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mercoledì 19 marzo 2025
 
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Salvini, Di Maio e Conte, ora tutti gridano al tradimento

09/08/2019  Ma in autunno pagheremo il conto (salatissimo) di una campagna elettorale permanente. Deficit, debito, contenzioso con la Commissione europea, crescita zero, mercati internazionali, spread, contratti, rivolte sociali. La tempesta perfetta. E forse allora l'Italia si sveglierà scoprendo che il nostro problema non erano i barconi dei migranti

Ora tutti e tre gridano al tradimento. Lo ha fatto parlando in diretta tv agli italiani il premier Giusepe Conte.  Lo ha rimarcato il capo dei Cinque Stelle Di Maio. Ma persino il mattatore di quest’estate politica, Matteo Salvini, ha parlato di “ribaltone” tra grillini e partito democratico per una eventuale alternativa all’attuale maggioranza di governo.

Fatto sta che l’esecutivo non c’è più. La Lega ha presentato in Senato una mozione di sfiducia che verrà votata la settimana prossima, con i senatori richiamati in servizio in fretta e furia.

 “Ogni giorno che passa è un giorno perso” dice il ministro degli Interni.

In realtà Matteo Salvini ha aperto una crisi di governo inevitabile da tempo. Non è certo una sorpresa. Stando ai sondaggi, la Lega, vincitrice alle europee di maggio, oscilla intorno al 40 per cento dei consensi, mentre i Cinque Stelle, gli ex alleati ormai allo sbando, sono scesi al 15. Esattamente il contrario della composizione dei seggi in Parlamento. Il leader della Lega vuole passare all’incasso, come gli chiedevano da settimane i suoi colonnelli. Del resto i motivi per rompere con gli alleati non mancavano: decreto sicurezza, riforma della giustizia, Tav, ormai non c’era provvedimento su cui i due pilastri dell’Esecutivo non fossero discordi. Se si andasse al voto ora, a Salvini basterebbe allearsi con Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia, per conquistare la maggioranza e diventare premier. Per questo Salvini dopo le europee ha girato in lungo e in largo l’Italia per continuare la sua campagna elettorale permanente. Comizi, adunate, cortei, feste della Lega, ritiri, spiagge, discoteche. Lo si è visto dappertutto, anche nel cyberspazio, tranne che al Viminale, retto dal vero ministro degli Interni, il capo della polizia Franco Gabrielli.

 

La forza di Salvini è anche la debolezza dei suoi oppositori: oltre ai Cinque Stelle, completamente smarriti e in preda a mal di pancia quotidiani, Forza Italia è in preda a forti convulsioni tra la linea moderata, espressa dalla cerchia più vicina al Cavaliere e quella radicale, rappresentata dal fuoriuscito governatore ligure Toti ma anche dai suoi giornali e dalle sue tv. Quanto al Pd di Zingaretti, al solito, è lacerato tra renziani e antirenziani.
E ora? Ora ci aspetta un governo “balneare”, o di “garanzia” o ad “interim”, gestita dal capo dello Stato Sergio Mattarella, unico faro rimasto nell’ennesima notte della nostra Repubblica. Comunque lo si chiami, questo esecutivo, non avrà lunga vita, servirà al disbrigo degli affari correnti.  Il problema è che tutto si svolgerà in settembre, quando avremmo bisogno di tutto tranne che di una campagna elettorale in cui, come è noto, nuove promesse si aggiungeranno a quelle vecchie,  sempre più impossibili da mantenere.

Da un punto di vista economico infatti l’Italia è ferma, il Pil è a zero (che significa minor gettito fiscale generato dalla produzione). La manovra economica, difficilissima, deve trovare le risorse per disinnescare un autentico disastro sui consumi: l’aumento dell’Iva (23 miliardi di euro).  La maggior parte dei cantieri è ferma per i no dei Cinque Stelle (ma ci sono stati numerosi veti anche da parte della Lega su altre questioni). Lo spread incombe e potrebbe portare il Paese al disastro del novembre 2011, quando dovemmo cambiare governo in fretta e furia e spillare sangue dai pensionati per evitare la bancarotta economica con un governo “tecnico” sotto l’egida dell’allora presidente Giorgio Napolitano. Inoltre i nostri conti pubblici sono sotto osservazione dall’Unione europea, che ha rinunciato ad avviare una salatissima procedura di infrazione ma non a imporci il rispetto dei vincoli economici del trattato di Maastricht. Nonostante l’avanzata dei sovranismi alle ultime europee, le forze europeiste sono ancora tutte lì, espresse nella nuova commissione presiedute dalla tedesca Ursula Von der Leyen, a chiederci il conto del nostro sforamento sul deficit. Insomma, la tempesta perfetta. Quando gli italiani scopriranno che il problema del Paese non erano i barconi che arrivano dalla Libia, ma il lavoro e la politica fiscale, a cominciare dalla famiglia, probabilmente sarà troppo tardi.

 

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