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giovedì 17 aprile 2025
 
Giustizia
 

Sangiuliano vs Saviano, la sentenza: critica sferzante ma legittima

03/05/2023  Il ministro della cultura perde la causa contro lo scrittore cui chiedeva un risarcimento per diffamazione a mezzo social network, secondo il tribunale di Roma quel "galoppino" è critica tutelata dall'articolo 21

Roberto Saviano ha vinto la causa intentata in sede civile contro di lui dall’attuale ministro della cultura Gennaro Sangiuliano che chiedeva un risarcimento danni per «diffamazione a mezzo social networķ». Oggetto del contendere due post molto critici pubblicati, su Twitter e Facebook, il 31 ottobre 2018 quando Sangiuliano era appena stato nominato direttore del Tg2. In particolare Saviano, adombrando logiche di spartizione politica attorno alla nomina, lo aveva definito «galoppino» di alcuni esponenti politici, tra loro Nicola Cosentino, in seguito condannato in via definitiva a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa (la sentenza è stata confermata in Cassazione nell’aprile 2023).

La giudice del tribunale civile di Roma secondo quanto riferisce l’Ansa ha ritenuto di respingere la richiesta di risarcimento, sostenendo che quella dello scrittore è «Una critica senz’altro sferzante, ma che comunque deve ritenersi rientrante nel diritto di libertà di manifestazione del pensiero», tutelato dall’articolo 21 della Costituzione. «Non si dispone – scrive la giudice - di alcun criterio, offerto dall'attore (colui che intenta a causa civile, in questo caso Sangiuliano, ndr), come sarebbe stato suo preciso onere, per procedere a una liquidazione, seppur equitativa, del danno lamentato, essendosi lo stesso limitato ad alludere al danno alla propria immagine e reputazione, ma che non sembra avere avuto ripercussioni nel proprio ambito professionale e sociale tenuto conto del fatto che all'epoca della pubblicazione dei post era direttore del Tg2, mentre nell'attuale Governo è stato nominato ministro della Cultura».

Saviano, che si trova sotto scorta perché minacciato dai Casalesi, ha rilanciato con un nuovo post, in cui ha commentato così la sentenza: «Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano mi ha portato a processo ritenendo che io avessi leso la sua onorabilità, ma così non è stato e il Tribunale civile di Roma mi ha dato ragione». Per poi proseguire ribadendo di non aver detto «il falso» e chiedendo conto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni della trascorsa nomina a: «ministra della Gioventù nel 2008, nello stesso governo e nella stessa coalizione di Nicola Cosentino, condannato in via definitiva a 10 anni di carcere per essere stato il referente politico del clan dei casalesi». «Giorgia Meloni non ha nulla da dire al riguardo?»

Anche il legale del ministro, Silverio Sica, è intervenuto a stretto giro, annunciando l’intenzione di ricorrere in appello contro la sentenza di primo grado: «La sentenza, lo dico ironicamente, è istruttiva perché dice che si può parlare di `galoppino´ senza recare offesa, in quanto il termine sarebbe una critica politica aspra, pungente ma consentita e tutte le connotazioni negative scompaiono. (...). Viene dato come fatto notorio che Sangiuliano fosse in continuità con Cosentino, fino alla definizione di `galoppino´ e non è stata ammesso come prova il fatto di aver chiesto di dimostrare con una missiva che al contrario il rapporto era di malanimo». Proprio perché la critica è stata aspra, ancorché secondo il Tribunale legittima, la giudice ha stabilito che le spese processuali fossero ripartite tra i due contendenti.

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