«Roma è una delle poche capitali
europee che ancora non ha un sistema integrato di gestione dei
rifiuti. Abbiamo poco tempo per affrontare e risolvere il problema e
dobbiamo lavorare in fretta perché si può ancora fare». Parola
del ministro dell'Ambiente Corrado Clini, che insieme a suoi colleghi, come il ministro per i Beni culturali, Lorenzo Ornaghi, ha vinto la battaglia
che vedeva lui e gli altri contrari alla scelta di Corcolle come sito della nuova
discarica romana.
Una scelta che era sostenuta, invece,
dalla Governatrice del Lazio, Renata Polverini, e dal prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, il quale a seguito della decisione del Governo si
è dimesso dall'incarico di Commissario delegato per l'emergenza
rifiuti a Roma. Al suo posto il Consiglio dei ministri ha deciso di
conferire al prefetto Goffredo Sottile l'incarico di procedere
urgentemente “all'individuazione della discarica necessaria a dare
soluzione al problema della gestione del ciclo integrato dei rifiuti
della Capitale”.
Per arrivare davvero a un ciclo
integrato di rifiuti occorrerebbe un deciso rafforzamento della
raccolta differenziata, ma la presenza della più grande discarica
d'Europa, Malagrotta, ha fatto sì che la differenziata non
decollasse mai realmente ed oggi è ferma al 20-26%.
«La via da seguire per risolvere il
problema rifiuti della Capitale è già stata tracciata all'interno
del Piano per Roma proposto dal ministro dell'Ambiente Clini, nel
quale, giustamente, s'inverte completamente l'impostazione puntando
innanzitutto all'aumento del riciclaggio da raccolta differenziata
per poi utilizzare la discarica solo per le quantità residuali dopo
il trattamento negli impianti esistenti in città ma mai entrati in
funzione a regime», spiega il vicepresidente di
Legambiente Stefano Ciafani. «In due anni, si può arrivare al 65%, come
dimostrato in altre grandi città italiane a partire da Salerno, con
investimenti adeguati ma soprattutto rapidi».
L'invito a guardare alla Germania «dove
le discariche non si fanno più» arriva dal sottosegretario
all'Ambiente Tullio Fanelli che ieri, intervistato dai giovani
reporter di “Giornalisti nell'erba” ha detto: «Dobbiamo
smettere di fare discariche, dovunque le si faccia è un danno. Serve
tempo, organizzazione e sapere».
Nel frattempo il tempo scarseggia
perché entro il 30 giugno Malagrotta - la discarica provvisoria di
Roma - deve chiudere, e sembra di assistere a un inverosimile e
sconcertante gioco dell'oca, dove non si riesce mai ad arrivare alla
fine, ma a un certo punto si ricomincia tutto daccapo. Così si
rischia di assistere nei prossimi mesi a scenari già visti a Napoli
e Palermo con cumuli di rifiuti per la strada oppure spediti
all'estero a caro prezzo.
Bocciato Corcolle, torna in campo
l'ipotesi di Monte Carnevale, a un tiro di schioppo da Malagrotta. Il
ministero dell'Ambiente l'aveva indicata come l'area più idonea per
le positive caratteristiche idrogeologiche, ma un altro ministero,
quello della Difesa, aveva opposto un veto perché il sito, un ex
deposito di brecciolino, è troppo vicino al centro Intelligence
delle Forze Armate.
Un'altra possibilità è quella di Pian
dell'Olmo, l'unica sostenuta in modo esplicito dal presidente della
Provincia Nicola Zingaretti, ma qui vengono addotti - per opporsi - motivi archeologici, paesaggistici e di sicurezza. Ma soprattutto
rischi per la salute pubblica, visto che il centro abitato di Riano
dista poche centinaia di metri da quel luogo.
A favore di Pian dell'Olmo si è
espresso anche l'avvocato Manlio Cerroni, proprietario di Malagrotta,
da decenni deus ex machina della politica dei rifiuti a Roma.
Tre i siti alternativi che controlla: Pian dell'Olmo, Monti
dell'Ortaccio, a poche centinaia di metri da Malagrotta, distante
chilometri dalle abitazioni intorno, e Quadro Alto, ovvero le cave nel Comune
di Riano già scelte dal Commissario Pecoraro e poi scartate in
favore di Corcolle.
Dopo 10 anni di proroghe la discarica
provvisoria di Malagrotta continua ad accogliere ogni giorno quasi 5
tonnellate di rifiuti provenienti da Roma e dai Comuni limitrofi.
«Non si sa esattamente neanche quanto
sia estesa, 160 o forse 240 ettari», spiega Stefania Divertito,
autrice di “Toghe Verdi” in cui si ricostruisce la vicenda
giudiziaria di Malagrotta.
«Il mostro si espande, si innalza,
modifica l'orizzonte di giorno in giorno. Secondo le stime dagli anni
Sessanta lì sarebbero state riversate 60 milioni di tonnellate di
rifiuti, calcolando un uomo dal peso medio di 80 chili, l'equivalente
dell'intera popolazione europea».
Il Consiglio di Stato ha recentemente
disposto una nuova perizia sulla discarica, accogliendo il ricorso
del Codici (Centro per i diritti del cittadino) contro la sentenza
del Tar del Lazio.
Quest'ultima accoglieva il ricorso
della Giovi Srl, l'azienda di Manlio Cerroni, titolare della gestione
della discarica di Malagrotta, annullando l’ordinanza del Comune di
Roma che imponeva la messa in sicurezza della discarica.
Il ricorso della Giovi Srl si basava
sulla convinzione della non pericolosità per la salute pubblica
delle acque sotterranee. Queste motivazioni non hanno convinto il
Codici che ha fatto a sua volta ricorso per garantire a tutti i
cittadini il diritto alla salute.
La nuova perizia, disposta dal
Consiglio di Stato, sarà condotta dal Politecnico di Torino, in
seguito alle critiche di cui era stata oggetto la precedente perizia
predisposta dall’Università La Sapienza di Roma. Il collegio
di verificazione dovrà valutare se è vero che a monte della
discarica la falda non è inquinata e quindi l’acqua è potabile;
se gli agenti inquinanti rinvenuti sono o meno conseguenza
dell’inquinamento da discarica; se nell’area si registra un’alta
concentrazione di metalli pesanti.
««Si festeggia per Villa Adriana di Tivoli, salvata dallo sfregio della
discarica. Un risultato insperato raggiunto grazie ai cittadini, alla
mobilitazione sul web e probabilmente anche all'intervento del
Presidente della Repubblica.
Anche le bottiglie di acqua
andrebbero altrettanto bene per festeggiare, visto che da quelle parti passa anche l'acquedotto dell'Acqua Marcia, il terzo acquedotto
di Roma antica, ancora utilizzato per l'acqua potabile e
l'agricoltura, e che ora è al riparo da possibili minacce.
Villa Adriana fu costruita,
a partire dal 117 d.C., dall'imperatore Adriano interessato a una
residenza imperiale lontana dal caos di Roma. La villa accolse d'estate l’imperatore e i suoi migliori ricordi orientali, come le
Cariatidi dell’Eretteo ateniese, il Canopo di Alessandria d'Egitto
e celebri mosaici, accumulando un patrimonio di ricchezze cui in
seguito avrebbe attinto lo stesso cardinale Ippolito II d’Este per
adornare la vicina Villa d’Este, altro gioiello dell'Unesco.
Personalissimo rifugio di Adriano era
in particolare il teatro Marittimo, circondato da un portico
circolare a colonne ioniche. Non manca un insieme di edifici termali
– le Grandi e Piccole Terme – che si collegava al Pecile, il
portico variopinto di stoica memoria, decorato con le opere dei più
grandi pittori greci, meta prediletta dei viaggi e delle meditazioni
di Adriano.
L'imperatore realizzò
quella che oggi è considerata la più importante e complessa Villa
dell'antichità romana, se si pensa che il relativo parco
archeologico è vasto quanto quello di Pompei. Tutti sperano non faccia però la
fine di Pompei, visto che Villa Adriana - 120 ettari di residenze,
giochi d’acqua e meravigliosi monumenti - rimane in una situazione
precaria, non essendo mai arrivati i fondi necessari per il restauro e per la manutenzione delle zone che scontano una situazione di
degrado.
Patrimonio mondiale
dell'Umanità per l'Unesco, la storica villa, salvata ora
dall'alluvione di rifiuti, rischia di essere oggetto dell'ennesima
colata di cemento.
«La lottizzazione Nathan
porterà 180.000 metri cubi di cemento a ridosso di uno dei monumenti
più importanti della romanità, sviluppandosi in parte su terreni
soggetti a rischio di esondazione», denuncia il Wwf di Tivoli. «È
già stato costruito a spese del contribuente un lungo argine in
cemento che ha orrendamente sfigurato un bellissimo monumento romano,
il Mausoleo dei Plutii. I critici d'arte parlano di Ponte Lucano come
“una sorta di luogo magico trasformato in un pezzo d’inferno”.
Bisogna fermarsi finché siamo in tempo». Al momento l'unica barriera
per salvare dal cemento le aree agricole immediatamente adiacenti a
Villa Adriana sono i ricorsi al Tar presentati dal Wwf e da Italia
Nostra.
L'Adriano di cui narra
Marguerite Yourcenar diceva: «Io sono il custode della bellezza del
mondo».
Oggi tra degrado, rischio
crolli, discariche abusive e avanzata del cemento, ci sarebbe davvero
bisogno di lui.