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lunedì 09 settembre 2024
 
 

Riforma Difesa, un voto che divide

12/12/2012  La Camera ha approvato la legge, con 294 sì, 53 astenuti e solo 25 no. Un provvedimento da un Governo e un ministro dimissionari. Inascoltati i pressanti appelli della società civile.

Il Parlamento ha approvato la legge che delega al prossimo Governo la riforma delle Forze Armate. Ho ascoltato le ultime battute di questa vicenda seduto accanto alle donne che si portano sulle spalle il peso intero di una famiglia che non ce la fa, a quelle che fanno due o tre lavori per arrivare a fine mese, agli uomini disperati a cui è stato tolto il lavoro e che oggi si sentono uno zero, ai dipendenti e artigiani che stanno lottando con le unghie e con i denti per difendere il proprio lavoro, ai nuovi poveri che fanno la fila alle mense della Caritas e provano vergogna per quello che non avevano mai immaginato di dover fare, ai giovani che trovano le porte chiuse dell’università e del mondo del lavoro, alle famiglie di anziani che stanno sempre peggio, a quelle che sostengono delle persone con disabilità e sono state lasciate sole.

E oggi sono ancora qui, seduto accanto a loro, a cercar di dare un senso a quello che è successo. Ma un senso non c’è.

Che le Forze armate abbiano dei problemi non v’è dubbio. Ma di questi tempi i problemi ce l’hanno in tanti. Il Parlamento ha scelto di occuparsi di Esercito, Marina e Aeronautica come non ha fatto per nessun altro. Poveri, disoccupati, inoccupati, esodati, precari, bisognosi: nessuno ha ricevuto tanta attenzione, tanta dedizione quanto questo piano per le Forze armate.

In soli 6 mesi questo Parlamento ha approvato una legge che garantisce ai generali più di 230.000 milioni di euro per i prossimi 12 anni. Roba da guinness dei primati. Cosa posso dire a tutta questa gente che ho a fianco e che non sa più dove andare a sbattere la testa? Che il futuro delle Forze armate è più importante del loro? Che fare la guerra in giro per il mondo è più importante che dichiarare guerra alla miseria e alla disoccupazione? Che comprare gli F-35 è più importante che dare un po’ d’aiuto a chi ne ha disperato bisogno?

Quarant’anni fa, il 12 dicembre 1972, il Parlamento approvava la legge che riconosceva il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare e istituiva il servizio civile alternativo. Ieri un altro Parlamento, figlio di una pessima legge elettorale e di una politica peggiore, ha approvato un’altra legge ma di segno opposto. Al posto dell’obiezione (alle armi) c’è l’obbedienza (alla lobby delle armi). Al posto della coscienza (personale) c’è l’incoscienza (collettiva). Al posto del servizio civile c’è il servizio ai generali.

Al posto dei valori (della pace, del disarmo, della solidarietà, della condivisione, della partecipazione e dell’educazione) ci sono i dolori provocati da una riforma che taglia 43.000 posti di lavoro per comprare altre bombe e organizzare altre guerre. Non c’era modo peggiore di chiudere questa legislatura.

Il fatto più grave, tra i molti che non smetteremo di denunciare, è il furto di libertà e democrazia perpetrato ai danni del prossimo Parlamento e, quindi, di noi tutti. Si può delegare un Governo a fare una riforma. Non un Governo dimissionario. Non su una materia così delicata. Non c’era nessun bisogno di farlo. C’erano solo, in fin dei conti, la pretesa e la paura. La pretesa dell’ammiraglio Di Paola di fare tutto da solo. E la paura di certa politica di doversi confrontare con un Parlamento (il prossimo) che immagina peggiore di questo.

Ieri hanno vinto loro ma domani dovranno fare i conti con le conseguenze delle loro decisioni. E soprattutto con tutta quella gente che non sopporta più di veder buttare tanti soldi inutilmente. Intanto la partita si fa politica, entra nella campagna elettorale e investe tutte le forze che si candidano a cambiare per davvero. Diamo all’Italia un Governo di pace.

Flavio Lotti
Coordinatore nazionale
della Tavola della pace

Ieri ho votato “no” al decreto legge sulla difesa presentato dal Ministro Di Paola. Le motivazioni per cui da ormai due anni mi impegno contro l’acquisto dei cacciabombardieri sono a tutti note e sono quelle che mi hanno portato ad essere contrario a questo provvedimento.

     Sono profondamente turbato sia sul piano umano che su quello etico nel vedere che mentre ci sono milioni di persone e famiglie che si accollano sacrifici pesanti e per molti al limite della sopportabilità, che mentre non riusciamo a trovare congrue risorse per il lavoro né per contrastare la povertà che sta mordendo con i suoi denti acuminati migliaia di persone e famiglie, si impegnino  i soldi degli italiani, compresi quelli di chi si è accollato i sacrifici, per acquisire dei costosissimi caccia bombardieri.

     Mi domando se era proprio questo il tempo congruo a questa operazione, o se prima non vengono i bisogni delle persone. In poco più di sei mesi si è voluto e realizzata questa riforma. Mentre i provvedimenti importanti giacenti da tempo in Parlamento sono saltati per mancanza di tempo, con grande velocità uno spazio è stato trovato per fornire in futuro e strutturalmente più soldi al Ministero della Difesa per l’esercizio e l’acquisto di armi.

     A mio parere andava rivisto in profondità l’investimento sui cacciabombardieri, anche alla luce delle valutazioni che sono in corso in altri Paesi. Si sarebbe dovuto agire con maggior determinazione sugli sprechi che ancora esistono nel settore e sui privilegi. Inoltre la gestione degli esuberi andrebbe valutata con maggiore attenzione anche per evitare di ripetere la questione degli esodati e prevedere risorse per formazione e riqualificazione. Avrei desiderato sapere come si procederà al riordino della sanità militare e tante altre questioni relative al trattamento del personale.

     La nostra battaglia ha permesso che si realizzassero alcuni importanti cambiamenti nella legge delega, ma non ancora sufficienti. Sono stato accusato di essere un pacifista. Critica che non mi turba ma che non corrisponde alla verità essendo il sottoscritto semplicemente un cercatore di pace e di giustizia pertanto un pacifico.

     Certo, cercare di camminare sui sentieri di Isaia facendo politica nelle istituzioni non è facile.

     So bene che la difesa della Patria è un sacro dovere dei cittadini, ma mi chiedo – e chiedo – se mantenere la coesione sociale, evitare che il malessere sociale si diffonda come una pandemia non sia un modo, e io credo il più efficace, per difendere la Patria. A meno che pensiamo che all’orizzonte ci sia un pericolo di offesa nei confronti del nostro Paese e che si sia obbligati a difenderci. Ma non mi sembra che questa ipotesi sia fortunatamente nelle prospettive.

     Un ripensamento che tenesse conto della situazione sarebbe stato opportuno. Molte volte viene citata la Grecia e abbiamo assunto posizioni anche molto dure per fare in modo di risparmiare al nostro Paese una simile deriva, ma vorrei anche ricordare che, mentre declinava verso una situazione finanziaria e sociale insostenibile, la Grecia ha continuato ad acquisire armamenti. Non possiamo fare lo stesso. Agiamo con attenzione e prudenza. Cerchiamo anche su questo terreno di essere temperati e moderati.

     Non nego le ragioni che il Ministro ha portato in Aula sostenendo che quando si parla di capacità operative per l’oggi e il domani, si parli di quelle capacità che richiedono tecnologia, investimenti e strumenti militari efficaci. Ma mi chiedo se in determinate situazioni non esistano priorità umane che vengono prima e che richiedono una attenzione maggiore.

     Confesso che avrei voluto vedere in questo provvedimento la previsione di forme di difesa non violenta. Mi si potrà dire che questa è un’utopia. Non credo, se vedo che oggi le forme di azione non violenta sono vittoriose, basti pensare a quanto è avvenuto in Birmania. Una vera lezione di civiltà che obbliga tutti a pensare se per conquistare la democrazia siano più opportuni – come successo in Libia – i bombardieri che hanno distrutto e confinato nel caos un Paese, o se incrementare e sostenere forme di disobbedienza civile con ha dimostrato il popolo della Birmania? È una domanda e un interrogativo che ci fa apparire ingenui, ma che rappresenta una profonda fiducia nell’uomo.

     Finché i nostri programmi di difesa non contempleranno anche forme di questa natura e ci affideremo solo alla forza degli strumenti , non ci sarà mai vera difesa.

     Come cittadino, come orfano di un giovane soldato che per dire no al continuare della guerra ha lasciato la vita, e anche come cristiano, ho votato contro questo provvedimento.

     Mi ero chiesto, ed era il senso dell’emendamento che avevo presentato, se non fosse il caso di agire con una maggiore attenzione alla difficile situazione politica che stiamo attraversando. Data l’imminenza delle elezioni che, stando alle dichiarazioni del Ministro dell’interno dovrebbero tenersi nel mese di febbraio e pertanto con lo scioglimento delle Camere entro gennaio, non credo che la data del 30 aprile che veniva proposta per le deleghe attuative, fosse congrua e rispettosa delle prerogative del Parlamento. Non mi sembrava opportuno che si chiedesse una delega per un Governo che non conosciamo.

     Lo spostamento della data al 30 giugno come proponevo nell’emendamento firmato con l’on. Carra, sarebbe stato pertanto funzionale a consentire al prossimo Parlamento e al nuovo Governo  di discutere in modo approfondito il problema.

     Si è persa una buona occasione per dimostrare quell’attenzione ai problemi veri del Paese e, come avrebbe detto La Pira, della povera gente. Sarebbe stato un atto di buona volontà e di grande sensibilità, ma che non è stata accolta dall’Aula della Camera che ha approvato a maggioranza il provvedimento.

Savino Pezzotta
(Deputato dell'Unione di Centro per il Terzo Polo)

"Con il voto di martedì 11 dicembre il Parlamento ha perso l’occasione di bloccare l’azione di chi vuole sempre più soldi per le armi e di rimettere al centro di una discussione comune e partecipata (sia in ambito istituzionale che nella società civile) il modello di difesa e di sicurezza più utile ai cittadini italiani. Prima di qualsiasi revisione dello strumento militare". Le realtà promotrici di “Taglia le ali alle armi” contestano duramente il voto della Camera che ha approvato la delega al ministro della Difesa della riforma delle Forze Armate.

     "Vigileremo ora sul percorso dei decreti delegati nell’ambito della prossima legislatura per attutire i problemi previsti da questo provvedimento", scrivono Tavola della Pace, Rete Italiana Disarmo e Sbilanciamoci. "Cercheremo da subito di portare nella discussione che si svilupperà prima delle elezioni politiche il tema delle spese militari, portando avanti la posizione (che riteniamo maggioritaria nel Paese reale) di chi le vuole diminuire a vantaggio di maggiori investimenti per welfare, sanità, scuola, lavoro.

     Nelle ore del voto, le associazioni non violente e pacifiste hanno realizzato davanti alla Camera dei Deputati un presidio "partecipato, colorato e forte, con la grande bandiera della Pace che di solito apre la Marcia Perugia-Assisi", come scrivono.

     "Con questa presenza", aggiungono nel comunicato, "le tre organizzazioni promotrici della campagna 'Taglia le ali alle armi' hanno voluto lanciare un ultimo - purtroppo inutile - appello ai deputati affinché non approvassero la legge-delega che affida al Governo la revisione e la riforma dello strumento militare. Un'occasione d'oro per dimostrare che il Parlamento ha a cuore i problemi veri del Paese e non la difesa degli interessi dell'industria militare, che non è stata accolta dall'Aula della Camera".

     La legge è stata approvata a maggioranza (294 sì, 53 astenuti e solo 25 no), coronando di successo l'intenzione del ministro ammiraglio Giampaolo Di Paola. "E' riuscito a ottenere questa riforma in poco più di sei mesi", sottolinea il comunicato di 'Taglia le ali alle armi'. "Mentre i provvedimenti di risparmio sulle Province e anche la modifica della legge elettorale giacenti in Parlamento sono saltati per mancanza di tempo, con grande velocità uno spazio è stato trovato per fornire più soldi al Ministero della Difesa per l'esercizio e l'acquisto di armi.

     "Un aumento delle spese militari che non ha atteso questa riforma per prendere il volo", dice Giulio Marcon, della campagna Sbilanciamoci, "come dimostrano i dati della Legge di stabilità approvata a breve: nel 2013 il comparto della Difesa riceverà in dote un miliardo in più del 2012, alla faccia di tutti i tagli operati sulla spesa pubblica per altre e maggiori necessità come sanità, lavoro, welfare".

     E dove finiranno questi soldi, recuperati alleggerendo gli effettivi militari di oltre 40.000 unità? In nuovi sistemi d'arma (oltre 200 miliardi investiti nei prossimi anni, secondo le stime).

     "Con le modifiche apportate dal Parlamento al testo originale del Ministro Di Paola le Camere potranno chiedere il punto della situazione di ogni progetto di armamento", commenta Francesco Vignarca di Rete Italiana Disarmo, "ma quello che non sappiamo, ad oggi, è se ciò accadrà solo per l'acquisto dei prossimi sistemi d'arma o anche per quelli già in corso. Un punto che presidieremo con forza durante la prossima campagna elettorale”.

     "Senza contare", concludono i promotori della Campagna, "che riformare uno strumento senza aver prima discusso degli scenari di sicurezza e del nuovo modello di difesa ancora una volta pare quantomeno irrazionale".

Luciano Scalettari

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