Bisogna rileggere la prima omelia per capire il pontificato di Bergoglio. Poche righe, la parola “papa” pronunciata una volta sola, Pietro quattro volte e ben dodici volte San Giuseppe, il custode della Sacra Famiglia, il “padre putativo” di Gesù, definizione mandata a memoria da schiere di ragazzi al catechismo.
San Giuseppe è il modello a cui Bergoglio si è ispirato quando in questi tre anni ha ripetuto che il vero potere è il servizio. E non poteva che mettere sotto la protezione di San Giuseppe il documento finale del Sinodo dei vescovi sulla famiglia, che firmerà proprio il 19 marzo. San Giuseppe è la figura al cuore del pontificato, perché san Giuseppe non si fa tante domande, apre le braccia e accoglie, servizio umile, concreto e soprattutto ricco di fede. San Giuseppe ha “custodito” Gesù e Maria, cioè il Vangelo, esattamente come ha fatto Bergoglio in questi tre anni e come ha insegnato a fare a tutti.
Nella sua stanza a Santa Marta ha una piccola statuetta di san Giuseppe che dorme. E’ nel sonno che Dio ha detto san Giuseppe di proteggere Maria e il piccolo Gesù. E lì sotto Bergoglio mette i documenti più importanti, le lettere più drammatiche, sulle quali ha bisogno un consiglio da San Giuseppe “il custode”.