“In una guerra è facile entrare, ma non è facile uscire”. Fa molto effetto sentire queste parole da Donald Rumsfeld, il segretario alla difesa di G.W. Bush, l'uomo che dieci anni fa pianificò la guerra in Irak scrivendo al suo presidente a proposito delle armi di distruzioni di massa: “L'assenza di prove non è la prova dell'assenza”.
Ascoltando queste parole, un brivido nella schiena è passato a tutti gli spettatori che a Venezia hanno visto The Unkown kwown, “L'uomo conosciuto che non conosciamo”, il documentario che il premio Oscar Erroll Morris ha dedicato a Rumsfeld. Perché il riferimento al presente in cui, dieci anni dopo l'Irak, gli Stati Uniti potrebbero di nuovo scatenare una guerra, questa volta in Siria, è stato inevitabile. Incalzato dalle domande di Morris, Rumsfeld non mostra mai dubbi sul suo operato, anche quando palesemente si contraddice, come quando prima dice “se decidi la pace, preparati alla guerra” e subito dopo “credere nell'inevitabilità di un conflitto può diventare una ragione per scatenarlo”.
Emerge fortissima l'idea di un uomo che non vive nella realtà, ma che ha l'ambizione di costruirla a partire dalle sue convinzioni. Alla fine della proiezione, abbiamo parlato con alcuni dei numerosi spettatori di lingua inglese presenti che dibattevano fra loro.
Ecco due testimonianze. Chris, inglese: “Vedendo questo film, mi sono
tornate alla mente le memorie di Margareth Tatcher in cui l'aspetto più
impressionate era vedere questi politici che vivevano fuori dalla
realtà, che però prendevano delle decisioni drammatiche per la vita di
tutti. Ora, per fortuna, mi pare che la situazione sia diversa. Obama,
soprattutto dopo che il suo fedele alleato Cameron è stato bocciato dal
Parlamento, un evento mai avvenuto negli ultimi 150 anni che ha molto
sorpreso noi inglesi, ha deciso di rimettersi anche lui al volere del
Congresso con queste parole: “Anche i nosti più vecchi amici hanno avuto
dei dubbi”. Detto questo, se ci fosse la certezza dell'uso di armi
chimiche da parte di Assad, se fossi in Obama pianificherei
un'operazione molto limitata, ma al tempo stesso cercherei il più
possibile di coinvolgere Putin per fargli capire che è un vantaggio per
tutti si si riesce a risolvere nel più breve tempo possibile questa
crisi”.
Annibale Orsi, che a dispetto del nome arriva dalla California e
porta un cappello da cow-boy: “Io non vorrei mai la guerra e questo
film mi ha fatto riflettere molto sull'abilità che i politici hanno di
usare i media per manovrare l'opinione pubblica. Allo stesso tempo, se
fossi in Obama e avessi la certezza che Assad ha usato le armi chimiche,
darei subito l'ordine di attaccare. Sarebbe un nostro obbligo morale”.
Ed ecco il link alla sezione sulla Mostra del cinema di Venezia.