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mercoledì 27 settembre 2023
 
 

Rom, un intero quartiere di Milano si ribella

25/11/2013  Un quartiere della vecchia Milano si ribella per un insediamento Rom. Per scoprire che, più che di "zingari", si tratta di una vera bidonville metropolitana.

Confermato l'avvio dello sgombero dei due campi Rom attigui  nel quartiere Certosa-Garegnano di Milano. Sul posto la Polizia di Stato, che coordina le operazioni, la Polizia locale, il 118 e la Protezione civile. Chiuse anche le strade intorno all'area Brunetti/Montefeltro/Cantoni, con imbocco dell'autostrada bloccato. Gli abitanti del quariere, che si ritrovano a discutere su Facebook nel gruppo aperto Gente di Musocco, segnalano da stamattina movimenti camionette del corpo forestale, polizia locale, pattuglie di polizia, un'ambulanza, ruspe e camion dell'immondizia. Fuggi fuggi generale, nonostante i blocchi di polizia, e Rom che cercano di disperdersi nella zona, anche nei giardinetti davanti al Cimitero Maggiore di Milano, area di Musocco. Secondo le informazioni che arrivano dagli stessi cittadini della zona, "la maggior parte degli sfollati è accampata davanti al giardino della scuola media di via Sapri", appena prima del ponte che porta all'area occupata dagli abusivi. Gli sfollati hanno lasciato l'ex area di Italmondo sparpagliandosi anche in via Espinasse e in via Varesina nonosante il dispiegamento di forze dell'ordine in tutta la zona, con notevoli disguidi per la circolazione stradale. Ora la grande paura del quariere è che questa gente rimanga comunque in zona, accampata in giro, in altri luoghi dismessi o nei giardini pubblici, forse ancora più vicina e incattivita.

Si tratta di uno sgombero che gli abitanti attendevano da settimane perché ormai da mesi esasperati a causa di scippi, furti nelle case e nella cantine, violenze verbali e fisiche, degrado, sporcizia, cumuli di immondizia, roghi che diffondono nell'aria odore aspro di gomme e rifiuti dati alle fiamme, oli esausti liberati nei tombini delle strade, bullismo, provocazioni, minacce, sesso in pieno giorno nei giardini pubblici, strade trasformate in latrine a cielo aperto. E un senso d'insicurezza crescente, il rischio di diventare intolleranti e la paura di passeggiare la sera, per cui la zona è deserta, mentre una volta era (e sarebbe ancora) un angolo delizioso, come un paesino, non sembra neppure Milano.

Accade nel quartiere Certosa-Garegnano, una zona con circa 40.000 abitanti, che si estende sino a Musocco, e ai margini del Gallaratese, dove c'è il Cimitero Maggiore. Qui la protesta, oltre che in lettere e appelli alla Giunta del sindaco Pisapia, è già sfociata in manifestazioni pubbliche, con due fiaccolate che hanno raccolto un gran numero di adesioni. L'area ha come punto di riferimento spirituale (e storico) la Certosa di Garegnano, un antico monastero che risale al XVI secolo, con una chiesa abbaziale affrescata da Simone Peterzano, che fu maestro di Caravaggio. Oggi fa anche da parrocchia, per cui riveste un importante ruolo sociale nel quartiere, e offre all'interno un Centro di ascolto della Caritas e una sede del Patronato Acli.

Ma chi abita in zona, molti da generazioni, non ce la fa più. A poche centinaia di metri dal cuore della Certosa, appena al di là del tunnel che passa sotto il ponte del Ghisallo, ci sono due enormi insediamenti Rom, che hanno occupato circa un anno fa due fabbriche dismesse: un ex stabilimento del gruppo Finmeccanica e la sede di Italmondo, una sorta di quadrilatero abbandonato al degrado tra le vie Brunetti/Montefeltro, via Cantoni e via Varesina. Nell'area si accede attraverso due ampi ingressi, ma in via Cantoni c'è anche un buco nel muro dal quale gli abusivi entrano ed escono senza dare troppo nell'occhio. All'interno vivono, o meglio sopravvivono, secondo le ultime informazioni prima dell'avvio dello sgombero da 500 a 1.000 persone: neppure la Polizia ha stime precise e non sono solo di etnia Rom, ci sono anche nordafricani e magrebini. Moltissimi i bambini. Vivono in mezzo all'immondizia e ai topi. Non hanno acqua, luce, gas, servizi igienici. Non hanno nulla. Chiamarlo campo Rom, all'interno del quale è presente anche un prete ortodosso, è persino improprio, perché come ha detto lo stesso don Colmegna, direttore della Caritas Ambrosiana, queste ormai sono baraccopoli, bidonville, favelas metropolitane.

 

Maria Grazia Guida, della Casa della Carità di Milano, che dà ospitalità gratuita ogni giorno a 150 persone in difficoltà, conferma che la situazione è preoccupante: «Diaciamo pure grave, soprattutto per i bambini, perché dopo un autunno clemente sta arrivando il freddo e quella in cui si trovano a crescere non è certo la sistemazione più idonea. E' una deriva sociale, un non-luogo, uno spazio abbandonato, soprattutto dalle Istituzioni che sinora non hanno affrontato la situazione con politiche lungimiranti: non è chiaro il loro progetto. Il tema vero non è tanto se i cittadini del quartiere protestano con una fiaccolata, perché in queste condizioni, e con aggressioni fisiche e un clima di violenza crescente, ci sta che alla lunga si affaccino sentimenti di intolleranza. E' chiaro che in questa parte di Milano qualcosa è sfuggito di mano. Il tema vero è coniugare principi di legalità con un'integrazione intelligente, la solidarietà (che nel quartiere di Certosa-Garegnano non è mai mancata) con un inserimento di questa gente nel tessuto sociale, con una valorizzazione diversa di questi luoghi per promuovere spazi di vera coesione. Anche perché questi slum di città finiscono per penalizzare chi cerca veramente aiuto e carità, mentre favoriscono circuiti strani, nei quali ha buon gioco d'inserirsi la micro-criminalità, che si serve dei disperati e degli ultimi per alimentare i suoi traffici, e il tutto sfocia inevitabilmente nell'esasperare la vita di quartiere».

Ora le Istituzioni sembrano avere ascoltato la paura e il disagio degli abitanti. Ci sono volute fiaccolate e assemblee anche di 300 persone. Per la verità il Comune di Milano aveva promesso d'intervenire con uno sgombero già a metà novembre. Ora le ruspe sono attese per la fine del mese. L'intervento è stato annunciato come imminente. Una mail inviata dalla segreteria di Marco Granelli, assessore alla Sicurezza e Coesione Sociale, informa, in data 20 novembre, «che lo sgombero avverrà nei prossimi giorni, contemporaneamente nelle aree di via Montefeltro e Brunetti e contestualmente inizieranno le procedure di pulizia, messa in sicurezza e demolizione. L'intervento è stato programmato nei dettagli insieme a Prefetto e Questore e i diversi settori dell'Amministrazione Comunale quali Polizia Locale, Servizi Sociali e Protezione civile».

"Resistete, ancora pochi giorni di paura", sembrano dire le Istituzioni milanesi. Ovviamente, mentre questo articolo va in pagina sul nostro sito, gli abitanti del quartiere attendono di vedere se alle promesse seguiranno i fatti. Loredana Ponzoni, fondatrice e animatrice dell'Associazione "Cittadini di Certosa-Garegnano" (ass.citt.certosagaregnano@gmail.com) che si è costituita legalmente nel 1995, spiega che gli abitanti di quest'area convivono da sempre con furti in casa, nelle cantine e nelle auto, per via del campo Rom di via Triboniano, dietro il Cimitero Maggiore, che è stato sgomberato (nonostante le precedenti Giunte avessero "investito" circa 800 mila euro per attrezzarlo e renderlo vivibile in modo dignitoso con roulotte e servizi) in vista dei lavori dell'Expo 2015. Ma ora da qualche mese, per la precisione dalla scorsa primavera, c'è stato un salto preoccupante di violenza, con aggressioni e scippi: via Sapri e via Varesina, le due strade più vicine all'ex area industriale occupata dagli abusivi, sono le più immediatamente investite dagli episodi di (micro)criminalità. «Ma alcuni casi si sono avuti anche in altre zone», racconta Loredana Ponzoni. «Proprio davanti alla Certosa una mamma è stata scippata e il bambino è caduto dal passeggino; e una commerciante di fiori davanti al cimitero è stata sbattuta per terra, con una mano sulla bocca e sul naso e due dita negli occhi per non farla assistere al furto in negozio, e per questo è stata colpita da infarto».

Sono solo due episodi, i più recenti ed eclatanti, che forse confermano come dietro l'area occupata di via Brunetti/Montefeltro ci sia anche gente senza scrupoli. Gli abitanti attendono quindi uno sgombero che, per il numero degli abusivi, sarà gigantesco e mette in fermento l'intero quartiere. Un fermento che si è concretizzato (e raccolto) anche attraverso il web. Perché grazie al nuovo fenomeno del "social street", e cioè gruppi di vicinato che si incontrano sul web per scambiarsi informazioni e idee al fine di migliorare il luogo in cui vivono, su Facebook è nato il gruppo aperto Gente di Musocco: oltre 400 iscritti in meno di una settimana. Ovviamente, il tema dei post è quasi a senso unico: non ce la facciamo più, liberiamo il nostro quariere. Ideatore e creatore del gruppo è Pierluigi Gallo, libero professionista, padre di due figli, che abita nel quartiere Musocco-Certosa-Garegnano da 41 anni, e intende subito chiarire le reali motivazioni della sua iniziativa su Facebook: «Non abbiamo voglia di fare guerre, come alcuni ci rimproverano sulla "bacheca" del profilo. Non siamo razzisti, neppure fascisti, neppure nazisti, non vogliamo fare i "Rambo", né gli sceriffi, né la pulizia etnica. La nostra è una protesta pacifica con i mezzi della tecnologia. Qui in 40 anni ci saranno stati 4-5 furti. Invece negli ultimi mesi se ne sono registrati decine».

Chi frequenta Gente di Musocco, e lascia i suoi "post" esasperato dal degrado sociale, chiede soltanto che la zona torni a essere felice, che si possa ancora passeggiare in sicurezza davanti alla Certosa e nelle
stradine come si è sempre fatto, mentre adesso di sera la scena è spettrale, quasi nessuno esce più di casa. Anche se tra i frequentatori del gruppo aperto non manca chi critica le fiaccolate contro i Rom e si vergogna e s'indigna per la manifestazione pubblica di sentimenti e di azioni di razzismo. Aggiunge Pierluigi Gallo: «Abbiamo scritto anche al sindaco Pisapia, che ha risposto, e a tutti è arrivata la stessa mail, un bel copia e incolla: "Non vi preoccupate, lo sgombero avverrà, ma i figli di questa gente devono essere integrati. Stiamo lavorando...". Sarà anche vero che il sindaco di Milano non può rispondere a tutti, ma il copia incolla segnala una certa freddezza della Giunta, un eccessivo distacco burocratico. Bene: allora abbiamo fatto le manifestazioni, e queste danno fastidio. Ma nelle nostre iniziative, e sulla nostra bacheca Facebook, non c'è razzismo e neppure violenza. Siamo apolitici e apartitici. Chiunque può partecipare. Questa zona di Milano è ancora come un paesino dove tutti conoscono tutti, ognuno è pronto a dare una mano agli altri, se ti fidanzi lo sanno tutti, e i vicini di casa si salutano e si ospitano in casa a vicenda. E tutti quanti sono stressati dalla condizione di insicurezza in cui è precipitato il quartiere. Le Istituzioni si muovano, siamo stanchi, ci sentiamo abbandonati. Non vediamo mai, nonostante la realtà degli abusivi e delle aggressioni sia ben nota all'Amministrazione comunale, una volante della Polizia o una gazzella dei Carabinieri».

Ma che cosa accadrà dopo lo sgombero annunciato e promesso dall'assessore Granelli? E' verosimile che 1.500 persone si spostano o siano divise in gruppi e sistemate in altre aree dismesse? «Uno sgombero senza una vera presa in carico sociale non fa che creare altri non-luoghi nei quali la mancanza di dignità umana si allontana da un'autentica promozione sociale», osserva ancora Maria Grazia Guida della Casa della Carità di Milano. «Sgomberi senza una sapiente programmazione rischiano di creare nuove tensioni in altri quartieri, vicini o lontani, allarmando altri comitati, in una spirale di violenza e paura che si avvita all'infinito. Quste occupazioni abusive non vanno lasciate all'abbandono, perché, ricordiamolo, dentro ci sono persone in carne e ossa, e donne, e bambini con una legittima ansia di autodeterminazione e inserimento. Ma vanno governate territorialmente, altrimenti si trasformano in un Far West metropolitano dove non c'è più legge. Occorre il concorso di competenze pubbliche specifiche, il volontariato può fare molto ma non tutto. Serve una regia seria delle Istituzioni, che nel caso del quartiere milanese di Certosa-Garegnano-Musocco è mancata totalmente».

Inserimento sociale sì. Coesione anche. Ma nel rispetto della legalità, sottolinea ancora Loredana Ponzoni, dell'Associazione "Cittadini di Certosa-Garegnano". «Non vogliamo più sentire frasi come quelle rivolte di recente a una mamma della zona dalla una coppia di zingari: "Dammi quello che hai o ti porto via il bambino". Oppure: "Fate ancora una fiaccolata e bruciamo tutto". La nostra non è una campagna contro l'etnia Rom o contro disperati che vivono in povertà. Questo quartiere può vantare nella sua storia interventi di vera solidarietà e addirittura l'offerta, qualche anno fa, di una roulotte. Ma non possiamo più accettare che si getti nel terrore un'intera zona. E chiedo alle Istituzioni, e alle Associazioni di volontariato, di lavorare soprattutto in direzione della promozione umana e sociale dei bambini Rom, perché almeno loro possano capire che non possono continuare a vivere, nel nostro quartiere o in un altro, in condizioni disperate di igiene, avendo come unico orizzonte un'esistenza nomade o abusiva, e una vita di espedienti, di furti e di aggressioni per sopravvivere. Questo quartiere storico di Milano sarà sempre al fianco di questi bambini: per loro un'integrazione autentica è ancora possibile».

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