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giovedì 03 ottobre 2024
 
 

Samantha Cristoforetti: "Buon volo capitano Sam"

03/01/2014  Il 2014 è anche l’anno della prima donna italiana a salire sulla Stazione spaziale internazionale.

Futura. Questo il nome scelto per la missione di Samantha Cristoforetti, la prima astronauta donna italiana, che partirà il prossimo novembre a bordo di una navicella russa Soyuz per trascorrere sei mesi a bordo della Stazione spaziale internazionale.
Una parola, Futura, che è il titolo di una fra le più suggestive canzoni di Lucio Dalla. E sembra dire che il futuro è (anche) femminile. Nata a Milano, ma cresciuta a Malè Val di Sole, in Trentino, Samantha Cristoforetti, 36 anni, è capitano pilota dell’Aeronautica militare. Pilota per caso, verrebbe da dire, dal momento che la decisione di volare sui caccia l’ha presa non da ragazza, ma dopo una prestigiosa laurea in Ingegneria conseguita in Germania, all’Università Tecnica di Monaco di Baviera. «L’Aeronautica», racconta, «aveva aperto le porte alle donne e mi è sembrata una buona opportunità».

Quello di fare l’astronauta, invece, era un sogno che Samantha (capitano Sam o Samy per gli amici) aveva già da bambina. E quando l’Agenzia spaziale europea ha lanciato un bando per selezionare sei astronauti, si è fatta avanti. Insieme a ben 8.500 aspiranti, tutti con un solido curriculum come ricercatori o piloti.
Dopo una durissima selezione è stata scelta nell’aprile del 2009. Con lei un altro italiano: Luca Parmitano, appena tornato dallo spazio nelle scorse settimane. Samantha è riuscita a sbaragliare la concorrenza non solo grazie alla carriera di pilota militare, ma anche alle lingue conosciute (oltre all’italiano, l’inglese, il tedesco, il francese e il russo) e a un prestigioso percorso internazionale di studi. Che comprende, tra l’altro, un master a Mosca e un diploma presso la Scuola nazionale di aeronautica e dello spazio a Tolosa, in Francia, centro d’eccellenza per la formazione dei piloti collaudatori.

Sulla Soyuz il capitano Cristoforetti sarà l’ingegnere di bordo e dovrà, in caso di avaria, guidare la capsula nella delicata fase del ritorno sulla Terra. «Il lancio e il rientro», spiega, «sono automatici, ma mi addestro per intervenire nel caso di una avaria in modo da portare giù la navicella con i comandi manuali. La Soyuz è molto affidabile e ha una serie di modalità di backup. Come estrema risorsa ci si può affidare al rientro non controllato, quello che chiamiamo rientro balistico».

In questo caso (è già accaduto) i cosmonauti sono sottoposti a una decelerazione molto violenta: anche più di 9 g, anziché il massimo di 4,5 g che si raggiunge normalmente: “9 g” vuol dire nove volte l’accelerazione di gravità sulla Terra; in questi casi un uomo di 80 chili arriva a pesarne 720, una donna di 55 chili quasi 500.
E Samantha, come tutti gli aspiranti viaggiatori spaziali, ha dovuto sottoporsi a questa tortura nella grande centrifuga del Centro addestramento cosmonauti Yuri Gagarin, vicino a Mosca. Nei sei mesi sulla Stazione internazionale, l’astronauta dividerà il suo tempo tra decine di esperimenti scientifici e la manutenzione dei complessi sistemi che permettono di vivere e lavorare nello spazio.

Per lei non sono previste, come per Luca Parmitano, delle attività extraveicolari. Tuttavia, non si sa che cosa potrebbe accadere. E in caso di necessità – per esempio una riparazione – Samantha sarebbe costretta a indossare la tuta e uscire per una passeggiata spaziale. Compito difficile e pericoloso, al quale è stata addestrata con lunghi allenamenti nella grande piscina della Nasa a Houston. Nel poco tempo libero a disposizione durante la missione, l’astronauta azzurra leggerà, ascolterà un po’ di musica e, come i colleghi che l’hanno preceduta, scatterà migliaia di fotografie al nostro pianeta. «La Terra vista dallo spazio », dice, «è affascinante e sull’International Space Station abbiamo un’ottima attrezzatura». Prima donna italiana tra le stelle, Samantha Cristoforetti ha una dote rara: la riservatezza. Non ama la celebrità e non si mette in mostra. Come tutte le persone che non hanno bisogno di dimostrare il loro valore. Non resta a questo punto che porgerle il nostro augurio: buon volo, capitano Sam.

 
 
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