«Come faremo, fratelli, ad avere speranza quando vediamo che le nostre forze umane non ce la fanno, quando guardiamo il Paese finito come in una strada senza uscita? Quando diciamo: la politica, la diplomazia non ce la fanno e qui è tutto arrugginito, un disastro e negarlo è da pazzi?». Sembrano scritte per l’oggi le parole pronunciate nel 1979 da Oscar Arnulfo Romero. Il cardinale, canonizzato da papa Francesco il 14 ottobre del 2018 e di cui ricorrono i 40 anni dall’assassinio avvenuto il 24 marzo 1980, in uno dei periodi più bui della storia del Salvador, ricordava che «è necessaria una salvezza trascendente. Sopra queste rovine brillerà la gloria del Signore. Dunque i cristiani hanno una grande missione in questa ora del Paese: mantenere viva la speranza, non aspettarsi una utopia come qualcosa di illusorio, come se fossimo addormentati per non vedere la realtà. Al contrario, guardando questa realtà in cui sembra di non poter dare nulla, sapere che invece si può dare molto se facciamo appello a questa redenzione trascendente». Mantenere viva la speranza confidando non nelle proprie forze, ma in Dio, era una delle priorità del gesuita che amava ripetere: «Potrei dire due cose di fronte alla situazione quasi senza uscita del Paese: la prima che continuo a incoraggiare le persone a sperare e poi che in mezzo a tanta morte e distruzione ho sempre creduto che il Salvador avesse una soluzione pacifica e giusta e che la sua speranza fosse nata e radicata nella sua fede cristiana».