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lunedì 07 ottobre 2024
 
Scienza
 

Rizzolatti: l'amore per il prossimo è dentro di noi

07/07/2014  «Nel dolore e nelle emozioni degli altri riconosciamo il nostro dolore e le nostre emozioni: l'empatia è insita nella nostra natura», spiega il neurologo che ha scoperto i neuroni specchio.

Giacomo Rizzolatti con Francesco De Gregori. In alto: Rizzolatti.
Giacomo Rizzolatti con Francesco De Gregori. In alto: Rizzolatti.

Dalle stanze grigie e anonime dell’Università di Parma spunta un professore che… Statura media, capelli e baffi bianchi ondulati, occhi intelligenti e sguardo simpatico: sembra Albert Einstein. Naturalmente, non è il genio della relatività: è Giacomo Rizzolatti, 77 anni, docente di Fisiologia umana a Parma, fra i maggiori neurologi al mondo, grazie alla scoperta dei neuroni specchio, che gli è valsa prestigiosi premi internazionali e la candidatura al Nobel.

Nella conversazione per nulla scontata con Famiglia Cristiana, partendo dalla sua ricerca ha finito con il parlare di giovani, università, libertà, nipotini… E di come il comandamento evangelico “Ama il prossimo tuo” sia inciso nella nostra natura…

Lei è nato a Kiev nel ’37, allora Unione Sovietica…
«Mio bisnonno emigrò in Russia alla fine dell’800, dove fece fortuna. Con la Rivoluzione, i suoi beni vennero nazionalizzati, ma non tutti, così la mia famiglia decise di restare. Le cose cambiarono alla fine degli anni ’30, quando i rapporti con l’Italia si incrinarono e fummo invitati ad andarcene».

Come decise di studiare neurologia?
«I miei genitori erano medici e la medicina attirava anche me. Al liceo è sorto in me il desiderio di conciliarla con la filosofia e mi sono iscritto a Neurologia».

Facciamo un salto al ’92, l’anno della scoperta dei neuroni specchio.
«Fu preceduta da un lungo lavoro sulle proprietà funzionali della corteccia motoria della scimmia, basata su un approccio etologico. Anziché limitarci allo studio del sistema motorio, ci chiedemmocome si comportano i neuroni motori nella vita di tutti i giorni. Come si passa dalla vista dell’oggetto all’azione? Rilevammo che, di fronte al cibo, una certa percentuale di neuroni motori si attivava. La scimmia era immobile, ma il programma motorio era pronto. Poi notammo, con sorpresa, che alcuni neuroni si attivavano non alla vista del cibo, ma in seguito al movimento che faceva lo sperimentatore per afferrarlo. Chiamammo questo straordinario tipo di neuroni “neuroni specchio”. In seguito, abbiamo verificato questa osservazione. Lo studio fondamentale sui neuroni specchio è stato pubblicato nel ’96 sulla rivista Brain».

Perché è così importante?
«Uno psichiatra svizzero mi ha confidato: è l’unica scoperta in ambito neurologico che ci ha permesso di cambiare il modo di pensare in psicologia e psichiatria. Infatti svela che noi riconosciamo gli altri in base a un meccanismo empatico, non in base a ragionamenti».

Rappresentazione dei meccanismi neurologici alla base dell'empatia.
Rappresentazione dei meccanismi neurologici alla base dell'empatia.

La scoperta ha portato a una visione più completa della persona?
«Ha dimostrato che possiamo capire gli altri non solo come “oggetti” mediante un processo logico-induttivo, ma anche come “persone”, partendo da noi stessi. La natura ci ha dotato di un meccanismo grazie al quale tu ed io siamo in qualche maniera la stessa cosa, l’io e gli altri in certi momenti coincidono».

Infatti i neuroni specchio vengono associati all’empatia…
«Dopo la scoperta dei neuroni specchio nel sistema motorio abbiamo voluto vedere se quei meccanismi valessero anche per le emozioni. Era così: capisco il dolore di un altro non solo mediante un’inferenza logica, ma anche perché ho un meccanismo che me lo fa sentire dentro di me. Se assisto a un incidente stradale, si attivano nel mio cervello delle aree che mi fanno percepire quell’incidente come se fosse capitato a me. Il comandamento “Ama il prossimo tuo” rinforza una dinamica naturale, insita in noi stessi: è la sottolineatura di qualcosa che è già dentro di noi. Il messaggio cristiano rafforza una verità naturale che può essere compromessa dalla società».

Sembra che i neuroni specchio abbiano fatto luce anche sull’autismo…

«I bambini autistici sono di due categorie: quelli che hanno un’intelligenza normale e quelli che non ce l’hanno. Dire ai genitori di questi ultimi che abbiamo trovato la soluzione, significa ingannarli. Le prospettive aperte dai neuroni specchio riguardano quei bambini autistici che hanno abilità intellettive, masono inadatti ai rapporti sociali. L’autistico non è matto, soffre di un deficit neurologico. Stiamo analizzando le carenze motorie per verificare se, migliorando lamotricità, si hanno ripercussioni cognitive».

Lei studia la mente da sessant’anni: che cosa l’ha affascinata di più?
«L’empatia. Il nostro cervello non è una macchina che elabora dati come un computer, è una macchina con un corpo che instaura relazioni con gli altri. Ciò che siamo ben lontani dal comprendere è l’autocoscienza: come è possibile che la materia sia cosciente di sé stessa?».

Nello sviluppo conta di più la biologia, come nasciamo, o l’educazione?
«Come per il corpo, anche la mente migliora con l’allenamento. Se una persona ha un talento per la musica e la studia seriamente, magari diventerà un compositore o un direttore d’orchestra. Se invece vive in un ambiente povero di stimoli, suonerà nella banda del paese».

Siamo liberi o il risultato di una serie di funzioni naturali…
«Nasciamo dotati di certi meccanismi e chi ne è privo soffre di qualche patologia, come gli schizofrenici o gli autistici. Poi, però, subentrano infiniti fattori di cambiamento, di tipo genetico, risalenti al rapporto madre-figlio, dovuti all’ambiente in cui cresce... Cosa significa scegliere? Si parla di liberalizzare le droghe, sarebbe una follia. Il tossicodipendente ha la possibilità di smettere di drogarsi, soprattutto se c’è il sostegno dei genitori, ma non tutti sono in grado di farlo. Non sono più liberi».

Si è mai chiesto se all’origine di tutto ci sia un disegno, un senso?

«Va distinto lo scienziato dall’uomo. Il primo deve attenersi al nesso causa-effetto. Quello che pensa come persona è un fatto privato. Conosco scienziati cattolici ed ebrei, altri atei. Si tratta di posizioni personali, che nulla hanno a che fare con la scienza. In quanto scienziato, nessuno ha diritto di pontificare sull’esistenza o non esistenza di Dio».

E il Rizzolatti privato?
«Spera che esista un mondo al di là di questo, perché sarebbe bello che fosse così. Ma non ha certezze».

Ha detto che destinerà parte dell’ultimo premio ricevuto alla ricerca…
«Sì, ma sono disperato: l’università non ci dà una lira, paga solo gli stipendi. Se non avessimo fondi europei e privati non sapremmo come fare ricerca. La burocrazia è soffocante. Le racconto un solo episodio: una volta al mese un collega di Milano veniva qui a Parma per confrontare le nostre ricerche e, a pranzo, gli offrivo un panino, segnandolo nelle spese di istituto. Sono stato bloccato, perché dovevo chiedere l’autorizzazione e presentare dei preventivi. Per un panino…».

Non investiamo nella cultura…
«A Copenaghen, durante la cerimonia del Brain Prize, ero seduto vicino al ministro dell’Istruzione danese, una donna – né velina, né una delle figurine renziane – che mi ha raccontato che il suo Paese investe il 2,5 del Pil, contro lo 0,8 italiano. Ciononostante, era preoccupata, perché la Cina investe quasi l’otto per cento. E l’otto per cento di un Pil enorme come quello cinese è una cifra spaventosa: mirano a trasformare il “made in China” in “thought in China”. In Italia è un disastro. E i giovani…».

Fanno bene ad andarsene all’estero?
«Cos’altro possono fare? È un peccato, perché in alcuni centri si può lavorare, ma in condizioni precarie... Alcuni ricercatori con uno stipendio di mille euro al mese a volte sono costretti ad anticipare anche 200 euro di tasca propria per non interrompere la loro attività».

Se fosse il ministro dell’Università, quale riforma promuoverebbe?
«Nessun docente dovrebbe essere di ruolo per sempre. Non verrebbe licenziato, ma ogni cinque anni dovrebbe sottostare a un controllo: se ha lavorato bene, mantiene la carica, altrimenti viene progressivamente emarginato. Niente aumenti automatici, partecipazione bloccata al Consiglio di facoltà...».

Chi l’ha accompagnata a ritirare il Brain Prize a Copenaghen?
«La moglie, i figli e i nipoti». Quanti nipoti ha? «Cinque, la più grande ha 16 anni».

Sono orgogliosi del nonno?
«Abbastanza. Ma il nonno è sempre il nonno, per loro è più importante che giochiamo insieme».

 
 
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