Il suo nome, in tedesco, significa ardito come un orso. San Berardo fu abate, è dottore della Chiesa ed è anche patrono degli apicoltori. Terzo di sette fratelli, nacque nel 1090 da Tescelino il Sauro, vassallo di Oddone I di Borgogna,
e da Aletta, figlia di Bernardo di Montbard, anch'egli vassallo del
duca di Borgogna. Studiò solo grammatica e retorica (non tutte le sette arti liberali, dunque) nella scuola dei canonici di Nôtre Dame di Saint-Vorles, presso Châtillon-sur-Seine, dove la famiglia aveva dei possedimenti.
Ritornato nel castello paterno di Fontaines, nel 1111,
insieme ai cinque fratelli e ad altri parenti e amici, si ritirò nella
casa di Châtillon per condurvi una vita di ritiro e di preghiera finché,
l'anno seguente, con una trentina di compagni si fece monaco nel monastero cistercense di Cîteaux, fondato quindici anni prima da Roberto di Molesmes e allora retto da Stefano Harding. Nel 1115,
insieme con dodici compagni, tra i quali erano quattro fratelli, uno
zio e un cugino, si trasferì nella proprietà di un parente, nella
regione della Champagne, che aveva donato ai monaci un vasto terreno sulle rive del fiume Aube, nella diocesi di Langres perché vi fosse costruito un nuovo monastero cistercense: essi chiamarono quella valle Clairvaux, Chiaravalle.
Percorse
l’Europa per ristabilirvi la pace e l’unità e illuminò tutta la Chiesa
con i suoi scritti e le sue ardenti esortazioni. È riservato, quasi timido. Ma c’è il
carattere. Papa e Chiesa sono le sue stelle fisse, ma tanti
ecclesiastici gli vanno di traverso. È severo anche coi monaci di Cluny,
secondo lui troppo levigati, con chiese troppo adorne, «mentre il
povero ha fame».
Ai suoi cistercensi chiede meno funzioni, meno letture e tanto
lavoro. Invia per l’Europa incolta i suoi miti monaci dissodatori, apostoli
con la zappa, che mettono ordine tra terre abbondante e acqua non domate, e con esse gli
animali, cambiando con fatica e preghiera la storia europea. E lui, il
capo, è chiamato spesso a missioni di vertice, come quando percorre
tutta l’Europa per farvi riconoscere il papa Innocenzo II (Gregorio
Papareschi) insidiato dall’antipapa Pietro de’ Pierleoni (Anacleto II). E
lo scisma finisce, con l’aiuto del suo prestigio, del suo vigore
persuasivo, ma soprattutto della sua umiltà.
Gli scritti su Maria
Questo asceta, però, non
sempre riesce ad apprezzare chi esplora altri percorsi di fede. Bernardo
attacca duramente la dottrina trinitaria di Gilberto Porretano, vescovo
di Poitiers. E fa condannare l’insegnamento di Pietro Abelardo (docente
di teologia e logica a Parigi) che preannuncia Tommaso d’Aquino e
Bonaventura.
Nel 1145 sale al pontificato il suo discepolo Bernardo dei Paganelli
(Eugenio III), e lui gli manda un trattato buono per ogni papa, ma
adattato per lui, con l’invito a non illudersi su chi ha intorno: "Puoi
mostrarmene uno che abbia salutato la tua elezione senza aver ricevuto
denaro o senza la speranza di riceverne? E quanto più si sono professati
tuoi servitori, tanto più vogliono spadroneggiare".
Eugenio III lo
chiama poi a predicare la crociata (la seconda) in difesa del regno
cristiano di Gerusalemme. Ma l’impresa fallirà davanti a Damasco.
Bernardo arriva in una città e le strade si riempiono di gente. Ma,
tornato in monastero, rieccolo obbediente alla regola come tutti:
preghiera, digiuno, e tanto lavoro. Abbiamo di lui 331 sermoni, più 534
lettere, più i trattati famosi: su grazia e libero arbitrio, sul
battesimo, sui doveri dei vescovi... E gli scritti, affettuosi su Maria
madre di Gesù, che egli chiama mediatrice di grazie (ma non riconosce la
dottrina dell’Immacolata Concezione).
Momenti amari negli ultimi anni: difficoltà nell’Ordine, la diffusione
di eresie e la sofferenza fisica.
Muore il 20 agosto 1153 per tumore allo stomaco. È
seppellito nella chiesa del monastero, ma con la Rivoluzione francese i
resti andranno dispersi; tranne la testa, ora nella cattedrale di
Troyes.
Alessandro III lo proclama santo nel 1174. Pio VIII, nel 1830, gli dà il titolo di Dottore della Chiesa.