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venerdì 20 settembre 2024
 
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Don Mazzi: «Siate amorevoli! Ecco il suo precetto»

31/01/2016  Ha saputo coniugare fede, gioco, studio e preghiera

Don Giovanni Bosco, pochi lo conoscono nella sua ricchezza interiore. È molto più facile abbinarlo all’oratorio e finirla lì. Anzi, nemmeno all’oratorio, ma solo al gioco, al divertimento. Non è un santo facile da capire perché, 200 anni fa, ha messo insieme in modo armonico, straordinario e per molti, preti compresi, quasi impossibile, fede, preghiera, allegria, studio, lavoro ed educazione.

Mi sono messo molte volte nei suoi panni. E nella mia stupidità mi sono definito “il don Bosco del 2000”. Meno male che mi sono fermato al don, perché altri mi hanno già fatto santo o diavolo. Poi – fa un po’ ridere ma è la verità – passando per strada, la gente cammina, poi si volta indietro e bisbiglia: «Ma quello lì è…». E viene fuori di tutto: don Ciotti, don Benzi, don Gnocchi… Oppure: Domenica In, Mara Venier, Inter, televisione…

Torniamo a don Bosco e ai 200 anni dalla sua nascita. Laicità, fede, gioco, studio e lavoro sono belle cose da dire, soprattutto per noi educatori, ma dopo? Dovremmo scrivere infinità di pagine con il rischio di essere superficiali e lontani da questo prete dal carattere molto forte, con qualità che vengono esaltate in tutti i testi laici e cattolici di questo mondo, ma tradotte in “pastorale” da minoranze.

Anch’io ho parlato e scritto molto di don Bosco. È il mio santo protettore, collegato strettamente al Vangelo di Giovanni, a san Francesco, a Tonino Bello, a David M. Turoldo, alla Maddalena, a Baden Powell. Di questi tempi poi, la virtù più forte e chiara del Giovannino Bosco, cioè l’educazione, è invocata con il massimo dell’urgenza da tutte le parti: famiglia, scuola, chiesa, sport, adolescenza.

Don Bosco diceva che educare è un’arte. E le sue tre parole chiave erano: ragione, religione e amorevolezza. Mi soffermo sulla parola “amorevolezza” perché vale un vocabolario. Mette insieme: amore, dolcezza, serenità, capacità di rapporti autentici, maturi, controllati.

Da sola questa parola esige almeno un biennio parauniversitario. Ed è quello che sto tentando di fare con l’Università Cattolica, e spero con l’Università Salesiana. Fatemi sognare una specie di commemorazione, come si fa di solito nelle occasioni particolari. Mi alzerei, andrei sul pulpito o in cattedra, saluterei e direi: «Siate amorevoli! ». E poi, tutti via a fare un brindisi!

 
 
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