“Ieri abbiamo fatto quasi il 50 per cento di ascolto e questo lo dobbiamo ad Adriano. Farà anche casino ma resta un grande”. Aprendo così la seconda serata del suo secondo – e ultimo - Festival, Gianni Morandi ha voluto schierarsi mostrando solidarietà con l’amico del suo amico, il direttore artistico Gian Marco Mazzi, fieramente responsabile di aver convinto, senza condizioni, Celentano ad accendere una miccia sotto il Festival.
L’affaire è lungi da una soluzione incruenta. La Rai ha firmato un contratto che, praticamente, dà carta bianca a come e quando il catastrofista del video può apparire sul video e proprio in queste ore Antonio Marano, il commissario spedito in fretta e furia dalla direttora Lorenza Lei a metterci una pezza, sta trattando febbrilmente, anzi “ferocemente”, per definire una o due incursioni di Celentano venerdì e sabato. Per fortuna, show must go on. E il gruppo dei responsabili sembra applicarsi per rendere il più volgare possibile la manifestazione, una volta musicale, più popolare d’Italia.
Così ieri sera sono stati reclutati Fabrizio Biggio e Cesare Mandelli, reduci dai trionfi di MTV e protagonisti di un film , “I soliti idioti”, che nell’autunno scorso incassò 141 milioni di euro. Il segreto? Uno stile che più politicamente scorretto non si può.
Cosi dopo la quasi obbligatoria overdose di turpiloquio, dopo l’esordio di Luca e Paolo, ecco il florilegio dei due squinternati e giovanissimi protagonisti della sketch comedy lanciata da MTV.
Per fortuna ieri sera, messi finalmente a punto gli impianti dopo il
trasloco della band di Celentano, si sono tornate ad ascoltare le
canzoni, e ci sono stati i primi verdetti: inaspettati, perché di
solito la giuria che abita in galleria elimina il peggio che poi viene
regolarmente ricuperato da quell’oggetto misterioso che si chiama
televoto. Così, fuori “Respirare”, con la strana coppia Gigi
D’Alessio-Loredana Bertè, ma la canzone avrà sicuramente successo a
prescindere dalla momentanea bocciatura; fuori Pier Davide Carone con
quella “Nanì”, scritta con Lucio Dalla ma troppo debolmente appoggiata
da Lucio; e fuori, era inevitabile, i Marlene Kuntz, che con Sanremo
poco c’entravano. Fuori anche la bella canzone scritta da Van de Sfross
per Irene Fornaciari. Tranquilli però, adesso entra in azione il
televoto, supereroe che aggiusta i torti o alimenta le polemiche. Di
solito ribalta i voti delle giurie visibili con i suoi invisibili
superpoteri.
Ieri sera c’è stata anche la gara dei giovani. Sono passati in
quattro, Alessandro Casillo, classe 1996, lanciato da “Io canto” di
Gerry Scotti, Marco Guazzone, classe 1988, cantautore raffinato,
“Iohosemprevoglia”, usciti - che combinazione - dal concorso (a
pagamento) Area Sanremo e appoggiati da Mogol, ed Erica Mou, deliziosa
nuova scoperta di Caterina Caselli. Dedicherò a loro più spazio domani.
Se lo meritano quasi tutti.
Stasera, serata dedicata alle canzoni italiane che ci hanno fatto bella
figura nel mondo, speriamo che il turpiloquio se ne stia a casa sua. A
proposito di ascolti: la seconda serata del Festival registra sempre
una contrazione. Un anno fa la prima parte era stata seguita da 12
milioni e 56 mila spettatori. Quest’anno sono stati 11 milioni e 55
mila. La seconda parte nel 2011 aveva reclutato 8.065 fedelissimi che
ieri sono diventati 6.012. E’ vero c’era la Champions League con
Milan-Arsenal e i tifosi sono stati quasi quattro milioni. Ma l’esodo, a
mio parere, è dovuto anche alla squinternata prima serata, a un
Morandi visibilmente preoccupato di salvare scelte scellerate, ma
molto meno preoccupato di salvare le canzoni (tutti i cantanti erano
furibondi ) e a un Rocco Papaleo al quale rinnovo tutta la mia stima
come uomo di spettacolo, ma all’Ariston è ridotto a poco più di una
macchietta da avanspettacolo.
In più ci si è messo anche il sindaco di Sanremo, che ha concesso agli
albergatori di aumentare a loro piacimento i prezzi delle camere
e dei servizi. Ma i finanzieri non stanno a guardare: per loro Sanremo è
soprattutto quello che non non rilascia scontrini, non la città dei
fiori, spariti ormai in una scenografia da incubo E non più la città
delle canzoni, sporcate dal Festival delle parolacce.