Fa discutere la notizia della sentenza della Cassazione che ha accolto con rinvio il ricorso degli avvocati di Totò Riina, il capo dei capi di cosa nostra, ritenuto dalla giustizia il responsabile della svolta stragista di cosa nostra nei primi anni Novanta, che sta scontando 17 ergastoli in regime di 41 bis (il regime di massima sicurezza in cui vengono detenuti i mafiosij).
Che cosa è accaduto
Il legale di Riina aveva chiesto il differimento della pena o, in subordine, gli arresti domiciliari, per il suo assistito a causa delle sue condizioni di salute. La richiesta era stata respinta dal Tribunale di Sorveglianza di Bologna (Riina è detenuto a Parma) che negava l'incompatibilità tra lo stato di detenzione e l'infermità, dato che le patologie erano costantemente monitorate e che quando necessario si era ricorso al ricovero in ospedale. Contro questa decisione il legale ha fatto ricorso in Cassazione.
Che cos'ha detto la Cassazione
La Cassazione ha affermato il principio che "Il diritto di morire dignitosamente" va assicurato a ogni detenuto. E che nel motivare la decisione il Tribunale di Sorveglianza aveva omesso di "considerare il complessivo stato morboso del detenuto e le sue condizioni generali di scadimento fisico". Ha chiesto che il giudice di sorveglianza verifichi e motivi "se lo stato di detenzione carceraria comporti una sofferenza e un'afflizione tali" da travalicare la "legittima esecuzione di una pena". E che si integri la motivazione con la verifica della pericolosità attuale, a dispetto delle condizioni di salute.
Che cosa succede adesso
Il prossimo 7 luglio nell'udienza fissata il Tribunale di sorveglianza di Bologna dovrà pronunciarsi nuovamente sul caso e, in caso di nuova respinta, motivare secondo le indicazioni della Cassazione. In caso di accoglimento Totò Riina potrebbe ottenere il differimento della pena o, in subordine, gli arresti domiciliari.