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venerdì 11 ottobre 2024
 
 

Tutti sul pero per salvare la scuola

11/09/2012  È quello che è successo all'Istituto Calvi di Finale Emilia, seriamente danneggiato dal terremoto: il Cefa ha dato il suo contributo organizzando campi di lavoro.

«Solitamente ci occupiamo di raccolte fondi per progetti da realizzare in Africa ma il terremoto dell'Emilia ci ha colpito troppo da vicino per fare finta di niente: d'altronde la nostra sede è a Bologna». Giovanni Beccari, di Cefa onlus, spiega così l'impegno assunto dall'associazione che si è resa protagonista di un'iniziativa semplice, incisiva, efficace, nata da un incontro con gli studenti e i professori dell'Istituto agrario Calvi di Finale Emilia, che opera tra i Comuni più colpiti dal sisma come Mirandola e Crevalcore. «Dopo un confronto sincero ci è sembrato doveroso metterci a disposizione: l'azienda agricola in cui gli oltre mille studenti della scuola fanno una sorta di tirocinio pratico è stata fortemente danneggiata dalle scosse del terremoto. Edifici, attrezzature, materiali, molto è stato distrutto e ora che la scuola è ricominciata è ancora inutilizzabile».

In particolare, il professor Vancini, ha posto l'attenzione sulla questione estiva: in questo periodo, infatti, con gli alunni a casa per le vacanze, l'azienda è solita offrire lavoro temporaneo a personale esterno disposto alla raccolta delle pere. Solitamente ma non quest'anno: oltre alla crisi, infatti, ci si è messo di mezzo il terremoto. E i 20mila euro necessari non ci sono perché le priorità sono improvvisamente cambiate.

«La nostra proposta, a quel punto, è stata quasi naturale: perché non organizzare dei campi di lavoro "agricolo" cercando volontari in giro per l'Italia per consentire di risparmiare quella cifra da destinare eventualmente altrove?»: nella confusione post-sisma, con molti membri del personale stesso della scuola che si sono ritrovati dall'oggi al domani senza un tetto sotto cui vivere, non sono mancate alcune difficoltà nel far partire il progetto. Sarebbe stato strano il contrario. Ma c'è dell'altro. Un ulteriore valore aggiunto.

Il Cefal, il Consorzio europeoper la formazione e l'addestramento dei lavoratori, da non confondere con il Cefa, ha aggiunto un tassello prezioso all'iniziativa proponendo di sfruttare l'occasione dei campi di lavoro per dare una chance formativa a tre detenuti del carcere bolognese della Dozza. E così, ai volontari provenienti da tutta Italia che si sono alternati, si sono aggiunti due ragazzi marocchini e un pakistano che grazie a un permesso speciale hanno potuto dare il loro contributo facendo sicuramente un'esperienza lavorativa e umana utilissima in vista di un loro reinserimento in società.

«I riscontri sono stati molto positivi: intanto per l'affluenza e la partecipazione di giovani e giovanissimi, esempi ben lontani da quelli che si distruggono la vita tra alcol e droga nelle discoteche più estreme d'Italia e d'Europa. Qui i volontari hanno toccato con mano la sofferenza che un terremoto può portare e sono stati capaci, ciascuno, di tirare fuori il meglio da sé e dagli altri»: Michele Cattani, di Cefa, che ha seguito da vicino il progetto ci ha riferito di aver assistito alla nascita di rapporti umani solidissimi, formati vivendo in tenda nel cortile della scuola con tutti i disagi del caso.

Dal primo agosto al 13 settembre si sono avvicendati 24 volontari, alcuni dei quali, folgorati dall'esperienza, hanno chiesto di poter fare un doppio turno. «Certo ci piacerebbe ripetere l'iniziativa anche il prossimo anno quando il terremoto sarà più lontano e l'onda emotiva che questo ha comportato meno potente: noi intanto non ci fermiamo perché la seconda fase del progetto prevede di rimettere realmente in funzione alcune attrezzature. Per questo stiamo chiedendo l'aiuto di alcuni dei nostri soci, simpatizzanti, volontari: molti pensionati ci hanno già dato la loro disponibilità e sono già al lavoro».

Di seguito pubblichiamo alcune testimonianze spontanee che i partecipanti al progetto ci hanno autorizzato a pubblicare.

«"Gran finale... Emilia": questa la prima frase che mi è venuta in mente quando ho dovuto salutare il cartello di Finale Emilia. Il terremoto c’è (e una scossa c’è stata pure durante il nostro turno...ammetto, non l’ho sentita)! Lo si capisce da alc une case (anche se da fuori non sembra, molte altre sono inagibili), lo si capisce dalle tende e dai campi che, sì stanno diminuendo e stanno per essere accorpati ma ci sono ancora, e soprattutto, lo si capisce dagli occhi delle persone che ti raccontano quello che hanno vissuto. Sono occhi lucidi, che evitano certe volte gli sguardi ma sono anche occhi che rivelano una determinazione nel profondo: si vuole voltare pagina e ricominciare.

Non si capisce perché delle persone, come noi, ad agosto decidano di impiegare il tempo per raccogliere delle pere....quando ci fanno questa domanda, sorridiamo anche noi all’idea di poter stare al mare, in montagna o da qualche altra parte del mondo purché non sia l’afosa pianura emiliana. Il telegiornale aveva preannunciato per il nostro turno di lavoro afa e caldo ai limiti della sopportazione: il caldo c’è stato ma ci sono stati anche il sorriso e le battute di chi lavorava insieme a noi e ci dirigeva nel lavoro così come la frescura minima dei ghiaccioli portati durante il pomeriggio da Gianluca o Simone che spuntavano in bicicletta dal fondo dei filari al ritmo di “Ma dove vai bellezza in bicicletta?”. Il gruppo è eterogeneo: le storie di vita che lo compongono sono varie e provengono da diverse regioni di Italia.

Si respira però aria di condivisione e voglia di entrare, anche solo per una settimana, nel tessuto di Finale Emilia. Passeggiando per il centro colpisce il silenzio e i cartelli “Vai adagio, la terra trema” ma si va al di là del disastro e delle impalcature quando si intravedono anche i tanti cartelli di attività commerciali che affermano un semplice ed efficace “siamo aperti”. Si guarda avanti a Finale Emilia, con qualche preoccupazione riguardante il riuscire a tornare in casa o il semplice “quando comincerà la scuola da queste parti?” ma, allo stesso tempo, viene fuori quel semplice spirito emiliano a cui magari alcuni di noi sono abituati ma che rivela un’incredibile messaggio di rinascita: “Emilia tin bota!”. Grazie a Ermilio, Eric, Ilaria, Andrea, Marco, Elisa, Giovanni, Chiara, Federico ma soprattutto grazie a Sonia, Loris, Leo, Gianluca, Simone, prof. Vancini, Alessandro e un caro saluto a tutto il personale dell’Istituto “I. Calvi” (specialmente le tre “donzelle” del personale ATA operative durante il nostro turno). Un grazie anche a Piero e all’associazione PaceAdesso - PeaceNow che ha sostenuto la partecipazione a questo campo come parte integrante del servizio civile quale servizio per gli altri e come crescita personale e professionale. Grazie a Cefa Onlus!»


Cecilia

«Pensavo di condividere esclusivamente una tenda, dei pasti veloci, bagni e doccia con ragazzi e ragazze di cui ricordarsi a fatica il nome ... Invece abbiamo vissuto dei giorni indimenticabili, semplici e veri come la terra che ci accolti. Abbiamo sudato sotto un sole senza pietà, zappato e respirato polvere perchè il seme della solidarietà porti i suoi frutti ... la terra si attaccava alla nostra pelle come giorno dopo giorno noi sentivamo di attaccarci alla sorte degli uomini e delle donne che abbiamo conosciuto.

Tra i filari abbiamo scoperto la meraviglia della natura e dei cicli naturali (anche se un dubbio ancora rimane... le zanzare a cosa servono). Pera dopo pera abbiamo imparato ad ammirare una comunità che si rimbocca le maniche per rialzarsi, con un gran sorriso sulle labbra e una gran generosità nel cuore. Rimarrete per sempre nel mio cuore come esempio di tenacia, giovialità e bontà abitanti di Finale Emilia, penserò spessissimo alla forza d'animo e solarità di tutto il personale dell'Istituto Calvi e non dimenticherò mai gli Amici incontrati che con me hanno condiviso questa avventura e le risate, le confessioni, le riflessioni dei giorni che rimarranno il segno indelebile di questa estate 2012... »


Elisa

«Sono rientrato per un paio di giorni dal campo di Finale presso l'istituto Calvi vi invio questo breve commento per un primo bilancio di questi giorni che giudico estremamente positivi sia per il lavoro svolto che per i rapporti umani instauratisi con i volontari, con il personale dell'Istituto e con la gente del luogo. Siamo riusciti a dare alla nostra presenza un significato che credo vada oltre il lavoro svolto in questi giorni con il gruppo che ha partecipato al campo, in quanto pur provenendo da varie Regioni, da esperienze diverse, con diverse motivazioni, con età dei partecipanti dagli 18 ai 56 anni, tutti insieme abbiamo saputo fondere queste diversità in un unico grande impegno fatto di organizzazione e di spirito di squadra: è così che abbiamo contribuito alla riuscita del progetto, come ci è stato riconosciuto sia dai docenti e dal personale dell'Istituto Calvi sia dai rappresentanti della Amministrazione Comunale che abbiamo incontrato.

Il nostro lavoro si è svolto nei primi giorni nella attività di campagna con la legatura delle vite dell'impianto sperimentale, con la zappatura delle erbe infestanti del meleto fino allo smontaggio di alcune serre per far posto ai prefabbricati delle aule che sostituiranno provvisoriamente quelle danneggiate dal sisma. Infine abbiamo iniziato la raccolta delle pere. Nel fine settimana il gruppo ha potuto visitare alcuni paesi danneggiati dal terremoto rendendosi conto della vastità dei danni riportati alle strutture pubbliche, alle aree industriali, ai centri storici, alle abitazioni. Una cosa ci ha colpito ed è il silenzio nei centri storici deserti, quei luoghi che rappresentavano il centro motore della vita quotidiana, che scandiva i ritmi, che rappresentavano la storia e la tradizione della gente del luogo, dove si svolgeva la vita amministrativa, sono in molti casi transennati con il divieto assoluto di risiedervi, con le attività commerciali spostate in altri luoghi dentro prefabbricati.

Ma la vita continua
, lo si vede dai molti cartelli delle attività economiche appesi alle recinzioni che delimitano i centri storici, un chiaro segnale della volontà di andare avanti e di superare questo momento. La gente di Finale che abita nelle vicinanze dell'Istituto, dopo qualche giorno, vedendoci transitare lungo la via che porta al campo della Protezione Civile, ci ha chiesto chi fossimo e cosa facessimo: così abbiamo iniziato a scambiarci rapide considerazioni sulla situazione che stavano vivendo e ci ringraziavano per il nostro impegno. Ora da mercoledì si riprenderà con un altro gruppo, sono convinto che anche questi volontari sapranno distinguersi per impegno è volontà. Un saluto a tutti voi e a presto».


Ermilio

«Siamo giunti alla fase finale del progetto, quella parte che di solito è riservata ai bilanci delle attività, ai ringraziamenti e alle valutazioni su eventuali nuovi progetti per l'anno futuro. Anche questa settimana è trascorsa non senza emozioni e fatica, elementi questi che hanno contradistinto tutto il periodo che i volontari hanno trascorso a Finale. Emozione è quando trascorri giornate di lavoro accanto a detenuti in regime di semi libertà che faticano con te, condividono con te il pranzo e tu hai l'occasione di ascoltare le loro storie di immigrati, di carcerati. Racconti emotivamente forti, che non leggi sui giornali e spiegano come poche “ore d'aria” diano speranza e gioia di vivere, voglia di riprendersi il tempo perduto.

Capisci come l'integrazione sia una parola facile da scrivere e leggere ma difficile da praticare anche da chi la professa come metodo di civiltà. Forse questa difficoltà non sta solo da una parte, come diceva Hambi con parole semplici e guardandomi fisso negli occhi: anche da parte nostra dobbiamo fare uno sforzo maggiore. Con Hussain, Hambi, Abdelmijd abbiamo condiviso queste giornate, il loro e il nostro cibo, abbiamo intrecciato le nostre storie, le speranze comuni verso una società civile, tollerante e multietnica. Mi rendo conto, senza scivolare nella retorica, che tanti piccoli episodi come questi, intrecciandosi e moltiplicandosi, possono diventare patrimonio di tutti: sono semi che daranno un giorno un grande frutto che si chiama integrazione. Oggi come ieri, mentre facevo il viaggio di ritorno, provo una forte emozione a ricordare quei momenti, le lunghe giornate trascorse al Calvi, le persone che si sono alternate nelle settimane nei lavori della campagna calda e polverosa, i volti di ragazzi e ragazze che rinunciando a svago e relax hanno preferito dedicare parte di loro a questa gente e a questa terra, sicuramente un piccolo sacrificio ma vissuto con grande impegno, capacità e professionalità. Voglio ringraziare il Prof. Vancini responsabile dell'Azienda Agricola, e Sonia responsabile dell'attività della raccolta delle pere, per la loro capacità organizzativa e per aver creduto in noi dandoci sostegno nei momenti più duri, a Loris instancabile e sempre presente che ci ha assistito nella organizzazione delle varie fasi del campo, a Gianluca che ci ha accolto e messo a disposizione  il “ pensatoio” luogo aggregante e ristoratore delle fatiche quotidiane, Luca “trattorista” instancabile, Alessandro dal grande sorriso, giovani studenti del Calvi, Leo e Pino “insegnati lavoratori”, la Preside e il Vice che hanna avuto per tutti noi sempre parole di sostegno, a tutto il personale del Calvi che è stato presente  sempre dandoci tutto ciò di cui avevamo bisogno.

E poi le persone che con me hanno condiviso questo lungo periodo iniziando dai più giovani:  Eric, studente milanese adattatosi molto bene alla vita di campagna; Silvia e Giulia, bergamasche gioiose e spensierate che hanno condiviso studio  e lavoro; Luca, diciasettenne instancabile e sempre attivo; Elena, piemontese tosta e poi Chiara, ferrarese che spero sia riuscita a trovare ciò che cercava in questa esperienza; Marco, varesino “privilegiato” unico con tenda e materasso maxi; Elisa, avvocato di Foligno, unica ad aver fatto il bis di “pere”; Ilaria, futura architetto di Torino dal grande sorriso e anch'essa infaticabile.

Ma ricordo anche Federico, Giovanni, Andrea che riproponendo tra i filari di pere le parodie degli "arditi su marte“ ci hanno regalato ilarità e siparietti comici esilaranti; Cecila, mite e dolce coordinatrice; Nicola, orologiaio prestato all'agricoltura e fotografo dall'obiettivo attento nel mettere a fuoco i particolari; Sara, lavoratrice e studente universitaria impegnata sempre a migliorarsi; Raimondo, artista sognatore girovago sempre alla ricerca dell'anima e della ” perfezione”; Elena, animatrice, concreta e gioviale; Francesco “Mongi” guerriero di pace Balcanico, Cristina dal bel sorriso parlante, e poi lui il mitico Michele Cattani ideatore del progetto CEFA lupo africano approdato tra i filari di Finale in una settimana di fine estate a traguardare nuovi orrizonti e progetti. Un grazie a Massimo Bonfatti di Mondo in Cammino che ha cooperato a questa iniziativa e al CEFA per avermi consentito di fare questa esperienza.Infine grazie alla mia famiglia per il sacrificio di aver rinunciato alla mia presenza in casa e di avermi sostenuto in questa mia scelta».


Ermilio

«Sono di ritorno da Finale Emilia e voglio condividere con voi ciò che tutti coloro che hanno partecipato al campo di volontariato del CEFA (organizzatori, volontari, personale della scuola) sono riusciti a creare. Un fantastica esperienza anche a livello umano. Le fantastiche persone che lavorano all’isituto Calvi e che abbiamo potuto conoscere più intimamente di quanto credessi, distinte da passione, calore, umanità, simpatia e determinazione. Anche durante il terzo turno in poco tempo la squadra è diventata una grande famiglia in cui siamo cresciuti condividendo racconti, pasti, soddisfazioni, mentalità, sfoghi, età diverse...

Questa bella esperienza è stata certamente arricchita dai tre ragazzi detenuti al carcere Dozza di Bologna, i quali hanno fatto parte del gruppo e della grande famiglia senza esclusione di colpi. Partecipando, scherzando e confidandosi con tutti come tutti hanno fatto con loro. Ero certo che sarebbe stata un'esperienza positiva, ma viverla in prima persona è stato motivo di soddisfazione e gioia che mi spinge a volerne essere un testimone entusiasta. Tutti ci siamo affezionati a tutti. Con grande umanità, empatia e soprattutto spontaneità. Grazie a tutti i volontari, grazie al CEFA Onlus e all'Istituto Calvi di Finale Emilia!».


Michele

«Una piccola avventura, questo è stato per me il breve periodo passato a Finale. Una piccola avventura che il CEFA e l’Istituto Calvi mi hanno permesso di intraprendere, e che mi son disegnato addosso cosi come piaceva a me. L’arrivo in treno e bicicletta, lento, in mezzo alla pianura, le campagne bruciate dal sole, le case, le strade e i capannoni scossi dal terremoto. La musica nelle orecchie e la strada di fronte: lentamente avvicinarsi a queste terre e rivolgere il proprio pensiero a quel che è successo, immaginandosi in questi pochi giorni in un contesto turbato, circondato da persone nuove. Da queste ultime, volontari e non, ho ricevuto un’immensità di sorrisi, di impressioni, di dubbi e di speranze.

Abbiamo lavorato insieme ma più di tutto abbiamo vissuto insieme. Ognuno ha messo fra il frutteto e il gazebo le proprie peculiarità, le proprie storie (talvolta felici, talvolta meno, altre ancora normali), le proprie capacità, la propria piccola dose di pazzia, e tutto questo ha creato un ambiente arricchente. Aver incrociato la mia traiettoria con quelle di Ermilio, Sonia, Loris, Elena, Silvia, Michele, Cristina, Luca, Pino, Leo, Rognoni, Hussain, Hambi e Abdelmijd è stato un immenso piacere. Tutto questo non sarebbe successo senza la volontà di spendere qualche giorno della propria estate su questo progetto ma credo che, tirate le somme, chi ne ha guadagnato di più siamo tutti noi, in quanto persone. Siamo più grandi e più ricchi, in ognuno di noi c’è un pezzo dell’altro, un panorama diverso da quello che viviamo normalmente, una consapevolezza diversa».


Francesco

 
 
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