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Stonature, microfoni out e lunghezza infinita, il Sanremone non ingrana

05/03/2021  Lo share precipita a -11 rispetto all'anno scorso. Anche se la terza serata, dedicata alle cover, ha più ritmo. Fiorello scherza con Zingaretti e lo Stato Sociale dà voce al mondo dello spettacolo chiuso da oltre un anno. I duetti più belli a notte fonda

E niente, il Sanremone non ingrana neppure con la terza serata, dedicata alle cover e di solito la più godibile (o la meno noiosa, fate voi). 10 milioni e mezzo (42.4% di share) i telespettatori che hanno seguito la prima parte mentre la seconda ha ottenuto 4 milioni 369 mila con il 50.6%. Si risale un po’ la china ma nulla di paragonabile all’anno scorso quando la serata duetti fece segnare, in media, 9 milioni 836 mila spettatori e il 54.5% (13 milioni e mezzo nella prima parte e quasi 6 nella seconda).

Al netto dei monologhi che tutti si sentono in dovere di fare anche quando basterebbe cantare e basta, la terza serata è stata quella con più ritmo e meno infarcita di cose inutili. Anche perché, dovendo far cantare tutti e 26 i cantanti in gara, bisognava pur serrare i tempi. Fiorello ha mollato il filone “niente pubblico all’Ariston” e si è buttato sulla politica. Menomale. Commenta da par suo le dimissioni di Zingaretti da segretario del Pd: «Si è offeso per un paio di battute, ma Zinga di cosa vuoi che io parli quest’anno a Sanremo se non di poltrone?». Poi si mette in platea (con la mascherina) e porta i fiori a Mihajlovic e Ibrahimovic per par condicio, dice, «rispetto alle donne».

Amadeus in giacca rosso metallizzato cerca di esorcizzare le polemiche e portare a casa uno dei Festival più ostici e difficili della storia recente. In mattinata arriverà anche l’incoraggiamento di Carlo Conti: «A Sanremo uno starnuto diventa broncopolmonite, quest’anno poi non è facile per niente».

Capitolo Ibrahimovic. La scaletta lo dava alle 21.30, arriva quasi due ore dopo causa incidente in autostrada. «Mi ha accompagnato un motociclista perché eravamo tutti bloccati, fortuna che era milanista».

Su Twitter molti si chiedono se il motociclista non poteva farsi i fatti suoi. Il peggio però deve ancora venire. Perché il suo dialogo con l’allenatore del Bologna, che racconta anche della sua malattia, dura dodici minuti a mezzanotte inoltrata e metà dei duetti ancora da fare. Finiscono per cantare, si fa per dire, Io vagabondo dei Nomadi con il campione del Milan che non azzecca mezza parola e Fiorello li ribattezza gli “Abbadeus”.

Orietta Berti con Le Deva (Ansa)

Si parte con l'omaggio dei Negramaro a Lucio Dalla e al suo 4 marzo 1943, presentato proprio a Sanremo con tanto di censura preventiva. La presenza femminile è Vittoria Ceretti, top model, classe 1998, bresciana e già brand ambassador delle più importanti maison di moda internazionali. Chiamarla co-conduttrice, però, è un po’ troppo. Senza il gobbo è perduta, e da casa si vede eccome.

Le canzoni, finalmente. Annalisa, in coppia con Neffa, esagera col nude look e sbaglia pure la scelta della canzone (del Neffa medesimo). Francesca Michielin e Fedez, abbigliati in maniera piuttosto improbabile, massacrano Felicità di Al Bano (che però fa sapere, via Adnkronos, di aver apprezzato. Contento lui). Bugo si presenta in costume rosso come Chiambretti al Festival del ’99.

I microfoni non funzionano e ne fanno le spese prima Neffa, poi Nesli, infine Amadeus costretto a mandare la pubblicità. Le cover, ça va sans dire, non sono tutte belle. Le migliori sono confinate a orari marzulliani: Coma_Cose, Max Gazzè e Silvestri, Malika Ayane ed Ermal Meta che canta Caruso in maniera magistrale. I Maneskin con Manuel Agnelli regalano una splendida versione di Amandoti di Cccp. Bomba rock, grintosi ed esplosivi. Arisa e Michele Bravi omaggiano Pino Daniele, interpretando Quando e tenendosi stretti per mano reggendo insieme una rosa bianca. Gio Evan sceglie gli 883 insieme ai campioni di The Voice Senior (ma per loro niente fiori, perché?). Irama osa con Cyrano di Guccini e l’interpretazione, tutto sommato, non è affatto male.

Nel festival delle stonature Orietta Berti è la migliore e la sua interpretazione (con le Deva) di Io che amo solo te di Sergio Endrigo è di una delicatezza assoluta. Infatti, arriva meritatamente seconda. Willy Peiote con Samuele Bersani che intepreta la sua Giudizi universali è tra le più belle. Ironia sui social per il siparietto tra lo stesso Bersani e Amadeus: «Volevo salutare un grande amico, dice Ama. E Bersani: “Sì, l’ultima volta ci siamo visti in Corea nel 1995”».

Lo Stato Sociale porta sul palco dell’Ariston le difficoltà dei lavoratori dello spettacolo, che sono fermi da oltre un anno a causa della pandemia. Gli attori Emanuela Fanelli e Francesco Pannofino alla fine della canzone si uniscono alla band per elencare i cinema e teatri chiusi, alcuni definitivamente, in tutta Italia. «Ma non sarà per sempre, i nostri fiori non sono ancora rovinati», è il messaggio di speranza di Pannofino.

Uno dei peccati capitali di questo Festival è la lunghezza. All’una meno un quarto mancano ancora dieci canzoni. E nella scaletta c’è ancora spazio per divagazioni e varie ed eventuali.

Colapesce e Di Martino cantano (bene) Povera patria con un cameo registrato della voce di Franco Battiato che intona l’ultimo verso: «Se avremo ancora un po’ da vivere / La primavera intanto tarda ad arrivare», scandisce il maestro. È quello che pensano gli italiani di questi tempi.

Ermal Meta ha scelto Caruso di Lucio Dalla (Ansa)

 
 
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