«Solitamente ci occupiamo di
raccolte fondi per progetti da realizzare in Africa ma il terremoto dell'Emilia
ci ha colpito troppo da vicino per fare finta di niente: d'altronde la nostra
sede è a Bologna». Giovanni Beccari, di Cefa onlus, spiega così l'impegno
assunto dall'associazione che si è resa protagonista di un'iniziativa semplice,
incisiva, efficace, nata da un incontro con gli studenti e i professori
dell'Istituto agrario Calvi di Finale Emilia, che opera tra i Comuni più colpiti dal sisma come Mirandola e Crevalcore. «Dopo un
confronto sincero ci è sembrato doveroso metterci a disposizione: l'azienda
agricola in cui gli oltre mille studenti della scuola fanno una sorta di
tirocinio pratico è stata fortemente danneggiata dalle scosse del terremoto.
Edifici, attrezzature, materiali, molto è stato distrutto e ora che la scuola è
ricominciata è ancora inutilizzabile».
In particolare, il professor Vancini, ha
posto l'attenzione sulla questione estiva: in questo periodo, infatti, con gli
alunni a casa per le vacanze, l'azienda è solita offrire lavoro
temporaneo a personale esterno disposto alla raccolta delle pere. Solitamente
ma non quest'anno: oltre alla crisi, infatti, ci si è messo di mezzo il
terremoto. E i 20mila euro necessari non ci sono perché le priorità sono
improvvisamente cambiate.
«La nostra proposta, a quel punto, è stata quasi
naturale: perché non organizzare dei campi di lavoro "agricolo"
cercando volontari in giro per l'Italia per consentire di risparmiare quella
cifra da destinare eventualmente altrove?»: nella confusione post-sisma, con
molti membri del personale stesso della scuola che si sono ritrovati dall'oggi
al domani senza un tetto sotto cui vivere, non sono mancate alcune difficoltà
nel far partire il progetto. Sarebbe stato strano il contrario. Ma c'è
dell'altro. Un ulteriore valore aggiunto.
Il Cefal, il Consorzio europeoper la formazione e l'addestramento dei lavoratori, da non confondere con il
Cefa, ha aggiunto un tassello prezioso all'iniziativa proponendo di sfruttare
l'occasione dei campi di lavoro per dare una chance formativa a tre detenuti
del carcere bolognese della Dozza. E così, ai volontari provenienti da tutta
Italia che si sono alternati, si sono aggiunti due ragazzi marocchini e un
pakistano che grazie a un permesso speciale hanno potuto dare il loro
contributo facendo sicuramente un'esperienza lavorativa e umana utilissima in
vista di un loro reinserimento in società.
«I riscontri sono stati molto
positivi: intanto per l'affluenza e la partecipazione di giovani e
giovanissimi, esempi ben lontani da quelli che si distruggono la vita tra alcol
e droga nelle discoteche più estreme d'Italia e d'Europa. Qui i volontari hanno
toccato con mano la sofferenza che un terremoto può portare e sono stati capaci,
ciascuno, di tirare fuori il meglio da sé e dagli altri»: Michele Cattani, di
Cefa, che ha seguito da vicino il progetto ci ha riferito di aver assistito
alla nascita di rapporti umani solidissimi, formati vivendo in tenda nel
cortile della scuola con tutti i disagi del caso.
Dal primo agosto al 13 settembre
si sono avvicendati 24 volontari, alcuni dei quali, folgorati dall'esperienza,
hanno chiesto di poter fare un doppio turno. «Certo ci piacerebbe ripetere
l'iniziativa anche il prossimo anno quando il terremoto sarà più lontano e
l'onda emotiva che questo ha comportato meno potente: noi intanto non ci
fermiamo perché la seconda fase del progetto prevede di rimettere realmente in
funzione alcune attrezzature. Per questo stiamo chiedendo l'aiuto di alcuni dei
nostri soci, simpatizzanti, volontari: molti pensionati ci hanno già dato la
loro disponibilità e sono già al lavoro».
Di seguito pubblichiamo alcune testimonianze
spontanee che i partecipanti al progetto ci hanno autorizzato a pubblicare.
«"Gran finale... Emilia": questa la prima frase che mi è venuta in mente quando ho dovuto
salutare il cartello di Finale Emilia.
Il terremoto c’è (e una scossa c’è stata pure durante il nostro
turno...ammetto, non l’ho sentita)!
Lo si capisce da alc une case (anche se da fuori non sembra,
molte altre sono inagibili), lo si capisce dalle tende e dai campi che, sì
stanno diminuendo e stanno per essere accorpati ma ci sono ancora, e
soprattutto, lo si capisce dagli occhi delle persone che ti raccontano quello
che hanno vissuto. Sono occhi lucidi, che evitano certe volte gli sguardi ma
sono anche occhi che rivelano una determinazione nel profondo: si vuole voltare
pagina e ricominciare.
Non si capisce perché delle persone, come noi, ad agosto
decidano di impiegare il tempo per raccogliere delle pere....quando ci fanno
questa domanda, sorridiamo anche noi all’idea di poter stare al mare, in
montagna o da qualche altra parte del mondo purché non sia l’afosa pianura
emiliana. Il telegiornale aveva preannunciato per il nostro turno di lavoro afa
e caldo ai limiti della sopportazione: il caldo c’è stato ma ci sono stati anche il
sorriso e le battute di chi lavorava insieme a noi e ci dirigeva nel lavoro
così come la frescura minima dei ghiaccioli portati durante il pomeriggio da
Gianluca o Simone che spuntavano in bicicletta dal fondo dei filari al ritmo di
“Ma dove vai bellezza in bicicletta?”. Il gruppo è eterogeneo: le storie di
vita che lo compongono sono varie e provengono da diverse regioni di Italia.
Si
respira però aria di condivisione e voglia di entrare, anche solo per una
settimana, nel tessuto di Finale Emilia. Passeggiando per il centro colpisce il
silenzio e i cartelli “Vai adagio, la terra trema” ma si va al di là del
disastro e delle impalcature quando si intravedono anche i tanti cartelli di
attività commerciali che affermano un semplice ed efficace “siamo aperti”. Si
guarda avanti a Finale Emilia, con qualche preoccupazione riguardante il
riuscire a tornare in casa o il semplice “quando comincerà la scuola da queste
parti?” ma, allo stesso tempo, viene fuori quel semplice spirito emiliano a cui
magari alcuni di noi sono abituati ma che rivela un’incredibile messaggio di
rinascita: “Emilia tin bota!”.
Grazie a Ermilio, Eric, Ilaria, Andrea, Marco, Elisa, Giovanni, Chiara,
Federico ma soprattutto grazie a Sonia, Loris, Leo, Gianluca, Simone, prof.
Vancini, Alessandro e un caro saluto a tutto il personale dell’Istituto “I.
Calvi” (specialmente le tre “donzelle” del personale ATA operative durante il
nostro turno). Un grazie anche a Piero e all’associazione PaceAdesso - PeaceNow
che ha sostenuto la partecipazione a questo campo come parte integrante del
servizio civile quale servizio per gli altri e come crescita personale e
professionale.
Grazie a Cefa Onlus!»
«Pensavo di condividere esclusivamente una tenda, dei pasti
veloci, bagni e doccia con ragazzi e ragazze di cui ricordarsi a fatica il nome
... Invece abbiamo vissuto dei giorni indimenticabili, semplici e veri come la
terra che ci accolti. Abbiamo sudato sotto un sole
senza pietà, zappato e respirato polvere perchè il seme della solidarietà porti
i suoi frutti ... la terra si attaccava alla nostra pelle come giorno dopo
giorno noi sentivamo di attaccarci alla sorte degli uomini e delle donne che
abbiamo conosciuto.
Tra i filari abbiamo scoperto la meraviglia della natura e
dei cicli naturali (anche se un dubbio ancora rimane... le zanzare a
cosa servono). Pera dopo pera abbiamo imparato ad ammirare una comunità che
si rimbocca le maniche per rialzarsi, con un gran sorriso sulle labbra e una
gran generosità nel cuore. Rimarrete per sempre nel mio cuore come esempio di
tenacia, giovialità e bontà abitanti di Finale Emilia, penserò spessissimo alla
forza d'animo e solarità di tutto il personale dell'Istituto Calvi e non
dimenticherò mai gli Amici incontrati che con me hanno condiviso questa
avventura e le risate, le confessioni, le riflessioni dei giorni che rimarranno
il segno indelebile di questa estate 2012...
»
Elisa
«Sono rientrato per un paio di giorni dal campo di Finale presso
l'istituto Calvi vi invio questo breve commento per un primo bilancio di questi
giorni che giudico estremamente positivi sia per il lavoro svolto che per i
rapporti umani instauratisi con i volontari, con il personale dell'Istituto e
con la gente del luogo.
Siamo riusciti a dare alla nostra presenza un significato che credo vada oltre
il lavoro svolto in questi giorni con il gruppo che ha partecipato al campo, in
quanto pur provenendo da varie Regioni, da esperienze diverse, con diverse
motivazioni, con età dei partecipanti dagli 18 ai 56 anni, tutti insieme abbiamo
saputo fondere queste diversità in un unico grande impegno fatto di
organizzazione e di spirito di squadra: è così che abbiamo contribuito alla riuscita del progetto, come ci è stato riconosciuto sia dai docenti e dal personale dell'Istituto Calvi sia dai
rappresentanti della Amministrazione Comunale che abbiamo incontrato.
Il nostro lavoro si è svolto nei primi giorni nella attività di campagna con la
legatura delle vite dell'impianto sperimentale, con la zappatura delle erbe
infestanti del meleto fino allo smontaggio di alcune serre per far posto ai
prefabbricati delle aule che sostituiranno provvisoriamente quelle danneggiate
dal sisma. Infine abbiamo iniziato la raccolta delle pere.
Nel fine settimana il gruppo ha potuto visitare alcuni paesi danneggiati dal
terremoto rendendosi conto della vastità dei danni riportati alle strutture
pubbliche, alle aree industriali, ai centri storici, alle abitazioni.
Una cosa ci ha colpito ed è il silenzio nei centri storici deserti, quei luoghi
che rappresentavano il centro motore della vita quotidiana, che scandiva i
ritmi, che rappresentavano la storia e la tradizione della gente del luogo,
dove si svolgeva la vita amministrativa, sono in molti casi transennati con il
divieto assoluto di risiedervi, con le attività commerciali spostate in altri
luoghi dentro prefabbricati.
Ma la vita continua, lo si vede dai molti cartelli delle attività economiche
appesi alle recinzioni che delimitano i centri storici, un chiaro segnale della
volontà di andare avanti e di superare questo momento.
La gente di Finale che abita nelle vicinanze dell'Istituto, dopo qualche giorno, vedendoci transitare lungo la via che porta al campo della Protezione Civile,
ci ha chiesto chi fossimo e cosa facessimo: così abbiamo iniziato a scambiarci
rapide considerazioni sulla situazione che stavano vivendo e ci ringraziavano
per il nostro impegno.
Ora da mercoledì si riprenderà con un altro gruppo, sono convinto che anche
questi volontari sapranno distinguersi per impegno è volontà.
Un saluto a tutti voi e a presto».
«Siamo giunti alla fase finale del
progetto, quella parte che di solito è riservata ai bilanci delle attività, ai
ringraziamenti e alle valutazioni su eventuali nuovi progetti per l'anno
futuro.
Anche questa settimana è trascorsa non
senza emozioni e fatica, elementi questi che hanno contradistinto tutto il
periodo che i volontari hanno trascorso a Finale.
Emozione è quando trascorri giornate
di lavoro accanto a detenuti in regime di semi libertà che faticano con te, condividono con te il pranzo e tu hai l'occasione di ascoltare le loro storie di immigrati, di carcerati. Racconti emotivamente
forti, che non leggi sui giornali e spiegano come poche “ore d'aria” diano
speranza e gioia di vivere, voglia di riprendersi il tempo perduto.
Capisci
come l'integrazione sia una parola facile da scrivere e leggere ma difficile da
praticare anche da chi la professa come metodo di civiltà.
Forse questa difficoltà non sta solo
da una parte, come diceva Hambi con parole semplici e guardandomi fisso
negli occhi: anche da parte nostra dobbiamo fare uno sforzo maggiore.
Con Hussain, Hambi, Abdelmijd abbiamo
condiviso queste giornate, il loro e il nostro cibo, abbiamo intrecciato le nostre
storie, le speranze comuni verso una società civile, tollerante e multietnica.
Mi rendo conto, senza scivolare nella
retorica, che tanti piccoli episodi come questi, intrecciandosi
e moltiplicandosi, possono diventare patrimonio di tutti: sono semi che daranno un giorno un grande
frutto che si chiama integrazione.
Oggi come ieri, mentre facevo il
viaggio di ritorno, provo una forte emozione a ricordare quei momenti, le lunghe giornate trascorse al Calvi, le persone che si sono alternate nelle settimane nei lavori della campagna calda e polverosa, i volti di ragazzi e ragazze che rinunciando a svago e relax hanno preferito dedicare parte di loro a questa gente e a questa terra, sicuramente un piccolo
sacrificio ma vissuto con grande impegno, capacità e professionalità.
Voglio ringraziare il Prof. Vancini
responsabile dell'Azienda Agricola, e Sonia responsabile dell'attività della
raccolta delle pere, per la loro capacità organizzativa e per aver creduto in
noi dandoci sostegno nei momenti più duri, a Loris instancabile e sempre
presente che ci ha assistito nella organizzazione delle varie fasi del campo, a
Gianluca che ci ha accolto e messo a disposizione il “ pensatoio”
luogo aggregante e ristoratore delle fatiche quotidiane, Luca “trattorista”
instancabile, Alessandro dal grande sorriso, giovani studenti del Calvi, Leo e
Pino “insegnati lavoratori”, la Preside e il Vice che hanna avuto per tutti noi
sempre parole di sostegno, a tutto il personale del Calvi che è stato
presente sempre dandoci tutto ciò di cui avevamo bisogno.
E poi le persone che con me hanno
condiviso questo lungo periodo iniziando dai più giovani: Eric, studente
milanese adattatosi molto bene alla vita di campagna; Silvia e Giulia,
bergamasche gioiose e spensierate che hanno condiviso studio e lavoro;
Luca, diciasettenne instancabile e sempre attivo; Elena, piemontese tosta e poi
Chiara, ferrarese che spero sia riuscita a trovare ciò che cercava in questa
esperienza; Marco, varesino “privilegiato” unico con tenda e materasso maxi;
Elisa, avvocato di Foligno, unica ad aver fatto il bis di “pere”; Ilaria, futura
architetto di Torino dal grande sorriso e anch'essa infaticabile.
Ma ricordo anche Federico, Giovanni, Andrea che riproponendo tra i filari di pere le parodie
degli "arditi su marte“ ci hanno regalato ilarità e siparietti comici
esilaranti; Cecila, mite e dolce coordinatrice; Nicola, orologiaio prestato
all'agricoltura e fotografo dall'obiettivo attento nel mettere a fuoco i
particolari; Sara, lavoratrice e studente universitaria impegnata sempre a
migliorarsi; Raimondo, artista sognatore girovago sempre alla ricerca dell'anima
e della ” perfezione”; Elena, animatrice, concreta e gioviale; Francesco “Mongi”
guerriero di pace Balcanico,
Cristina dal bel sorriso parlante, e
poi lui il mitico Michele Cattani ideatore del progetto CEFA lupo
africano approdato tra i filari di Finale in una settimana di fine estate a
traguardare nuovi orrizonti e progetti.
Un grazie a Massimo Bonfatti di Mondo
in Cammino che ha cooperato a questa iniziativa e al CEFA per avermi consentito
di fare questa esperienza.Infine grazie alla mia famiglia per il sacrificio di
aver rinunciato alla mia presenza in casa e di avermi sostenuto in questa mia
scelta».
Ermilio
«Sono di ritorno da Finale Emilia e voglio condividere con voi ciò che tutti coloro che hanno partecipato al campo di
volontariato del CEFA (organizzatori, volontari, personale della scuola) sono
riusciti a creare. Un fantastica esperienza anche a livello umano.
Le fantastiche persone che lavorano all’isituto Calvi e che abbiamo potuto
conoscere più intimamente di quanto credessi, distinte da passione, calore,
umanità, simpatia e determinazione. Anche durante il terzo turno in
poco tempo la squadra è diventata una grande famiglia in cui siamo cresciuti
condividendo racconti, pasti, soddisfazioni, mentalità, sfoghi, età diverse...
Questa bella esperienza è stata certamente arricchita dai tre ragazzi detenuti
al carcere Dozza di Bologna, i quali hanno fatto parte del gruppo e della
grande famiglia senza esclusione di colpi. Partecipando, scherzando e
confidandosi con tutti come tutti hanno fatto con loro. Ero certo che sarebbe
stata un'esperienza positiva, ma viverla in prima persona è stato motivo di soddisfazione e gioia che mi spinge a volerne
essere un testimone entusiasta. Tutti ci siamo affezionati a tutti. Con grande
umanità, empatia e soprattutto spontaneità.
Grazie a tutti i volontari, grazie al CEFA Onlus e all'Istituto Calvi di Finale
Emilia!».
«Una piccola avventura,
questo è stato per me il breve periodo passato a Finale. Una piccola avventura
che il CEFA e l’Istituto Calvi mi hanno permesso di intraprendere, e che mi son
disegnato addosso cosi come piaceva a me. L’arrivo in treno e bicicletta,
lento, in mezzo alla pianura, le campagne bruciate dal sole, le case, le strade
e i capannoni scossi dal terremoto. La musica nelle orecchie e la strada di
fronte: lentamente avvicinarsi a queste terre e rivolgere il proprio pensiero a
quel che è successo, immaginandosi in questi pochi giorni in un contesto
turbato, circondato da persone nuove. Da queste ultime, volontari e non, ho
ricevuto un’immensità di sorrisi, di impressioni, di dubbi e di speranze.
Abbiamo lavorato insieme ma più di tutto abbiamo vissuto insieme. Ognuno ha
messo fra il frutteto e il gazebo le proprie peculiarità, le proprie storie (talvolta
felici, talvolta meno, altre ancora normali), le proprie capacità, la propria piccola
dose di pazzia, e tutto questo ha creato un ambiente arricchente. Aver
incrociato la mia traiettoria con quelle di Ermilio, Sonia, Loris, Elena,
Silvia, Michele, Cristina, Luca, Pino, Leo, Rognoni, Hussain, Hambi e Abdelmijd
è stato un immenso piacere. Tutto questo non sarebbe successo senza la volontà di spendere qualche giorno della propria estate su questo progetto
ma credo che, tirate le somme, chi ne ha guadagnato di più siamo tutti noi, in
quanto persone. Siamo più grandi e più ricchi, in ognuno di noi c’è un pezzo
dell’altro, un panorama diverso da quello che viviamo normalmente, una
consapevolezza diversa».