L'Italia crocevia dei migranti verso il Nord Europa, non solo attraverso Lampedusa, ma anche attraverso le coste pugliesi. E' un'ipotesi sempre più realistica nel quadro del nuovo scenario balcanico. La via dei Balcani occidentali ora è chiusa. Ma è impensabile che i blocchi imposti al transito dei profughi da Slovenia, Croazia, Serbia, Macedonia e Ungheria possano bastare per fermare l'enorme marea umana dei migranti che cercano di entrare nell'Unione europea. In questi giorni nel grande campo di Idomeni, sul confine greco, si calcola che siano raccolti almeno 14-15mila uomini, donne e bambini, nell'attesa disperata di oltrepassare la frontiera macedone.
La situazione per i profughi è ormai insostenibile e peggiora di giorno in giorno, tra freddo, pioggia, carenza di cibo e di acqua e scarse condizioni igienico-sanitarie. Improbabile che questo flusso di persone possa invertire la rotta. Molto più plausibile che i profughi, arrivati a questo punto, cerchino di aggirare gli ostacoli, i muri, le porte chiuse tentando nuove rotte, nuovi percorsi per raggiungere l'Austria, la Germania, il Nord Europa.
Così, in questi giorni si profila in modo sempre più chiaro l'ipotesi di una nuova rotta adriatica che passa per l'Albania e porta in Italia, sulle coste pugliesi, attraversando il tratto del Mar Adriatico che separa i due Paesi. Il ministro dell'Interno Alfano cerca di ridimensionare l'allarme affermando che al momento non ci sono prove evidenti di questo nuovo percorso. Da Malta il ministro degli esteri Gentiloni ha dichiarato: «Stiamo lavorando con le autorità greche e albanesi per prevenire lo sviluppo di traffici di migranti da parte di organizzazioni criminali. Per ora non si registrano flussi verso Ovest, naturalmente questo rischio c'è».
E l'Italia si sta preparando: dal 15 marzo una ventina di poliziotti di frontiera italiani saranno mandati in Albania per aiutare a presidiare i confini del Paese, nel quadro di una più stretta collaborazione tra Roma e Tirana per fronteggiare l'emergenza migratoria. In audizione al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, il sottosegretario agli Interni Domenico Manzione ha riferito i numeri sull'immigrazione per quanto riguarda il nostro Paese: dall'inizio del 2016 sono sbarcate 9.307 migranti, in leggero aumento rispetto ai 9.117 nello stesso periodo dello scorso anno. Le domande di asilo presentate fino al 4 marzo sono state 16.080. Con questo ritmo, alla fine del 2016 le domande supererebbero di gran lunga quelle dello scorso anno, che sono state più di 80mila.
Se la portata degli sbarchi non ha subìto importanti variazioni, la provenienza dei migranti è cambiata: nel 2014 erano in larga parte siriani ed eritrei, nel 2015 queste nazionalità sono diminuite: i siriani hanno scelto prevalentemente la rotta dei Balcani. Adesso una buona parte dei migranti proviene da Paesi come Nigeria, Gambia, Senegal, Costa d'Avorio, Mali, Marocco. Va aggiunto un flusso via terra, soprattutto di rientro dall'Austria, di cittadini afghani e pachistani. Questo all'Italia pone un problema, nell'ambito della gestione dei flussi migratori dell'Ue che distingue, in modo molto discutibile, tra migranti per motivi umanitari e migranti cosiddetti economici: il piano di redistribuzione dei rifugiati in quote proporzionali da Italia, Grecia e Ungheria verso gli altri Paesi dell'Unione europea stabilisce che ad avere diritto alla protezione internazionale, e quindi a essere ricollocati in quanto rifugiati, sono solo i cittadini di Siria, Eritrea e Iraq.
(foto Reuters)