Sentenza di secondo grado confermata, dunque assoluzione in Cassazione. Finisce così la vicenda giudiziaria del primo troncone del processo Ruby, che vedeva imputato Silvio Berlusconi per concussione e prostituzione minorile.
Le motivazioni verranno, vedremo allora il ragionamento dei giudici di legittimità, ma l’analisi di questo verdetto non può che ricalcare le considerazioni compiute al momento dell’assoluzione in secondo grado, in cui in qualche modo – fatto salvo un rischio di illogicità su cui si era fondato il ricorso – l’esito era già scritto, in particolare riguardo al reato di concussione, il più grave, su cui fondavano sei dei sette anni della condanna in primo grado. L’altro anno era per prostitituzione minorile (s’è stabilito che Berlusconi sapeva che Ruby era minorenne al momento in cui telefonò in Questura per chiederne il rilascio spacciandola per la nipote di Mubarak, ma che non era provato che lo sapesse al momento in cui la ospitava nelle sue notti brave).
Il Codice penale cambiato in corso di processo
Per comprendere la questione più complessa, quella della concussione è utile fare un passo indietro, e ridare una scorsa alla cronologia di alcuni fatti.
Quando la Procura della repubblica di Milano chiese il rinvio a giudizio con rito immediato, (9 febbraio 2011), il codice penale prevedeva, per quella forma di abuso di potere, soltanto il reato di concussione: una forma di pressione esercitata da un pubblico ufficiale su un subalterno, anche non diretto, per fargli compiere atti contrari ai doveri d’ufficio al fine di ottenere un vantaggio non dovuto (nel caso il rilascio di Ruby minorenne sospettata di esecitare prostituzione e subito tornata all’antico mestiere anziché nelle mani della comunità cui il Pm minorile ordinava di affidarla).
A partire dal 13 novembre 2012 però quel reato è stato “spacchettato”, cioè diviso in due fattispecie diverse, dalla legge Severino: la prima - più grave - si chiama ancora concussione, la seconda - più lieve - si chiama induzione. A distinguerle una diversa intensità della pressione e la possibilità o impossibilità a resistervi, tanto è vero che per il reato di induzione (commesso dopo l’entrata in vigore della legge) è punibile anche la persona che subisce la pressione (Ostuni non rischiava solo perché il fatto era avvenuto prima della nuova legge).
Che il cambiamento del codice penale avrebbe terremotato i processi in corso si era capito presto. Il primo a segnalarlo, proprio dall’ufficio del massimario della Cassazione, in cui lavorava all’epoca, era stato Raffaele Cantone, oggi commissario anticorruzione.
Nello stesso processo Ruby le difficoltà interpretative avevano dato saggio di sé, tanto è vero che già in primo grado Procura e Giudici avevano interpretato la nuova legge in modi diversi: nella requisitoria (13 maggio 2013) il Pm aveva contestato l’induzione e chiesto 6 anni. I giudici del collegio invece avevano, come si dice in gergo, “scavalcato” la pubblica accusa e condannato Berlusconi a 7 anni, contestando la concussione per costrizione (24 giugno 2014).
Le sezioni unite della Cassazione
Nel frattempo altri processi, con pronunce contrastanti, erano arrivati in Cassazione evidenziando tutte le difficoltà interpretative causate dalla modifica delle leggi. Detto in soldoni, i giudici di merito ne davano interpretazioni contrastanti: facevano fatica a trovare una linea univoca per stabilire il punto di diversificazione tra i due nuovi reati e il punto di continuità con il vecchio.
A quel punto, dopo che già la sentenza di primo grado del Ruby era stata pronunciata, sono intervenute le Sezioni unite della Cassazione, per dare ai giudici che si sarebbero pronunciati di lì in avanti delle chiavi di indirizzo interpretativo uniforme (è uno dei compiti della Cassazione, la cosiddetta funzione "nomofilattica").
In quella sede si è stabilito che per avere una costrizione sarebbe servita una minaccia, anche implicita, ma chiara, e che per punire un’induzione sarebbe servito dimostrare che la persona indotta (l’Ostuni della situazione) aveva ottenuto un indebito vantaggio (24 ottobre 2013).
La via di fuga
Ecco che in questo stretto corridoio tra le due fattispecie, nel combinato disposto tra la nuova legge e l’interpretazione che ne avevano date le Sezioni unite della Cassazione, Silvio Berlusconi ha trovato la via di fuga dal reato più grave del caso Ruby.
I giudici, di secondo grado (18 luglio 2014) – guidati dalle Sezioni Unite cui aveva partecipato come relatore anche il presidente della Sezione che ha deciso ieri - , hanno ritenuto che la pressione, accertata, non fosse sufficiente a determinare costrizione e che la mancanza di un vantaggio esplicito per Ostuni non potesse derubricare il reato a induzione.
Se il codice penale fosse rimasto quello del 2011, quando a determinare l’intensità della pressione sarebbe bastata l’enorme sproporzione di potere tra Berlusconi e Ostuni, e quando non sarebbe stato necessario provare alcun vantaggio specifico per Ostuni, probabilmente la storia di questo processo sarebbe stata diversa. E invece è diventata una storia simile a quella di altri processi a carico di Silvio Berlusconi che hanno tratto vantaggi da leggi cambiate in corsa, più o meno opportunamente.
Gli altri processi in corso
Se qui finisce la storia giudiziaria del Ruby 1, occorre ricordare che i fatti in quanto tali (pressione indebita e prostituzione anche minorile) sono considerati tutti accertati per ammissione degli stessi giudici che hanno assolto in Appello e degli avvocati difensori che ieri in Cassazione hanno per la prima volta ufficialmente smentito la tesi fasulla delle cene eleganti e ammesso la prostituzione. Questo dovrebbe bastare a spegnere le polemiche di chi ancora vorrebbe far credere che la Procura abbia agito su fatti “inventati”.
Altre vicende giudiziarie intanto restano aperte: attende la Cassazione il Ruby bis che, se confermato, potrebbe portare alla condanna dei soli coimputati (anche questo film già visto). Resta aperta l’inchiesta milanese Ruby Ter per il sospetto che sia stato pagato il silenzio di testimoni e parti offese del Ruby 1. L’accusa è corruzione in atti giudiziari (di nuovo un reato che ha sfiorato a vario titolo in passato l’ex Cavaliere, prescritto nel caso Mills e costretto a risarcire civilmente De Benedetti dopo che il Lodo Mondadori si rivelò figlio di una sentenza comprata con la corruzione di un giudice).
Altri processi sono in corso: a Napoli, compravendita di parlamentari e a Bari induzione a rendere falsa testimonianza all'autorità giudiziaria.