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"Noi stiamo con chi è costretto a fuggire"

19/06/2016  Alla vigilia della giornata del rifugiato, il Papa ha detto che un cristiano per definirsi tale accetta di caricarsi sulle spalle la “croce del proprio dovere” e della solidarietà “con i poveri”. Una preghiera anche per i "nostri fratelli ortodossi, invocando lo Spirito Santo perché assista con i suoi doni i Patriarchi, gli Arcivescovi e i Vescovi riuniti in Concilio"

I rifugiati e gli ortodossi riuniti in Concilio a Creta sono stati al centro dell'Angelus di oggi di papa Francesco.  I rifugiati non sono numeri di una massa da scansare ma “carne di Cristo” da accogliere e aiutare, come invita a fare il motto scelto dall’Onu per la Giornata mondiale del Rifugiato – “Noi stiamo dalla parte di chi è costretto a fuggire” – che Francesco cita alla vigilia dell’evento: “I rifugiati sono persone come tutti, ma alle quali la guerra ha tolto casa, lavoro, parenti, amici. Le loro storie e i loro volti ci chiamano a rinnovare l’impegno per costruire la pace nella giustizia. Per questo vogliamo stare con loro: incontrarli, accoglierli, ascoltarli, per diventare insieme artigiani di pace secondo la volontà di Dio".

Francesco ha fatto rimbalzare tra la folla la domanda di Gesù ai discepoli, cuore della liturgia domenicale: “Voi chi dite che io sia?”. Il Papa la personalizza indirizzandola a chi lo ascolta: “Chi è Gesù per ciascuno di noi? La risposta della fede non può che essere quella di Pietro, diretta a un mondo che ha più che mai bisogno di Cristo, della sua salvezza, del suo amore misericordioso”.
“Molte persone avvertono un vuoto attorno a sé e dentro di sé - forse alcune volte anche noi; altre vivono nell’inquietudine e nell’insicurezza a causa della precarietà e dei conflitti. Tutti abbiamo bisogno di risposte adeguate ai nostri profondi interrogativi, ai nostri interrogativi concreti, esistenziali". E ancora: "Gesù conosce il cuore dell’uomo come nessun altro. Per questo lo può sanare, donandogli vita e consolazione”.

Dopo la domanda ai discepoli, Gesù indica loro, e alla Chiesa ogni giorno, la responsabilità che comporta il riconoscere in Lui il Figlio di Dio, quella della croce da prendere, ciascuno la propria:“Non si tratta di una croce ornamentale, o una croce ideologica, ma è la croce della vita, è la croce del proprio dovere, la croce del sacrificarsi per gli altri con amore – per i genitori, per i figli, per la famiglia, per gli amici, anche per i nemici – la croce della disponibilità ad essere solidali con i poveri, a impegnarsi per la giustizia e la pace” "Certo", osserva a braccio Francesco, nell’assumere la croce “sempre si perde qualcosa”. E tuttavia…“è un perdere, per guadagnare. E ricordiamo tutti i nostri fratelli che ancora oggi mettono in pratica queste parole di Gesù, offrendo il loro tempo, il loro lavoro, la loro fatica e perfino la loro vita per non rinnegare la loro fede in Cristo”.

Dopo l’Angelus, il Papa ha ricordato la Beatificazione di ieri, a Foggia, della mistica del ‘700, Maria Celeste Crostarosa, quindi dalla finestra sulla piazza si è levato un augurio particolare rivolto alle Chiese che aprono a Creta il Concilio Panortodosso:“Uniamoci alla preghiera dei nostri fratelli ortodossi, invocando lo Spirito Santo perché assista con i suoi doni i Patriarchi, gli Arcivescovi e i Vescovi riuniti in Concilio. E tutti assieme preghiamo la Madonna per tutti i nostri fratelli ortodossi”.

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