Rossano Ercolini, 58 anni, fondatore del movimento “Rifiuti Zero”, ha vinto quest'anno il Goldman Environmental Prize, conosciuto come il “Nobel dell’ambiente”. Erano 15 anni che il riconoscimento non veniva assegnato a un italiano (l’ultima fu la naturalista Anna Giordano per la sua battaglia contro il bracconaggio). Maestro elementare a Capannori (Lucca), Ercolini inizia oltre quarant’anni fa a combattere la costruzione di un inceneritore vicino alla sua scuola. Con Rifiuti Zero, associazione da lui fondata, ha portato negli ultimi anni circa 200 Comuni italiani a chiudere gli inceneritori e cambiare politica dei rifiuti. E chissà che altri non si aggiungano presto visto che molti amministratori pubblici saranno nel pubblico del Friuli Future Forum, una serie di giornate dedicate alla progettazione di un futuro più sostenibile, in senso lato, che si apre in questi giorni.
Cosa ha provato quando ha ricevuto il "Nobel" per l'ambiente?
Come impiegherà i circa 110.000 euro del Premio?
«Avere un riscontro così importante e imprevisto mi ha dato una carica che sta moltiplicando le mie energie a favore delle battaglie per Rifiuti Zero e contro gli inceneritori. Ma oltre alla gioia personale che, ripeto, mi è valsa come formidabile conferma delle battaglie intraprese almeno dal 1995, ho capito che il premio avrebbe dato forza alle comunità che in Italia e in Europa si battono per adottare le buone pratiche sui rifiuti.
Con i soldi del premio sto attivando uno staff di giovani designer, agronomi e attivisti per dare una forza organizzativa maggiore al movimento Rifiuti Zero, aumentando la sua capacità di fornire servizi, informazioni, collegamenti e supporti. In tanti, tra cui molti assessori e sindaci vogliono risposte concrete alla loro disponibilità a percorrere con noi il sentiero Rifiuti Zero. Ecco, i soldi li metto totalmente a disposizione di piccole start up per questi scopi».
Rifiuti zero, a qualcuno sembra un'utopia, ma lei ci dimostra che è
una realtà, una bella realtà, giusto?
«Che non sia un'utopia è dimostrato da città come San Francisco dove il percorso Zero Waste ha già portato a evitare lo smaltimento di oltre l'80 per cento dei rifiuti, compresi quelli speciali. Ma è dimostrato anche da esperienze come quelle del mio comune di Capannori, dove, da una lotta vincente contro gli inceneritori, è partito un percorso entusiasmante che non solo ha dato l'80 per cento di raccolta differenziata, ma soprattutto una riduzione dei rifiuti del 39 per cento (riferita al dato del maggior picco produttivo del 2004). A Capannori con questo approccio sono stati creati circa 60 posti di lavoro per i giovani».
A Roma chiude Malagrotta, la più grande discarica d'Europa, mentre la
differenziata rimane sempre a livelli poco soddisfacenti. Finirà come Napoli?
«Che Roma corra il rischio di diventare la "nuova" Napoli è reale. Tuttavia a differenza del disastro di Napoli, Roma dispone di ben 4 impianti di Trattamento Meccanico Biologico - finora inspiegabilmente tenuti in stand by da Cerroni (il proprietario della discarica, n.d.r.) e dalla municipalizzata AMA - in grado di ridurre notevolmente il Rifiuto Urbano Residuo in quantità e pericolosità; inoltre esistono già le buone pratiche porta a porta. Non per niente Zero Waste Italy ha fatto venire in Italia Jack Macy, responsabile commerciale del progetto Zero Waste di San Francisco per farlo incontrare con il sindaco di Roma, indicando la strada seguita praticamente da tutta la California. Con il porta a porta, adeguati impianti di filiera per trattare e valorizzare compost e materiali recuperati, a Roma si può evitare in non più di tre anni lo smacco di Napoli. Naturalmente la dirigenza di AMA o cambia approccio o deve dare spazio a nuovi responsabili».
Lei fa il maestro elementare, come percepiscono i bambini il
problema dei rifiuti?
«Con i bambini paradossalmente si deve esser seri. Non si può chieder
loro di fare la raccolta differenziata in classe e poi farsi beccare "a
rimettere tutto insieme". Sono gli adulti, spesso, meno seri dei bambini
che credono in quello che gli si chiede di fare per il loro futuro e
per il nostro pianeta. La percezione che i bambini hanno del problema
rifiuti è più realistica della nostra, perché intuiscono che o facciamo
qualcosa in fretta per cambiare o il loro futuro (da noi) verrà reso impossibile».
Cosa pensa della battaglia di Don Patriciello per liberare il
napoletano dalle discariche di rifiuti tossici, che hanno un così forte
impatto ambientale e sanitario?
«Dal 1999 "frequento" Napoli (sono anche membro dell'Osservatorio Rifiuti
zero istituito dal Comune) e conosco i problemi dello smaltimento di
rifiuti tossici nei territori campani. Nessuno conosce l'entità di
questo disastro, che molte persone stanno pagando in termini di malattie
spesso mortali e di perdita di terreni fertilissimi, letteralmente
avvelenati. il tutto è stato possibile non solo a causa della camorra e
dei poteri criminali, ma grazie a scelte politiche regionali e nazionali
che hanno permesso tutto ciò. L'inceneritore di Acerra imposto con la
forza e i nove milioni di tonnellate sono il prodotto di queste politiche
antipopolari, imposte da oltre 14 anni di commissariamenti spreconi
quanto finalizzati a far da tappo allo sviluppo delle buone pratiche. Si
è detto stupidamente che il popolo meridionale sarebbe stato incapace
di fare la raccolta differenziata, ma gli esempi di Salerno, di
Benevento e... di Scampia dimostrano che non è assolutamente vero. E
anche grazie a queste battaglie che la Rete nazionale Rifiuti Zero ha
promosso a Napoli e in Campania che oggi il popolo di Caserta e di
Napoli chiede pulizia e giustizia. Quindi, GRAZIE, don Patriciello.
Siamo con voi».
A che punto è la raccolta di firme per la legge Rifiuti Zero?
«Le 86.000 firme per la proposta di legge sono state consegnate al
presidente della Camera Boldrini, che ha garantito il suo impegno a far
pesare questo straordinario impegno dal basso. Intanto continueremo il
nostro impegno non solo per ottenere una celere discussione della
proposta, ma per saldare questa campagna con le vertenze "nazionali"
contro gli inceneritori di Torino, di Parma e di Borgo Tressanti a
Foggia, imposti a dispetto delle popolazioni, del buon senso... e
dell'Europa, che ci stressa invitandoci a considerare il "cassonetto"
come una "miniera urbana". Bruciare carta, plastiche e frazioni
organiche è una stupidaggine che nessun amministratore può avallare in
modo disinvolto proprio quando studi autorevolissimi ci dicono che nei
prossimi 25 anni il fabbisogno di materie prime/seconde aumenterà del
75%. Oggi ecologia ed economia si incontrano nel segno delle buone
pratiche che assumono sempre più valenza economica strategica. Chi volta
le spalle a queste opportunità per compiacere un'industria sporca e
assistita (basti pensare allo scandalo dei 50 miliardi di euro regalati
ai petrolieri ed inceneritori con i Cip 6 e gli incentivi
all'incenerimento) deve assolutamente farsi da parte. Se non lo fa,
diciamogli tutti insieme di smettere!».
Per un domani migliore: il Friuli Future Forum
Come cambieranno l’industria, le piccole e medie imprese, il welfare?
Come cambieranno l’artigianato, il turismo, l’ambiente? Come cambieranno
la trasmissione dei saperi, la scuola, la formazione, i nuovi media?
Come cambieranno le città, i centri storici, con il riuso, con le forme
di autogoverno? Come cambieranno la natura, l’alimentazione, la
nutrizione, l’energia?
Si terrà a Udine, dal 14 ottobre al 29 novembre, la prima edizione del
Friuli Future Forum, rassegna dedicata all’innovazione e al futuro, che
vuole rispondere proprio a queste domande.
Una settimana per ciascun tema, per dimostrare che non basta sperare in
un domani migliore, ma bisogna essere capaci di costruirlo giorno dopo
giorno.
A confrontarsi i massimi esperti delle maggiori organizzazioni
internazionali come l’Institute for the Future di Palo Alto, il
Copenhagen Institute e l’OCSE di Parigi, che dialogheranno con studiosi e
ricercatori italiani.
Due anni fa, quando la crisi investiva strutturalmente il sistema
produttivo del Friuli Venezia Giulia, regione che è stata una delle
forze trainanti dell’economia del Paese, è nata l’idea di realizzare
Future Forum.
«Il progetto invita a guardare il futuro» spiega il project manager
Renato Quaglia. «Il futuro non basta sperarlo, bisogna partecipare a
costruirlo giorno dopo giorno. Essendo nuovi già da oggi. Ecco il perché
di un programma che non si concentra in pochi giorni spettacolari, ma
in un più durevole e costante lavoro di proposta e confronto, condotto
con l’Università, le associazioni di categoria, gli attori del sistema
produttivo, dell’educazione, dell’impresa e della ricerca».
Dal 18 al 22 novembre si discuterà di come cambieranno nei prossimi
15-20 anni le città, un tema attualissimo. Quale sarà il destino dei
centri storici delle città medio-piccole? E quello delle aree
periferiche dei territori? Sono attesi l’urbanista e autore del recente La città dei ricchi e la città dei poveri (Laterza), Bernardo
Secchi, con la lectio magistralis “Urban Future”; l’urbanista Debra
Mountford (OCSE); il vincitore del Goldman Environmental Prize 2013
Rossano Ercolini; il collettivo Rotor, gruppo che anticipa la
distruzione di edifici e quartieri, smontandoli pezzo a pezzo, generando
nuovi mercati per i materiali recuperati minuziosamente dalla
dismissione e che ha la curatela della prossima Oslo Architecture
Triennale; l’architetto Claudio Cipollini.
Ecco come Renato Quaglia presenta il Friuli Future Forum: