Riuscirà l’Italia a salvare la piccola Indi Gregory, la bimba di otto mesi, affetta da una grave malattia mitocondriale e ricoverata al Queen’s Medical Center dell’Università di Nottingham, alla quale I medici vogliono da settimane staccare I supporti vitali?
Saranno le prossime ventiquattro ore a dircelo. Dopo innumerevoli sentenze dell’Alta Corte britannica e della Corte di Appello, che hanno sempre ripetuto che è “nel migliore interesse” della bambina morire, domani, alle 15 ora italiana toccherà al giudice sir Robert Roger Peel decidere se genitori di Indi, Claire Staniforth e Dean Gregory, 35 e 37 anni, possono portarsi a casa la figlia perchè possa morire tra le loro braccia oppure se la piccola deve andare in un hospice o restare in ospedale dove i medici sono pronti a spegnere il respiratore artificiale.
La charity britannica del movimento per la vita “Christian Concern”, che ha sostenuto la famiglia in una estenuante battaglia legale per fermare I dottori dice che soltanto un’iniziativa diplomatica, a livello di governo Italiano e governo britannico, dell’ultima ora potrebbe salvare la bambina. Qualche giorno fa, infatti, l’ospedale “Bambino Gesù” di Roma si è detto pronto ad accogliere e curare Indi anche se i giudici hanno dato ragione ai medici e deciso che è troppo pericoloso spostarla in Italia e non è “nel suo migliore interesse”. Il governo Italiano è poi intervenuto ieri, concedendo alla piccola la cittadinanza italiana con la speranza di aumentare le sue possibilità di essere trasferita al Bambino Gesù, come vuole la famiglia.
Il Consiglio dei ministri è stato convocato d'urgenza e la decisione è arrivata in pochi minuti. Il conferimento della cittadinanza italiana alla piccola Indi è avvenuto "ai sensi dell'art. 9, comma 2, della legge 91 del 5 febbraio 1992". Una scelta motivata da Palazzo Chigi in considerazione dell'eccezionale interesse per la comunità nazionale ad assicurare al minore ulteriori sviluppi terapeutici. «Dicono che non ci siano molte speranze per la piccola Indi, ma fino alla fine farò quello che posso per difendere la sua vita. E per difendere il diritto della sua mamma e del suo papà a fare tutto quello che possono per lei"; ha scritto la premier Giorgia Meloni sui social, pubblicando una foto della neonata. Anche se l’Italia ha fatto e sta facendo molto per salvare la bambina, realisticamente le possibilità che la giustizia britannica la lasci partire per il nostro Paese sono quasi zero.
Purtroppo il destino di Indi Gregory sembra seguire la strada di quello di Charlie Gard, Alfie Evans e Archie Battersbee, anche loro gravemente malati, che I genitori hanno cercato in tutti modi e senza successo di fare curare in Italia.
In Gran Bretagna, dove I minori vengono spessi tolti ai genitori incapaci di curarli e affidati allo stato che trova per loro famiglie in affido o istituti che li possano accogliere, chi non ha la maggiore età gode di un rappresentante legale che, durante I processi, cerca di difendere il “migliore interesse” del bambino o del ragazzo. Quando, quindi, come è capitato nel caso di Indi o di Charlie o di Alfie o di Archie, i genitori e I medici litigano su quale è il bene del neonato, interviene la legge e la famiglia del minore deve battersi legalmente, in tribunale, per convincere il giudice che è competente a decidere. I giudici, fino a oggi, hanno sempre dato ragione ai medici e decio che non è nel “migliore interesse” di questi bambini essere trasferiti all’estero per le cure e, anche, continuare a vivere. A differenza dell’Italia, dove prevale una cultura della cura e il piccolo malato viene seguito e aiutato anche se le sue condizioni sono molto difficili, in Gran Bretagna I medici, sostenuti dai giudici, scelgono per questi bambini un destino di morte e staccano la spina. La loro qualità di vita non giustifica che continuino a vivere, dicono le sentenze. L’unica eccezione è stata Tafida Raqeeb, 5 anni, musulmana, per la quale I genitori ottennero, nel 2019, la sospensione dell’ordine di spegnimento dei macchinari, a cui era attaccata al Royal London Hospital e l’autorizzazione al trasferimento all’Istituto Gaslini di Genova. Neppure un anno dopo la piccola fu dimessa e inserita in un programma di riabilitazione. Un destino molto diverso, purtroppo, sembrerebbe da quello di Indi Gregory che non sembra potrà godere delle amorevoli cure che gli ha offerto l’ospedale Bambino Gesù e continuare a vivere grazie all’affetto dei suoi genitori che hanno sempre sostenuto che la piccola “risponde ad ogni stimolo, piange come ogni neonata, muove braccia e gambe” e che “non è giusto lasciarla morire soltanto perchè è disabile”.