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giovedì 10 ottobre 2024
 
Udienza generale
 

«Tu che vieni dalle periferie ...»: la preghiera di Francesco a San Giuseppe

17/11/2021  Il Papa comincia un nuovo ciclo di catechesi nell'anno dedicato allo Sposo di Maria. E poi parla della prima Giornata di preghiera promossa dalla Cei per sensibilizzare sul tema degli abusi auspicando che «questa iniziativa possa essere occasione di riflessione, di preghiera, si sensibilizzazione» e che possa sostenere il «cammino di recupero spirituale e umano» di chi ha subito abusi.

Il Papa parla degli abusi e della prima Giornata di preghiera per le vittime promossa dalla Conferenza episcopale italiana che si celebra il 18 novembre. Auspica che «questa iniziativa possa essere occasione di riflessione, di preghiera, si sensibilizzazione» e che possa sostenere il «cammino di recupero spirituale e umano» di chi ha subito abusi. Ricorda che è un dovere «imprescindibile» degli educatori, dei parroci, dei catechisti, «proteggere e rispettare gli adolescenti e i ragazzi loro affidati».

Prima aveva cominciato un nuovo ciclo di catechesi, dopo quelle sulle Lettere dell’apostolo Paolo. Papa Francesco, nell’anno speciale dedicato allo sposo di Maria per i 150 anni dalla sua proclamazione a patrono della Chiesa, dedicherà le prossime udienze generali alla figura di Giuseppe e alla Lettera Patris Corde. «Mai come oggi», dice Francesco, «in questo tempo segnato da una crisi globale con diverse componenti, egli può esserci di sostegno, di conforto e di guida».

Una figura, quella di San Giuseppe, che ci riconduce all’essenziale e ci custodisce. E alla quale il Papa chiede di affidarci con una preghiera. «Vorrei oggi mandare un messaggio a tutti gli uomini e le donne che vivono le periferie geografiche più dimenticate del mondo o che vivono situazioni di marginalità esistenziale», dice al termine della catechesi. «Possiate trovare in San Giuseppe il testimone e il protettore a cui guardare». E recita «una preghiera fatta in casa, ma uscita dal cuore»:

«San Giuseppe,

tu che sempre ti sei fidato di Dio,

e hai fatto le tue scelte

guidato dalla sua provvidenza,

insegnaci a non contare tanto sui nostri progetti,

ma sul suo disegno d’amore.

Tu che vieni dalle periferie,

aiutaci a convertire il nostro sguardo

e a preferire ciò che il mondo scarta e mette ai margini.

Conforta chi si sente solo

e sostieni chi si impegna in silenzio

per difendere la vita e la dignità umana. Amen».

 

Le periferie, come spiegano i versi della preghiera, lo sguardo verso gli ultimi, sono i luoghi e l’atteggiamento che il padre putativo di Gesù ci insegna ad abitare e ad assumere. Il Pontefice ricorda che, nella Bibbia, «esistono più di dieci personaggi che portano il nome Giuseppe. Il più importante tra questi è il figlio di Giacobbe e di Rachele, che, attraverso varie peripezie, da schiavo diventa la seconda persona più importante in Egitto dopo il faraone. Il nome Giuseppe in ebraico significa “Dio accresca, Dio faccia crescere”. È un augurio, una benedizione fondata sulla fiducia nella provvidenza di Dio e riferita specialmente alla fecondità e alla crescita dei figli». Questo nome ci «rivela un aspetto essenziale della personalità di Giuseppe di Nazaret. Egli è un uomo pieno di fede in Dio, nella sua provvidenza, crede nella provvidenza di Dio, ha fede in Dio. Ogni sua azione narrata dal Vangelo è dettata dalla certezza che Dio “fa crescere”, “aumenta”, che Dio “aggiunge”, cioè che Dio provvede a mandare avanti il suo disegno di salvezza. E, in questo, Giuseppe di Nazaret assomiglia molto a Giuseppe d’Egitto». E poi parla di Betleme e di Nazaret, luoghi periferici rispetto a Gerusalemme. «Betlemme e Nazaret, assumono un ruolo importante nella comprensione della sua figura. Nell’Antico Testamento la città di Betlemme è chiamata con il nome Beth Lechem, cioè “Casa del pane”, o anche Efrata, a causa della tribù insediatasi in quel territorio. In arabo, invece, il nome significa “Casa della carne”, probabilmente per la grande quantità di greggi di pecore e capre presenti nella zona. Non a caso, infatti, quando nacque Gesù, i pastori furono i primi testimoni dell’evento. Alla luce della vicenda di Gesù, queste allusioni al pane e alla carne rimandano al mistero Eucaristico: Gesù è il pane vivo disceso dal cielo. Egli stesso dirà di sé: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”».

Il Papa ricorda anche che «la città di Betlemme è citata più volte nella Bibbia, fin dal Libro della Genesi». Una città «così piccola per essere tra i villaggi di Giuda», ma quella dalla quale «uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele». L’evangelista Matteo «riprenderà questa profezia e la collegherà alla storia di Gesù come alla sua evidente realizzazione».

Il Figlio di Dio sceglie proprio questa città piccola per la sua incarnazione e poi Nazaret, «due villaggi periferici, lontani dai clamori della cronaca e del potere del tempo. Eppure Gerusalemme era la città amata dal Signore, la “città santa”, scelta da Dio per abitarvi. Qui, infatti, risiedevano i dottori della Legge, gli scribi e i farisei, i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo».

Ma la scelta di Betlemme e di Nazaret «ci dice che la periferia e la marginalità sono predilette da Dio. Dio non nacque a Gerusalemme, con tutta la corte, no, nacque in una periferia e ha fatto la sua vita fino a 30 anni in quella periferia facendo il falegname come Giuseppe. Per Gesù le periferie sono predilette. Non prendere sul serio questa realtà equivale a non prendere sul serio il Vangelo e l’opera di Dio, che continua a manifestarsi nelle periferie geografiche ed esistenziali. In particolare, Gesù va a cercare i peccatori, entra nelle loro case, parla con loro, li chiama a conversione. Gesù è rimproverato per questo, dicono Gesù mangia con i peccatori, si sporca, Ma va a cercare anche quelli che il male non lo hanno fatto ma lo hanno subito: i malati, gli affamati, i poveri, gli ultimi. Va a cercare i peccatori che hanno fatto del male, ma anche quelli che hanno subito il male».

E la società di oggi non è tanto diversa da quella di allora: «Anche oggi esistono un centro e una periferia. E la Chiesa sa che è chiamata ad annunciare la buona novella a partire dalle periferie. Giuseppe, che è un falegname di Nazaret e che si fida del progetto di Dio sulla sua giovane promessa sposa e su di lui, ricorda alla Chiesa di fissare lo sguardo su ciò che il mondo ignora volutamente. Questo ci insegna Giuseppe: non guardare le cose che il mondo loda, ma gli angoli, le periferie, quello che il mondo non vuole. Egli ricorda a ciascuno di noi di dare importanza a ciò che gli altri scartano. In questo senso è davvero un maestro dell’essenziale, Giuseppe è un maestro dell’essenziale: ci ricorda che ciò che davvero vale non attira la nostra attenzione, ma esige un paziente discernimento per essere scoperto e valorizzato. Scoprire quello che vale. Chiediamo a lui di intercedere affinché tutta la Chiesa recuperi questo sguardo, questa capacità di discernere, questa capacità di valutare l’essenziale. Ripartiamo da Betlemme, ripartiamo da Nazaret».

 
 
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