Carlo Conti ancora una volta ha lavorato bene. Il livello delle 20 canzoni in gara al prossimo Sanremo, che abbiamo ascoltato in anteprima, è buono. Ma questo risultato, salvo rare eccezioni, purtroppo non si deve alla qualità delle proposte degli artisti più giovani. Sono loro che in teoria dovrebbero portare originalità e freschezza. E invece le canzoni di Annalisa, di Francesca Michielin, dei Dear Jack e del loro ex cantante Alessio Bernabei, di Lorenzo Fragola sono perfettamente interscambiabili nei testi, nelle musiche e negli arrangiamenti. Se gli ultimi due risultano banali nella loro piattezza, è nei testi che il livello è decisamente imbarazzante.
Ok, a Sanremo si canta l'amore. Ma non c'è nessuno che provi minimamente a raccontare una storia. No, le canzoni sembrano tutte costruite a tavolino mettendo insieme una serie di parole e di metafore scontate buttate lì, solo perché "suonano bene". E così si naviga tra costruzioni sintattiche discutibili ("Sento come se hai paura" in Infinite volte di Fragola) e frasi che vorrebbero essere originali ma che lasciano quantomeno perplessi sul loro significato. ("Le circostanze fanno la differenza, capovolgo la distanza che si azzera" da Noi siamo infinito di Alessio Bernabei).
Sarebbe facile prendersela con i talent che li hanno sfornati, ma prendiamo il caso di Annalisa e di Francesca Michielin: sono entrambe dotate di una bellissima voce e sono pure autrici. Evidentemente le case discografiche non hanno il coraggio di farle crescere e di permettere di trovare una loro identità precisa, come invece facevano in passato con i giovani, preferendo continuare a battere la strada più facile dell'omologazione. Alzano la media le canzoni della coppia Giovanni Caccamo-Deborah Iurato, di Valerio Scanu, di Irene Fornaciari e soprattutto di Noemi, ma solo perché si sono serviti di autori affermati come Giuliano Sangiorgi, Fabrizio Moro e Marco Masini.
C'è poi la sfida tra due rapper campani, Clementino e Rocco Hunt, vinta alla grande da quest'ultimo con "Wake up", il brano più divertente del Festival che a un testo sociale dedicato ai giovani del Sud abbina un funky trascinante.
Ma il meglio di questo Sanremo 2016 arriva dalla classe di Patty Pravo e di Enrico Ruggeri, dal soul di Dolcenera, dalla commovente lettera di un padre a una figlia cantata dagli Stadio, dalla malinconia di Arisa, dalle atmosfere "celentanesche" di Neffa, dalla geniale follia dei redivivi Bluvertigo di Morgan, che passano con disinvoltura da un'introduzione alla Umberto Bindi a ritmi alla David Bowie anni '80 e degli Elio e le storie tese, capaci di costruire una canzone fatta solo di sette ritornelli ciascuno di un genere musicale diverso.
Cari giovani, ascoltateli bene e cercate di imparare da loro. Sempre che le case discografiche (e le radio) ve lo consentano.