Se la tragedia di tutti non si è trasformata nella vergogna di molti è per merito dei soccorritori che hanno estratto vivi i superstiti dell’hotel Rigopiano in condizioni drammatiche. I vigili del fuoco e gli uomini della Guardia di finanza e del Soccorso alpino hanno lavorato con tenacia, passione e generosità per salvare più vite possibile. Non è la prima volta che l’Italia s’inchina dinanzi a queste persone ma è l’ennesima volta in cui il lavoro prezioso ed encomiabile di queste persone attutisce le polemiche e toglie le castagne dal fuoco a chi, forse, ha responsabilità più in alto.
Il Capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, giovedì mattina ha difeso il lavoro che si sta facendo sul campo: dal 24 agosto, ha detto, non si è perso un minuto: «Chi solleva polemiche su ipotetici ritardi, lancia accuse vuol dire che non ha capito come funziona il Sistema di protezione civile. Non ha capito che attacca il Sistema Paese. E chi tocca il sistema tocca il Paese». Parole sacrosante. Ci sono stati ritardi nel dare l’allarme e far partire i soccorsi? Probabilmente sì. Ma non si può prendere la palla al balzo per lanciare polemiche come quella del leader della Lega Matteo Salvini: «Altro che “migranti”, che il governo aiuti subito questi italiani». O come quella del vice presidente della Camera del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio che per elogiare i soccorritori di Farindola ha tirato in ballo il Monte dei Paschi di Siena e la notizia (falsa) dei soldi degli sms che non sarebbero andati ai terremotati: «Ci sono eroi e antieroi. Gli eroi sono quelli che si mettono a disposizione, rischiando l'incolumità, per salvare gli altri. Gli antieroi sono quelli che si nascondono dietro sobrietà per celare disorganizzazione e incapacità. Gli antieroi hanno tempi da Bolt quando si tratta di tirar fuori dalle tasche degli italiani 20 miliardi per salvare la banca che hanno distrutto e sono insopportabilmente lenti quando si tratta di dare ai terremotati 28 milioni che gli italiani hanno donato con grande solidarietà». Per concludere: «Non è polemica è la verità». Pensa se avesse voluto fare polemica…
Il problema – che avrebbe dovuto ispirare maggiore responsabilità a tutti – è la contemporaneità di neve e terremoto. Nelle stesse ore c’è stata una bufera come non si vedeva da cinquant’anni e quattro scosse in meno di quattro ore oltre i cinque grandi di magnitudo (senza contare le 257 scossette fino alle otto di sera di mercoledì) che ha sorpreso gli stessi esperti dell’Istituto di Geofisica e Vulcanologia.
C’era l’emergenza neve? Senza dubbio, ma non si poteva immaginare di queste proporzioni. C’era l’emergenza terremoto? Senza dubbio, ma non si poteva immaginare una quantità di scosse così forti in contemporanea alla bufera di neve.
Una fase delle operazioni di soccorso per estrarre i superstiti ancora vivi
Non è colpa solo del destino o della natura, ci vuole prevenzione
I soccorsi sono stati rallentati da una serie di cause: la quantità di neve e le centinaia di slavine provocate dal sisma. C’erano poche turbine spazzaneve? Può darsi ma molti mezzi di soccorso avevano di fronte muri di neve alti da uno a tre metri. I mezzi dell’esercito sono rimasti bloccati e non hanno potuto raggiungere tanti borghi isolati. Non a caso, i soccorsi più urgenti (viveri, medicinali, acqua), soprattutto nella provincia di Teramo, sono stati portati con gli sci ai piedi o con le ciaspole. Se l’energia elettrica è mancata in molti centri è perché la bufera prima e le slavine poi hanno abbattuto centinaia di tralicci. E per ristabilire le linee, i tralicci vanno raggiunti uno ad uno, in condizioni tremende, anche a 10 gradi sotto zero, e ristabilire la corrente. L’Enel, finita sotto accusa, ha riferito di 90mila utenze senza corrente e 130mila rialimentate dall'inizio dell'emergenza.
La zona del terremoto su cui si è abbattuta la tempesta di neve è molto estesa ed è composta da centinaia di paesi e frazioni disseminati su quattro regioni in aree montane e impervie. Solo Amatrice, per fare un esempio, conta 49 frazioni. Quarantanove! E a raggiungerle tutte, anche in condizioni normali, non ci si impiegano due ore ma almeno una giornata.
Questo non vuol dire che non ci siano state responsabilità nella catena dei soccorsi ma è evidente a tutti che ci si è trovati di fronte a un’emergenza di proporzioni eccezionali per intensità e durata.
Certo, bisognerà capire perché non si è dato subito seguito all’allarme partito dall’hotel Rigopiano. Ma va anche considerato che ci sarebbero comunque volute delle ore per raggiungere Farindola con i muri di neve alti tre metri.
Era una priorità raggiungere l’hotel (dove c’erano luce, riscaldamenti, viveri) prima che fosse travolto dalla valanga? E se si fosse intervenuti subito sull’hotel qualche polemista in servizio permanente effettivo non avrebbe detto che si pensava all’hotel di lusso e non ai poveracci isolati nei paesi al buio sulla montagna?
Ovviamente, non è solo colpa della natura o del destino cinico e baro. Le zone a rischio sismico sappiamo benissimo quali sono e pure le zone dove nevica tanto. La prevenzione, in questi casi, è fondamentale. E pure il buonsenso: è normale costruire un resort di montagna allo sbocco di un canalone in una zona come quella del Gran Sasso a rischio valanghe? Si sa, siamo bravissimi nell’emergenza e ci perdiamo in tutto il resto. Perché in Giappone un terremoto di 7,4 gradi di magnitudo fa solo feriti leggeri e da noi centinaia di migliaia di morti?
Ma farci sopra polemica da quattro soldi o battaglia politica nei giorni dell’emergenza come è accaduto adesso non solo è desolante ma è una mancanza di rispetto nei confronti delle vittime e dei soccorritori accorsi da tutta Italia per rendere meno amaro il bilancio di questa tragedia.