Nei giorni in cui il “degrado di Roma” è al centro di una campagna stampa martellante, avremmo una modesta proposta per il neoassessore capitolino ai Trasporti Stefano Esposito: e se ripartissimo dalle periferie? Nello specifico, i venticinque chilometri della ferrovia Roma-Lido di competenza dell’Atac, praticamente ferma agli standard di quando fu costruita: gli anni Trenta. Sulla carta è una tratta da 40 minuti, nella pratica quasi sempre molto di più. Cinzia Chieppa usufruisce della linea da vent’anni e da tempo chiede insieme ad altri pendolari un servizio decente. Come lei, ogni giorno altri 100-150mila ostiensi si recano a Roma per lavoro o studio. E, con i suoi 300mila abitanti, Ostia, nonostante sia lontana dal Centro, è una zona di Roma, non un Comune a parte.
«Arrivare al lavoro è un calvario quotidiano – racconta Cinzia – i disservizi sono amplificati al massimo rispetto a ciò che, pur grave, succede in Centro. In periferia diventano un disastro strutturale». Sulla Roma-Lido capita di vederne di ogni tipo. Passeggeri a piedi sui binari sotto il sole cocente, persone colte da malore, treni guasti e scioperi bianchi. Il 14 luglio scorso, un gruppo di pendolari, esasperato dalla continua giostra di cambio treno, cambio binario, annuncio ritardo, vetture senza aria condizionata con duemila persone stipate come in un carro bestiame, invade i binari per protesta. Tre giorni dopo, nel pieno dell’onda di caldo, di nuovo tutti giù per terra. Ma stavolta non per protesta, per l’ennesimo guasto. All’altezza di Vitinia, viene impartito il consueto ordine di scendere momentaneamente per consentire il ripristino del mezzo. Alcuni passeggeri si rifiutano, altri si avventano contro la cabina dei macchinisti. «In queste situazioni – dice Cinzia – la gente si imbarbarisce, c’è chi è arrivato a lanciare sassi».
Arrivano i carabinieri, dirottamento sull’altra banchina in attesa di un nuovo mezzo. Il treno arriva, già stracarico, e si riparte boccheggiando in condizioni disumane. A quel punto un passeggero, a cui manca l’aria, decide di forzare una porta con i vagoni in corsa: il mezzo si ferma all’istante, tra Acilia e Casal Bernocchi, e non c’è verso di farlo ripartire. «Delirio, panico – racconta Cinzia – dopo un’ora di follia arrivano i vigili del fuoco che aiutano uomini, donne, bambini e anziani a scendere dal treno per proseguire a piedi, con temperature attorno ai quaranta gradi, sotto il sole e sopra le rotaie incandescenti». Dopo cinque chilometri, fine del viaggio di questo meraviglioso venerdì 17. «No – dice Cinzia – non è questione di sfortuna legata alla data... Soltanto dieci giorni prima, il 6 luglio, stessa scena: passeggeri che camminano a piedi sulle rotaie e Protezione civile che distribuisce bottigliette d’acqua». Ai fatti straordinari – «ma un treno in corsa si rompe come minimo ogni due settimane» – ci sono i disservizi ordinari: malori ogni giorno per il caldo, in alcune stazioni biglietterie chiuse a tutte le ore, ascensori sempre fuori servizio e scale mobili inesistenti (alla faccia dei disabili). Fino a qualche tempo fa, gli altoparlanti intercalavano qua e là uno “scusate il disagio”.
Ora gli altoparlanti hanno smesso, restano muti: «E per fortuna, sarebbe uno schiaffo all’intelligenza», aggiunge Cinzia. Poi c’è il capitolo orari e frequenza delle corse. Una periferia mal collegata alla città è molto più periferica e isolata. Sulla carta una corsa ogni dieci minuti, in campagna elettorale la promessa era di sette. “Da luglio – spiega – la frequenza è scesa a mezz’ora; quando va male, si arriva a 50 minuti. Immaginatevi cosa succede tra il caldo e una linea perennemente sovraffollata”. I motivi? «Strutturali, treni vecchi e fatiscenti in primis; i macchinisti ci hanno confessato che i tempi per la manutenzione sono lunghissimi, mentre la sostituzione dei pezzi in caso di guasto non si può fare, non ci sono i soldi». Cinzia ci tiene però a precisare: «Il problema non è solo Marino. Paghiamo decenni di abbandono del trasporto di periferia, le responsabilità sono di questa come delle precedenti Giunte. Atac non brilla da nessuna parte, ma alcuni interventi, come il tram 8, ci sono stati: sempre privilegiando il Centro alle periferie». «Certo a luglio – continua la pendolare storica – sulla Roma-Lido la situazione è sfuggita di mano».
Sul perché circolano varie voci. «E qualche conferma sottovoce arriva anche dal personale», aggiunge. La prima è di uno sciopero bianco dei macchinisti contro i tagli orizzontali, l’obbligo del badge e l’aumento delle ore di lavoro: guidano solo i treni perfettamente funzionanti (cioè una netta minoranza); «se in passato il problema di una porta rotta si affrontava bloccandola, ora non si fa partire la vettura». Le altre voci sono ancora più inquietanti: «Si parla – dice Cinzia – di proteste manovrate a danno dei vertici aziendali o addirittura di quelli capitolini; altri dicono invece che lo scopo è di portare l’Atac, la più grande municipalizzata d’Italia, ad un ovvio e “necessario” processo di privatizzazione. Non ci sono prove ma, accanto a tanti utenti legittimamente esasperati, ultimamente compaiono strani personaggi che orientano le proteste…». Nel frattempo, il servizio è al collasso totale. Buon lavoro neoassessore Esposito!