Futura. Questo il nome scelto
per la missione di Samantha
Cristoforetti, la prima astronauta
donna italiana, che partirà il
prossimo novembre a bordo di
una navicella russa Soyuz per
trascorrere sei mesi a bordo della
Stazione spaziale internazionale.
Una parola, Futura, che è il titolo
di una fra le più suggestive canzoni di
Lucio Dalla. E sembra dire che il futuro
è (anche) femminile.
Nata a Milano, ma cresciuta a Malè
Val di Sole, in Trentino, Samantha Cristoforetti,
36 anni, è capitano pilota dell’Aeronautica
militare. Pilota per caso, verrebbe
da dire, dal momento che la decisione
di volare sui caccia l’ha presa non
da ragazza, ma dopo una prestigiosa laurea
in Ingegneria conseguita in Germania,
all’Università Tecnica di Monaco di
Baviera. «L’Aeronautica», racconta, «aveva
aperto le porte alle donne e mi è sembrata
una buona opportunità».
Quello di fare l’astronauta, invece,
era un sogno che Samantha (capitano
Sam o Samy per gli amici) aveva già da
bambina. E quando l’Agenzia spaziale europea
ha lanciato un bando per selezionare
sei astronauti, si è fatta avanti. Insieme
a ben 8.500 aspiranti, tutti con un
solido curriculum come ricercatori o piloti.
Dopo una durissima selezione è stata
scelta nell’aprile del 2009. Con lei un altro
italiano: Luca Parmitano, appena tornato
dallo spazio nelle scorse settimane.
Samantha è riuscita a sbaragliare la
concorrenza non solo grazie alla carriera
di pilota militare, ma anche alle lingue
conosciute (oltre all’italiano, l’inglese, il
tedesco, il francese e il russo) e a un prestigioso
percorso internazionale di studi.
Che comprende, tra l’altro, un master a
Mosca e un diploma presso la Scuola nazionale
di aeronautica e dello spazio a Tolosa,
in Francia, centro d’eccellenza per
la formazione dei piloti collaudatori.
Sulla Soyuz il capitano Cristoforetti
sarà l’ingegnere di bordo e dovrà, in caso
di avaria, guidare la capsula nella delicata
fase del ritorno sulla Terra. «Il lancio e
il rientro», spiega, «sono automatici, ma
mi addestro per intervenire nel caso di
una avaria in modo da portare giù la navicella
con i comandi manuali. La Soyuz è
molto affidabile e ha una serie di modalità
di backup. Come estrema risorsa ci si
può affidare al rientro non controllato,
quello che chiamiamo rientro balistico».
In questo caso (è già accaduto) i cosmonauti
sono sottoposti a una decelerazione
molto violenta: anche più di 9 g,
anziché il massimo di 4,5 g che si raggiunge
normalmente: “9 g” vuol dire nove volte
l’accelerazione di gravità sulla Terra;
in questi casi un uomo di 80 chili arriva a
pesarne 720, una donna di 55 chili quasi
500.
E Samantha, come tutti gli aspiranti
viaggiatori spaziali, ha dovuto sottoporsi
a questa tortura nella grande centrifuga
del Centro addestramento cosmonauti
Yuri Gagarin, vicino a Mosca.
Nei sei mesi sulla Stazione internazionale,
l’astronauta dividerà il suo tempo
tra decine di esperimenti scientifici e la
manutenzione dei complessi sistemi che
permettono di vivere e lavorare nello
spazio.
Per lei non sono previste, come
per Luca Parmitano, delle attività extraveicolari.
Tuttavia, non si sa che cosa potrebbe
accadere.
E in caso di necessità – per esempio
una riparazione – Samantha sarebbe costretta
a indossare la tuta e uscire per
una passeggiata spaziale. Compito difficile
e pericoloso, al quale è stata addestrata
con lunghi allenamenti nella grande
piscina della Nasa a Houston.
Nel poco tempo libero a disposizione
durante la missione, l’astronauta azzurra
leggerà, ascolterà un po’ di musica
e, come i colleghi che l’hanno preceduta,
scatterà migliaia di fotografie al
nostro pianeta. «La Terra vista dallo spazio
», dice, «è affascinante e sull’International
Space Station abbiamo un’ottima
attrezzatura».
Prima donna italiana tra le stelle, Samantha
Cristoforetti ha una dote rara: la
riservatezza. Non ama la celebrità e non
si mette in mostra. Come tutte le persone
che non hanno bisogno di dimostrare
il loro valore. Non resta a questo punto
che porgerle il nostro augurio: buon volo,
capitano Sam.