Si conta di battere la concorrenza contando sulla grande bellezza. Roma se la vedrà con Los Angeles, Parigi e Budapest (la quinta della cinquina superstite, Amburgo, si è ritirata dopo il no dei cittadini al referendum).
L’ottimismo, nel momento in cui si tratta di candidarsi, è un fatto scontato. Il dossier della candidatura olimpica è la vetrina che una città - e con lei il Comitato promotore che si è speso - dà di sé, con l’intento di mostrarsi sportivamente all’altezza dell’evento. Luca Cordero di Montezemolo, che presiede il Comitato, promette che sarà: «La più grande festa di sempre nella storia dello sport». Ma nel presentare ai cittadini il dossier di Roma 2024 che oggi, 17 febbraio 2016, viene recapitato al Comitato Olimpico internazionale, promette spese complessive limitate rispetto agli sprechi del passato recente. Le ambizioni rese pubbliche parlano di 0,4 annuo per il Pil del Lazio e della creazione di 177mila posti di lavoro, di cui una parte permanenti, del 70% degli impianti già disponibili (ma non pronti) e una stima di 2,1 miliardi per costruire quelli che mancano. Altri 3,2 miliardi, secondo i calcoli del Comitato promotore, serviranno per impianti temporanei che i promotori contano di coprire con entrate di biglietti e sponsor.
Le voci di spesa più consistenti in preventivo sono: il villaggio olimpico per cui il Cio chiede 17.000 posti letto e il centro stampa. Si è parlato del velodromo, ribattezzato per l’occasione Cycling arena, del recupero della Vela di Calatrava (mai finita) e dello stadio Flaminio in condizioni di degrado. La presentazione pubblica mostra di non ignorare la preoccupazione principale connessa alle grandi opere in un Paese che occupa con la Bulgaria il fanalino di coda europeo della corruzione percepita e mette le mani avanti promettendo: «Il “tavolo sulla legalità”, una Comitato dei Garanti che lavora a stretto contatto con i vertici di Roma 2024 e di cui lo stesso Comitato dà conto pubblicamente A farne parte sono state chiamate le figure più rappresentative del mondo giuridico e di quello delle istituzioni. A loro, il compito di garantire la correttezza degli atti , di certificarne l’assoluta trasparenza e di creare un modello normativo innovativo di gestione amministrativa, di procedure operative e di standard contrattuali da lasciare in eredità al Paese per altre opportunità o eventi».
Il dossier fa un piano di spesa complessivo di 5,3 miliardi di euro, pochini rispetto per esempio alla faraonica grandeur di Sochi 2014, cui andranno però aggiunte le voci che storicamente incidono di più: da una parte le infrastrutture che rappresentano la vera eredità olimpica nel bene e nel male, nel senso che solo alla fine, e a distanza di anni, si comprende davvero se il saldo costi/benefici (debiti da pagare/servizi acquisiti) sia stato positivo, dall’altra l’apparato di sicurezza che consente lo svolgimento dell’evento: un costo inevitabile, e sempre più oneroso, che però necessariamente esauriscela propria funzione, ma non l'impatto finanziario, al termine della cerimonia di chiusura e che rappresenta la più grande incognita economica delle Olimpiadi della storia recente.