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domenica 15 settembre 2024
 
 

Terrorismo: se ammazza i russi non è islamico

18/01/2014  Decine di morti in pochi mesi nel Caucaso ma nessuno parla di "guerra al terrorismo", anche se gli attentatori si ispirano all'estremismo islamico.

I funerali di una delle vittime dell'attentato di Volgograd (Reuters).
I funerali di una delle vittime dell'attentato di Volgograd (Reuters).

A proposito di terrorismo islamico: perché la strage di Volgograd (20 morti e 50 feriti), in Russia, che almeno per il numero delle vittime è stata il doppio più crudele di quella commessa in aprile alla maratona di Boston, negli Usa, è passata via così facilmente? Perché il mondo non si è mobilitato? Perché non abbiamo sentito i soliti proclami contro la violenza e chi la organizza? E perché il doppio attentato di Makachkalà, capitale della Repubblica russa del Daghestan, che poteva essere altrettanto micidiale (per fortuna solo 14 feriti), non viene subito etichettato come "terrorismo islamico"?

Le trombette della finta democrazia diranno che Putin qui, l’efferata violenza delle forze russe in Cecenia là… Tutto vero, per carità. Ma tutto raccontato come se gli americani in Iraq (pensiamo ad Abu Ghraib o alla presa di Fallujah, dove si dice siano state usate anche le bombe al fosforo) avessero usato i guanti bianchi, come se gli Usa non avessero coperto le brutalità dell’Arabia Saudita in Bahrein, come se i loro droni non avessero ammazzato migliaia di civili innocenti in Pakistan, Afghanistan o Yemen… 

Ma in Iraq si combatteva, a sentire le trombette, la santa guerra contro il terrorismo islamico mentre in Cecenia e nel Caucaso (Daghestan compreso), dove i sauditi hanno investito miliardi nel sostegno all’islam radicale e dove sauditi erano alcuni capi-guerriglia molto noti come Al-Qattab  e Amir Abu Al-Walid (entrambi poi uccisi dai russi), c’era solo l’imperialismo grande russo del Cremlino.Il paragone con Boston vale anche perché la matrice di due attentati è analoga: negli Usa due fratelli ceceni; a Volgograd una donna originaria del Daghestan, Oksana Aslanova, ex moglie di due terroristi uccisi dalle forze di sicurezza russe e in rapporti con Naida Asiyalova, altra donna kamikaze che in ottobre si era fatta esplodere nella stessa Volgograd, uccidendo 7 persone. Anzi: a ben vedere, è certamente più “islamica” questa strage che non quella di Boston, commessa da due ceceni sì, ma perfettamente integrati negli Usa e infatti insospettabili. O forse sospettabili di qualche disturbo mentale.

Questo atteggiamento rivela che cosa sia diventato, dopo l’Afghanistan e a causa del neocolonialismo di George Bush e complici, il discorso sulla lotta al terrorismo: una favola per la propaganda, una scusa utile a far passare di tutto, dallo spionaggio urbi et orbi all’incapacità politica (pensiamo alla Siria, alle armi distribuite a capocchia, al panico che ora siano finite ad Al Qaeda) alla violenza praticata da amici e alleati ma tollerata senza batter ciglio quando, secondo gli interessi politici o economici, ci conviene.

 
 
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