Roberto Battiston, 62 anni, presiede dal 2014 l’Agenzia spaziale italiana, un’eccellenza in campo internazionale. Tra pochi giorni parteciperà come relatore in due conferenze al Meeting di Rimini, che propone un titolo provocatorio: Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice.
Che impressione fa questa frase a uno scienziato?
«Il titolo del Meeting è molto particolare: nella stessa frase compaiono il concetto di forza che muove la storia e di felicità, due cose che a prima vista non sembrano facilmente collegabili. D’altra parte questo concetto risulta vero se consideriamo il desiderio di conoscenza proprio della scienza, esempio di una forza che muove la storia dell’uomo e che allo stesso tempo è sorgente di felicità. Anche considerando l’altro aspetto della conoscenza, quello che dai tempi di Adamo ci obbliga a confrontarci con la responsabilità e con il male, la scienza rimane una forza positiva che plasma la nostra storia. Penso che la tensione al bene presente nell’uomo rappresenti una forza che concretamente muove la storia verso forme di progresso e di felicità».
A proposito di felicità... C’è chi sostiene che la scienza non può dare la felicità all’uomo. Che ne pensa? In che modo può contribuire a farlo?
«Basti pensare alla riconoscenza di chi viene curato da una malattia grazie alla ricerca scientifica e al lavoro di migliaia di scienziati che nel corso della storia hanno migliorato la conoscenza del corpo umano, talvolta correndo grandi rischi personali. Oppure l’emozione positiva e contagiosa collegata a grandi risultati scientifici e tecnologici come l’allunaggio dei primi astronauti americani. Sono frammenti di felicità. Basta solo unirli».
Qual è il rapporto tra la dimensione religiosa e l’attività di scienziato?
«Sono due mondi in contatto ma allo stesso tempo separati: si tratta di due aspetti importanti della nostra umanità: siamo esseri fragili, ma anche in grado di osservare l’eco del Big bang, limitati ma in grado di pensare l’infinito. Preferisco parlare di teologia e di scienza, due modi per sondare l’ignoto e descrivere il mistero. La religione parla invece all’uomo, al singolo alla ricerca della sua finalità, alle prese con la limitatezza della propria esperienza terrena».
Nella sua vita ci sono stati personaggi o luoghi rilevanti sotto il profilo religioso?
«Un luogo fra tutti è Taizé, la comunità fondata nel 1940 da Roger Schutz, ai più conosciuto come frère Roger. Trovo che l’equilibrio tra libertà e spiritualità coltivato in quella comunità apra percorsi spirituali e formativi notevoli. Inoltre riporta all’uomo la fondamentale riflessione sulla regola comune, e quindi regola di convivenza, non come ostacolo allo sviluppo delle propria personalità ma come sostegno per le responsabilità. È uno dei temi centrali della fede cristiana: la tensione fra la libertà totale che caratterizza la nostra esistenza e la limitatezza della nostra natura terrena».
Grazie al lavoro degli scienziati, conosciamo sempre di più sulla configurazione dell’universo, eppure il 95% rimane ancora sconosciuto. Ci accorgiamo che siamo sempre più distanti da una conoscenza completa...
«Il nostro rapporto con i misteri dell’universo è stato e sarà lungo, complesso ma allo stesso tempo molto benefico. È utile ricordare le parole di Albert Einstein sul tema della crisi: “Una crisi può essere una vera benedizione… tutte le crisi portano progresso”. In altri termini, in tutte le attività umane, la ricerca di nuove frontiere è un bene. La nostra ignoranza dell’universo ci spinge a un’indagine continua».
Che senso ha per uno scienziato la parola “mistero”?
«Il mistero non è legato solo all’oggetto che osserviamo, ma investe in pieno la soggettività di chi osserva. Credo che il mistero comprenda il sentimento d’insoddisfazione – non solo dello scienziato o dell’uomo di fede, direi in generale dell’uomo – che porta a una reazione di fronte a un modello scientifico, economico o morale che non è (più) in grado di determinare in modo adeguato la realtà che ci circonda».
Al Meeting di Rimini sarà inaugurata una mostra sugli esopianeti, una miriade di pianeti che ruotano intorno ad altre stelle: uno scenario che fino a pochi decenni fa sembrava improponibile. Questa scoperta riapre, tra l’altro, la domanda sull’esistenza di forme di vita fuori dalla Terra.
«La recente scoperta della presenza di acqua liquida nel sottosuolo marziano, realizzata grazie alle misure del radar italiano Marsis a bordo della sonda europea Mars Express, rappresenta una concreta possibilità che si possano trovare forme di vita, presente o passata su Marte, senza dovere raggiungere i lontani esopianeti. È una delle scoperte più importanti degli ultimi anni, che ci autorizza a sperare di potere scoprire tracce di vita con la grande missione Esa (Ente spaziale europeo) a leadership italiana ExoMars, che nel 2020 arriverà sul pianeta rosso e perforerà i primi due metri del sottosuolo marziano alla ricerca di tracce di vita».
L’Agenzia spaziale italiana è un’eccellenza del nostro Paese. Quali sono le ricadute sul piano tecnologico e su quello economico?
«Il settore spaziale è, per definizione, legato a processi di sviluppo scientifico e innovazione tecnologica che tendono alla creazione di nuovi e qualificati posti di lavoro. Questa potenzialità non dipende solo dal sistema della ricerca, delle università e dalle industrie, ma anche dalla capacità di inserire nel contesto internazionale la nostra filiera spaziale e d’investire nei principali filoni di ricerca e nelle applicazioni che caratterizzano la new space economy. Questo è stato un continuo riferimento del mio mandato con l’obbiettivo di mantenere il sistema spaziale italiano tra i primi al mondo. I risultati di questa azione sistematica sono molto positivi: dal 2014 al 2016 sono state fatte 675 nuove assunzioni portando nel settore una forza lavoro altamente qualificata».
Lei è già stato ospite al Meeting. Che giudizio ne dà?
«A Rimini si percepisce un’atmosfera unica che definirei con tre parole: empatia, energia ed entusiasmo. Sono molto felice di tornare, soprattutto per il contatto con tanti giovani curiosissimi di scienza».
(Foto di Ugo Zamborlini)
Chi è?
Lo scienziato Roberto Battiston è nato nel 1956 a Trento, dove risiede, è sposato, padre di quattro figli e nonno. Dopo la laurea in Fisica alla Normale di Pisa, si è specializzato in Francia e poi è diventato ricercatore e quindi professore di Fisica generale all’Università di Perugia.
Insieme al premio Nobel Samuel Ting, ha progettato uno spettrometro magnetico, installato nel 2011 sulla Stazione spaziale internazionale, per effettuare per la prima volta misure di precisione dei raggi cosmici nello spazio.
Nel 2012 si è trasferito all’Università di Trento dove ha creato un dipartimento dedicato alla fisica e tecnologia spaziale nel settore delle astroparticelle. Dal 2014 è il presidente dell’Agenzia spaziale italiana.