Tanto di cappello agli organizzatori. Aver portato al Meeting di Rimini una personalità come quella di Rula Ghani è stata una grande idea. E in questi tempi, anche un'idea coraggiosa. Dovremmo forse chiamarla Bibi Gul, l'appellativo afghano, il nome con cui suo marito, il presidente della Repubblica Islamica dell'Afghanistan, Ashraf Ghani, volle ringraziarla nel discorso che inaugurava, nel 2014, la sua presidenza: "Voglio ringraziare la mia sposa, Bibi Gul, per aver tanto aiutato me e l'Afghanistan".
Fu un gesto senza precedenti. D'altra parte ha pochi precedenti anche la storia personale di Bibi Gul, nata Rula Saade in una famiglia cristiana del Libano, sposata da 40 anni tondi con Ashraf Ghani, conosciuto appunto all'Università Americana di Beirut. Laureata in Scienze Politiche, detentrice di un master in giornalismo ottenuto presso la Columbia University di New York, poliglotta, la first lady dell'Afghanistan non si è tirata indietro nemmeno di fronte ai tempi più scottanti.
Il terrorismo di matrice religiosa può portare in sé i germi della terza guerra mondiale?
"Io parlerei di terrorismo e basta, perché questi criminali commettono i loro atti barbari prendendo solo alcuni elementi della religione e pervertendoli ad arte. L'Isis ha cercato di entrare anche in Afghanistan, forse con l'idea di passare da lì in Tagikistan e Uzbekistan. Per fortuna la nostra gente ama molto il proprio Paese e il nostro esercito è ormai abbastanza forte. Così li abbiamo fermati, siamo riusciti a impedire che si radicassero anche da noi. Comunque è vero, il rischio di cui hanno parlato papa Francesco e il presidente Mattarella esiste. Difficile dire che cosa si possa fare per eliminarlo. A me viene in mente una duplice risposta. Da un lato, incoraggiare i popoli a reagire contro l'Isis, aiutarli; dall'altro, capire finalmente come riesca l'Isis ad arruolare tanti giovani, anche in Europa e negli Usa. Che cosa manca a queste persone?".
Altrettanto decisa la First Lady nel rispondere a chi le ha chiesto se e come si possa allargare il pluralismo religioso in Afghanistan e nel mondo islamico in genere. "Il pluralismo religioso è un valore anche per l'islam, a dispetto di tutte le semplificazioni dei media. Voi mi state trattando come una specie di miracolo ma io, che sono di una famiglia cristiana, ho sposato tanti anni fa un musulmano e sono stata accolta a braccia aperte dalla sua famiglia musulmana. E a braccia altrettanto aperte sono stata accolta dall'Afghanistan, che 40 anni fa era al 99,9% popolato da musulmani. Se mi chiedete chi sono oggi dal punto di vista religioso, vi rispondo: sono cristiana e musulmana. quando sono in un Paese cristiano prego con i cristiani. quando sono in un Paese musulmano, prego con i musulmani. Noi tutti preghiamo lo stesso Dio, cambia solo la lingua in cui lo facciamo".
Con delicatezza, Rula Ghani ha anche accennato alle vicissitudini dell'Afghanistan. "Quarant'anni fa il Paese era diverso. La gente non aveva paura, non temeva per la propria sicurezza. Le donne portavano il velo solo per andare in moschea. Nel 2002, quando sono tornata a Kabul, ho trovato cose molto diverse".
E a proposito del velo, che lei stessa indossa: "Quando partecipo a un evento ufficiale, porto sempre il velo per rispetto alle abitudini e alle tradizione dell'Afghanistan. E quando pronuncio un discorso ufficiale, inizio sempre con queste parole: "In nome di Allah, il compassionevole, il misericordioso". Vengo in pace e che cosa c'è di più bello della compassione e della misericordia?".
Sul suo impegno a favore delle donne e della condizione femminile, la First Lady si è concessa un pizzico di polemica. "Il mio impegno è per tutti gli afghani, senza distinzione di confessione religiosa, appartenenza etnica o politica, o genere. E' vero però che le organizzazioni femminili si rivolgono a me con frequenza e che io mi appassiono alle loro cause. Cerco di fare ciò che posso per aiutarle: le metto in contatto con i ministri, aiuto a trovare soluzioni. Ma soprattutto mi impegno per far conoscere, in patria e all'estero, i loro problemi. Spesso le donne afghane sono descritte come deboli, vinte rassegnate. Ma se guardo al mio Paese, devo dire che il 90% della popolazione può essere definito vulnerabile, non solo le donne. E soprattutto si deve sapere che con tutte le difficoltà che affrontano, spesso anche solo per mettere qualcosa di decente in tavola, le donne afghane sono in realtà molto forti e organizzate. La donne afghane sognano quel che sognano tutte le donne del mondo: una scuola decente per i figli, cure mediche, la possibilità di studiare. Rispettiamo il loro sforzo e i loro sogni".