La foto del black block con orologio che ha scatenato le polemiche (ansa).
Tutti gli italiani che leggono i quotidiani hanno potuto ammirare, nelle scorse ore, le pagine acquistate dalla Rolex, prestigiosa marca svizzera di orologi di gran pregio, per chiedere al premier Renzi e al ministro degli Interni Alfano una "cortese dichiarazione di rettifica". Rispetto a cosa? Rispetto alla dichiarazione di Renzi, ripresa poi da Alfano, sui vandali che devastarono Milano, definiti prima dall'uno e poi dall'altro, in modo più o meno analogo, "i soliti farabutti col cappuccio e figli di papà con il Rolex".
L'amministratore delegato di Rolex Italia Spa, Gianpaolo Marini, ha ritenuto la cosa offensiva per l'azienda. E, come detto, ha comprato pagine di giornale per dirlo. I molti che non leggono i giornali l'hanno saputo da radio, Tv e Internet, che hanno ampiamente diffuso la polemica.
Il dottor Marini, nel testo pubblicato sui giornali, ricorda che "la parola Rolex costituisce un marchio celebre... e uno dei primi dieci brand per riconoscimento a livello mondiale". Ed è proprio questo che mi fa dubitare dell'intera operazione, e mi fa sospettare che sia vero quanto sostenuto da alcuni colleghi: e cioè che non vi sia alcun vero sdegno alla base di questo investimento in pagine ma solo il proposito di sfruttare, con un'ulteriore operazione di marketing, il clamore suscitato dalle parole di Renzi.
I primi dieci brand al mondo per valore, se la classifica redatta da Brand Finance nel febbraio scorso non mente, sono, nell'ordine: Lego, PWC, Red Bull, McKinsey, Unilever, L'Oreal, Burberry, Rolex, Ferrari, Nike. Questi marchi sono tali perché i loro nomi sono passati nell'uso quotidiano e non indicano più un singolo, specifico prodotto ma un intero mondo, e un modo di essere. Complimenti: è proprio grazie al lavoro di manager come Marini che queste aziende sono arrivate a simile, gigantesco risultato.
Solo che, una volta arrivati lì, non si può più scegliere. Anzi, non si ha più diritto di scegliere. Definire i black block "dimostranti in Rolex", foto o non foto, non equivale affatto a insinuare che i violenti siano clienti Rolex. Allo stesso modo avrebbero potuto essere definiti "vandali in Ferrari" o "farabutti in Burberry" e chiunque avrebbe capito che non vi era alcun accostamento tra i bolidi di Maranello o i raffinati capi della casa britannica e le vetrine fatte a pezzi.
Proviamo con un altro esempio. Per molti anni, un attore comico è comparso nei più popolari film della commedia all'italiana offrendo la battuta: "Milano- Cortina, da casello a casello in un giro di Rolex". Nessuno però ricorda paginate a pagamento per stigmatizzare l'accostamento tra l'orologio svizzero e lo sforamento (potenzialmente criminale) dei limiti di velocità. Così come, osiamo sperare, non sarebbe illecito, di fronte a un ponte precocemente crollato, chiedersi "ma l'hanno costruito con i Lego?".
Qualche tempo fa, Jovanotti, cantante notissimo, ha detto che "papa Francesco è come la Coca Cola". Un complimento al Papa, nelle intenzioni. E per fortuna la Coca Cola non è intervenuta per stigmatizzare l'improvvido accostamento religioso, che potrebbe offendere i consumatori musulmani o ebrei o atei.
Insomma, dottor Marini, col massimo rispetto: se sui vostri brand avete lavorato tanto per renderli universali e proficui, perché tutti in ogni parte del mondo li riconoscessero al volo, ora dovete lasciarceli usare per il significato che hanno preso, magari distante da quello originale. Rassegnatevi, non c'è verso di rimettere il dentifricio nel tubetto.
Con, in più, un'altra considerazione. Personalmente, non mi stupirei di scoprire che alcuni dei vandali di Milano portassero davvero un Rolex o girassero in Ferrari o vestissero Burberry, avendo naturalmente tutti giocato coi Lego da bambini e magari bevuto qualche Red Bull prima di andare in manifestazione.
Perché da noi, in Italia, queste belle imprese le hanno più spesso realizzate i ricchi che non i poveri. Chi ha vissuto gli anni Settanta sa che nei movimenti più radicali c'erano i figli degli avvocati, dei notai, di quelli che stavano bene, insomma. I quali, finita la tempesta politica e ormonale, sono tornati alle loro università e al loro destino familiare. Per diventare professionisti affermati, politici garantiti, direttori di giornali, conduttori Tv, manager. Con o senza Rolex. Ma non importa.