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martedì 20 maggio 2025
 
Roma 2024
 

Olimpiadi Roma 2024, perché diciamo no

25/06/2015  Si vota in Campidoglio la mozione per la candidatura olimpica. Se anche non ci fosse una questione morale (che c'è), ce ne sarebbe una economica più grande per dire di no.

In Campidoglio si vota per la candidatura di Roma 2024. C’è, l’abbiamo detto e ripetuto, una questione morale, ma c’è soprattutto una questione economica che la questione morale può solo aggravare facendo lievitare i costi.

Non si tratta soltanto di dirsi che per organizzare un’Olimpiade, che a suo modo è un lusso, bisogna potersela meritare, si tratta di dirsi, con molta concretezza, che bisogna potersela permettere. E non tutte le stagioni si prestano a permettersi lussi. Funziona un po’ come quando si valuta, nell’economia domestica, l’opportunità di concedere a un figlio una costosa vacanza studio. Se a valutare è un buon padre di famiglia (parametro ideale del buon amministratore)  entrano in gioco due fattori: lo studio (se il figlio ha scaldato i banchi fin lì e ha le mani bucate è probabile che l’investimento si tramuti in un buco nero), e il budget (se le risorse familiari traballano per troppi debiti non si accende un mutuo per inseguire un sogno, per quanto bello).

Il punto è che l’Olimpiade costa più di quanto le nostre spese pubbliche possano permettersi. Lo dicono fattori oggettivi: 1) Roma  sarebbe, per ragioni di viabilità e in materia di sicurezza, sede  intrinsecamente più complicata e dunque probabilmente più costosa di altre, anche senza mettere in conto il rischio che i costi lievitino per ragioni di scarsa trasparenza: la sicurezza nelle edizioni recenti è un costo ineliminabile e sempre più elevato.  2) I costi olimpici lievitano rispetto ai preventivi anche in sedi notoriamente virtuose come Londra: nel  2008 la Commissione Parlamentare inglese sui conti pubblici già faceva le pulci valutando che in due anni il costo preventivato per le Olimpiadi del 2014 fosse lievitato dai 4 miliardi di sterline iniziali alla stima di 9,3 miliardi di sterline. Non solo, ad Atene 2004, Olimpiade bellissima, poetica,  è cominciato il tracollo che sta affamando la Grecia. 3) I precedenti dicono che in Italia il rischio che i costi salgano a dismisura è elevato. Ci sono i numeri a dimostrarlo.

Nel bilancio preventivo plurienale 2013-2015 di Palazzo Chigi, alla denominazione Affari regionali, turismo e sport, al capitolo 987 c’è una voce astrusa: che suona così «Mutui relativi ad interventi di cui alla legge n. 65/1987 e successive modificazioni ed integrazioni»: 61.200.000 l’anno per i tre anni. Ecco, in quella voce rientrano i mutui per gli impianti del Mondiale Italia ’90. Sono passati 25 anni e ancora paghiamo le notti magiche, compresi gli stadi già demoliti come il Delle Alpi.

Italia 90 è la storia del Mondiale di Totò Schillaci, ma è anche, soprattutto, la storia di un monumento allo spreco e alla cattiva gestione della “cosiddetta” emergenza. La costruzione o ristrutturazione degli stadi, che ha inciso per il 17 % dei costi complessivi, ha visto un aumento medio rispetto alle previsioni di spesa dell’83,9%, a Roma per lo stadio Olimpico quel costo è salito del 181,3 %. Non solo, a settembre del 1990 cioè a Mondiale concluso, stando alla terza delle tre relazioni Conte Sulle opere infrastrutturali nelle aree interessate dai Mondiali di calcio del 1990, presentata alla Camera e consegnata alla Presidenza il 5 marzo 1991,  tra i progetti infrastrutturali approvati, 394, pari al 39%, risultavano non ultimati. Non solo, gli appalti e le concessioni per Italia 90 erano stati affidati in deroga alle leggi vigenti con trattativa privata all’89,5%. Un’enormità, consentita dalla legge di allora, ma pur sempre un’enormità.

Qualcuno di quei progetti tuttora desta scandalo o l’ha destato fino a poco tempo fa: si prenda la Ferrovia Valle Aurelia –Vigna Clara, tratto iniziale della cintura Roma Nord, 7.745 km, stando al monitoraggio del sito Ferrovie abbandonate, è vissuta appena otto giorni durante i Mondiali, tornata in esercizio per 1,8 km durante i lavori di ammodernamento della linea Roma-Viterbo tra 1l 1998 e il 2000, e poi disarmata. Si parla di riaprirla per il Giubileo. C’è un accordo tra Rfi e il Comune di Roma perché la tratta sia riattivata entro il giugno 2016 per il Giubileo, preventivo: 102 milioni di euro (fonte sito del Comune di Roma).

Non molto diversamente è andato alla deriva il progetto iniziale di Roma Ostiense Air terminal, stazione e struttura coperta adiacente avrebbero dovuto accelerare il collegamento tra Roma e Fiumicino: la stazione ha funzionato fino al 1993 e poi è rimasta abbandonata al degrado finché nel 2012 non sono arrivati Italo e Eataly, il primo a far viaggiare i treni nella stazione, il secondo ad aprire un ristorante nella struttura.

Stessa sorte, anzi peggio, per venire ad anni più recenti per la cosiddetta Vela di Calatrava, doveva diventare la Città dello sport di Tor Vergata. Quando Roma ha avuto i Mondiali di nuoto 2009, si è pensato di destinarli a quell’impianto: doveva costare 60 milioni, è costato quasi il triplo, svetta per 75 metri, e non è finito. Pare che per finirlo servano altri 400 milioni e passa. Nel frattempo i Mondiali di nuoto sono andati in soffitta: si sono svolti al Foro italico e per andare con un mezzo da lì all'Altare della Patria capitava di metterci anche tre ore.

Non solo: stando ai dati presentati nel marzo scorso dal viceministro delle Infrastrutture e dei trasporti Riccardo Nencini, aggiornati al 2014, le opere incompiute in Italia sono 693, il Lazio ha il record italiano con 82.

Quand'anche non ci fosse un'inchiesta in corso intitolata mafia capitale, basterebbe il resto a dirsi che forse non è il caso di concedersi altri lussi, in un momento di crisi, con dei precedenti così e con lo spettro di Atene davanti.

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