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martedì 13 maggio 2025
 
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Romero, chi l'uccise merita onore?

05/12/2014  Il sindaco di San Salvador vuoole dedicare una strada al maggiore Roberto d’Aubuisson, il mandante dell’esecuzione dell'allora arcivescovo della città, monsignor Óscar Arnulfo Romero. E scoppia la polemica.

Mentre in tutto il Salvador si aspetta la notizia della beatificazione di monsignor Óscar Arnulfo Romero, l'arcivescovo assassinato sull’altare il 24 marzo 1980,  è scoppiata una polemica attorno ai protagonisti di quegli anni. Norman Quijano, il sindaco della capitale, San Salvadro, ha deciso di intitolare una via al maggiore Roberto d’Aubuisson,  il mandante dell’esecuzione di monsignor Romero. La scorsa settimana, l’attuale arcivescovo di San Salvador, monsignor José Luis Escobar Alas, ha convocato i giornalisti e ha chiesto al primo cittadino di fare marcia indietro: «Non ci fa piacere la notizia, Dio voglia che la riconsiderino e restituiscano alla strada il nome che aveva».  E ha aggiunto: «Noi come Chiesa, parte offesa nel caso di monsignor Romero, dei gesuiti e degli altri laici e religiosi assassinati, non siamo d’accordo e credo che in tanti non ci sentiremo bene».

La via prescelta d'altronde ha già un nome, e anche di tutto rispetto: è la calle Sant’Antonio Abate, l’eremita egiziano considerato il fondatore del monachesimo e primo degli abati. Il sindaco Quijano, che è stato anche candidato, sconfitto, alle presidenziali di quest’anno, non è nuovo all’idea di una strada per d’Aubuisson, fondatore di Arena, il partito di destra in cui milita lui stesso. Inizialmente aveva pensato ad un’altra arteria, idea poi accantonata forse perché avrebbe incrociato – scherzi della toponomastica – l’Avenida intitolata proprio a monsignor Romero.

Per la nuova strada, invece, c’è già la data dell’inaugurazione: il 19 febbraio prossimo, cioè poco più di un mese prima del trentacinquesimo anniversario della morte di Romero, che, secondo la stampa salvadoregna, potrebbe essere la data dell’annuncio della tanto attesa beatificazione. Sicuramente avverrà entro l’anno: «Nella riunione del 4 novembre scorso – ha detto il gesuita Jon Sobrino dell’Università Centramericana (Uca) – l’arcivescovo Alas ha detto che, durante il suo soggiorno a Roma, papa Francesco gli ha comunicato che monsignor Romero sarà beatificato entro il prossimo anno».

Chi era il maggiore d’Aubuisson? Per la Commissione per la Verità del 1993, colui che «diede l’ordine di assassinare l’arcivescovo» e fece eseguire l’omicidio dai gruppi paramilitari ai suoi comandi. Basti pensare che successivamente l’amministrazione Reagan, non certo ostile al regime militare allora al potere in Salvador, gli negò l’ingresso negli Usa, rifacendosi a un passaggio della legge sull’immigrazione che lo vieta per «chi appoggia esecuzioni extragiudiziarie». Prima come membro dell’esercito, e dal 1979 clandestinamente, organizzò l’azione repressiva degli “squadroni della morte”, coordinando le sue azioni con l’oligarchia al potere e gli ambienti della destra militare rimasta nelle istituzioni.

Mentre cresceva la violenza nel Paese, d’Aubuisson aveva preso l’abitudine di minacciare in televisione persone che poi venivano effettivamente assassinate. Agli inizi del febbraio 1980, lesse una lista di duecento persone, a suo dire "!infettate dal comunismo e compromesse con la guerriglia". Tra queste Romero, del quale disse che «ancora era in tempo per correggersi». Era una chiara minaccia di morte, a cui l’arcivescovo rispose con audacia: «Vogliamo segnalare l’intervento del Sig. D’Aubuisson per quanto c’è di menzogna e disinformazione». La sua voce venne trasmessa, come d’abitudine, da Radio Ysax, oggetto di attentato agli impianti tecnici il 18 febbraio e temporaneamente sostituita da una stazione costaricana.

Il 9 marzo ci un primo attentato all’arcivescovo, settantadue candelotti di dinamite nella Basilica del Sagrado Corazón che, se il timer non fosse stato difettoso, sarebbero esplosi durante la Messa celebrata in suffragio di Mario Zamora, dirigente democristiano incluso nella lista di d’Aubuisson e da poco assassinato. Romero sapeva cosa rischiava. «Spero soltanto – disse all’ambasciatore statunitense Robert White – che quando mi uccidono, non uccidano molti di noi». Rifiutò di avere più protezione della gente che soffriva inerme per le incursioni sanguinose degli squadroni della morte: «Sarebbe una controtestimonianza pastorale se io potessi muovermi sicuro, mentre il mio popolo vive nel pericolo”. Da tempo ripeteva che “un pastore non se ne va, deve restare sino alla fine con i suoi». Meno di due mesi dopo la minaccia in televisione, durante la Messa del 24 marzo, mentre prendeva il corporale con cui iniziare l’offertorio, gli spararono dal fondo della chiesa e morì poco dopo. Nel frattempo, il maggiore d’Aubuisson fondò il partito Arena e nel 1983 fu eletto presidente dell’Assemblea Costituente.

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Romero è beato, festa a San Salvador. Il Papa: «Seppe ascoltare la sofferenza del suo popolo»
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