Prima donna astronauta italiana, Samantha Cristoforetti non ama la celebrità. Così non deve esserle pesato, pochi giorni dopo l'annuncio della sua missione spaziale, sottrarsi ai riflettori dei media per riprendere l'addestramento in vista del volo. Una maratona che terminerà soltanto alla fine del 2014, quando Samantha, a bordo di una navicella russa Soyuz, partirà per la Stazione Spaziale Internazionale. Vi trascorrerà sei mesi, studiando la Terra e compiendo vari esperimenti nel campo della fisica e della medicina.
«L'agenda è fitta. Oggi sono qui a Colonia, al centro astronauti dell'Agenzia Spaziale Europea, ma il grosso dell'addestramento è a Houston, nel Texas, presso la Nasa, e nella “Città delle stelle”, vicino a Mosca. Insomma, vivo con la valigia in mano». Pilota dell'Aeronautica con il grado di capitano, 35 anni, Samantha ha un curriculum scolastico prestigioso e 500 ore di volo su velivoli militari, dagli AerMacchi MB-339 ai T-38 dell'Usaf, sino agli Amx del 51° Stormo di base a Istrana, vicino a Treviso. Nel 2009 l'Agenzia Spaziale Europea l'ha scelta come astronauta fra migliaia di candidati. Insieme con lei, cinque trentenni, fra i quali un altro italiano: il capitano Luca Parmitano, pilota collaudatore, che la precederà nello spazio il prossimo anno.
«Sin da piccola sognavo di fare l’astronauta - racconta Samantha Cristoforetti - ma l’idea di diventare pilota militare mi è venuta molto più tardi, mentre ero all’università, a Monaco di Baviera. L’Aeronautica aveva aperto le porte alle ragazze e mi era sembrata un’eccellente opportunità professionale». Un anno di studio negli Stati Uniti mentre era al liceo, poi, prima di entrare all’Accademia di Pozzuoli, l'Università Tecnica di Monaco di Baviera e, quindi, la Scuola Nazionale di Aeronautica e dello Spazio di Tolosa e l'Università Mendeleev a Mosca. Infine, da pilota militare, l’addestramento alla Sheppard Air Force Base in Texas.
Questa formazione internazionale l’ha aiutata ad essere scelta come astronauta?
«Credo che un curriculum ricco di esperienze in paesi diversi faccia sempre una buona impressione. Soprattutto quando si tratta di lavorare in un ambito come questo. La Stazione Spaziale è un programma al quale partecipano americani, russi, europei, canadesi, giapponesi. A bordo si parla inglese e russo».
Già, le lingue: lei conosce l’inglese, il francese, il tedesco e il russo. È vero che adesso si è messa a studiare anche il cinese?
«Sì, ma ho appena incominciato ed è solo un hobby».
Come si sta addestrando alla sua missione?
«A bordo della Soyuz sarò l’ingegnere di bordo. Devo imparare a conoscere ogni segreto della navicella russa per poterla riportare a Terra anche in caso di avaria ai sistemi di guida. Il lancio e il rientro sono completamente automatici, per cui ci si addestra per quello che si spera non debba mai accadere, cioè qualche avaria. Il rientro nell’atmosfera normalmente è automatico, ma in caso di guasto al sistema di guida si può intervenire pilotando la discesa manualmente. Come estrema risorsa ci si può affidare al rientro balistico non controllato: la decelerazione è violenta, ma si torna a terra interi. Nella sua lunga carriera la Soyuz ha dimostrato un’affidabilità eccezionale».
L'anno scorso la Nasa ha ritirato dal servizio lo Space Shuttle: che difficoltà ha creato alla Stazione Spaziale?
«Per fare da taxi agli astronauti la Soyuz va benissimo e per recapitare i rifornimenti alla Stazione ci sono i veicoli automatici come l’europeo Atv o il Progress russo. Con l’uscita di scena dello Shuttle era venuta a mancare la possibilità di riportare materiali, esperimenti e grossi carichi giù sulla Terra, ma presto avremo una nuova generazione di veicoli spaziali capaci di andare in orbita e di tornare indietro trasportando grossi carichi e anche astronauti. Navicelle come quella della SpaceX, impiegata per la prima volta con successo poche settimane fa, e le altre in fase avanzata di sviluppo».
Parliamo del suo soggiorno sul laboratorio orbitale. A che cosa si sta addestrando?
«I compiti scientifici non sono ancora definiti e la relativa preparazione inizierà più o meno un anno prima del lancio. In questa fase l’addestramento è rivolto alla conoscenza di tutti gli impianti e dei complessi sistemi di bordo della Stazione Spaziale. Anche in questo caso lo scopo è quello di essere pronti ad affrontare ogni inconveniente».
Nei sei mesi in orbita dovrà compiere delle passeggiate spaziali?
«La costruzione della Stazione ormai è ultimata e sono previste attività extraveicolari, ma devo essere pronta a questa eventualità se dovesse esserci qualche guasto che richiede una riparazione dall'esterno. Perciò una parte considerevole dell’allenamento consiste in simulazioni con lo scafandro spaziale condotte sott'acqua (la spinta di galleggiamento annulla il peso, ndr), nell’enorme piscina di Houston che contiene un modello in scala 1:1 della Space Station».
Sei mesi nello spazio sono lunghi, ma pieni di cosa da fare. Il tempo libero è poco, come lo impiegherà?
«La Terra vista dallo spazio è affascinante e credo che anch’io, come altri astronauti, mi divertirò a fotografarla. Oltre tutto, adesso abbiamo a disposizione un’attrezzatura di prim’ordine».
Musica, letture?
«Come letture sono onnivora e anche come musica mi piace di tutto un po’, ma niente di troppo impegnativo. Comunque, non ho ancora deciso che cosa porterò con me nello spazio. Ci penserò dopo».