto più da “sì” che da “no”.
Il presidente delle Acli, Gianni Bottalico, intervenuto dopo il ministro, ha voluto sottolineare l’importanza della riforma del Terzo Settore attualmente in discussione al Senato: «I corpi intermedi, non sono più sentiti come elemento propulsivo dell’economia e del sociale. Intendiamo contribuire a rilanciare il dibattito su un nuovo protagonismo dei corpi sociali. La nostra concezione di democrazia si basa sull’idea di pluralismo, della sussidiarietà e della partecipazione popolare. Ci chiediamo quanto le varie forme di centralismo, di personalizzazione e di concentrazione del potere, siano adeguate a governare la complessità dei problemi».