Bastava appostarsi davanti all’hotel Paris dove alloggiavano Blanco e Mahmood per capire come sarebbe finito questo Festival di Sanremo. Con il passare dei giorni e delle ore si radunava sempre più gente, giovani e giovanissimi per lo più, che cantavano a squarciagola i successi dei due, ma anche la nuova "Brividi", in attesa che si materializzassero.
E i due alla fine li hanno accontentati, uscendo sul balcone e improvvisando una versione chitarra e voce proprio della canzone che poi vincerà. Ma fin dal primo ascolto delle canzoni riservato alla stampa è stato chiaro a tutti che la vittoria finale sarebbe stata un affare tra Elisa e la coppia Mahmood&Blanco, anche perché il livello medio dell 25 canzoni in gara era decisamente più basso rispetto alla passata edizione.
E allora, se non c’era o quasi il “brivido” di sapere come sarebbe finita la gara, come si spiega questo successo così clamoroso? Il terzo Sanremo di Amadeus ha infatti fatto meglio dei precedenti, raggiungendo picchi di ascolto che non si vedevano dal 1997, l’epoca d’oro di Pippo Baudo, quando il 18enne Blanco non era nemmeno nato.
Il Festival è riuscito a incollare 10 milioni di italiani in media per cinque sere di seguito su Rai 1, tra cui tantissimi giovani (aumento del 40% rispetto al 2021). Sicuramente in questo incredibile risultato ha pesato il valore aggiunto dei superospiti, dall’amico Fiorello a Checco Zalone, da Cesare Cremonini a Jovanotti, ma la vera chiave di comprensione è un’altra: all’Ariston è andata in onda la prova generale di un Paese che, dopo due anni di sofferenze, cerca di tornare alla normalità. Archiviata la tristissima immagine dei palloncini al posto del pubblico in platea dell’anno scorso, siamo ritornati a mescolarci fra dame impellicciate come nemmeno negli anni ’80, madri di famiglia che, accanto ad impassibili mariti, all’arrivo di Cremonini sul palco scattano in piedi e urlano “Cesare, sposami!” e ragazzini che trascorrono quasi tutto il loro tempo a smanettare con i cellulari, trastullandosi con il Fantasanremo, il gioco con cui si collezionano punti, più precisamente “Baudi” (Pippo, che pure ne ha viste di tutti i colori, mai avrebbe pensato di essere trasformato in una moneta virtuale) indovinando comportamenti più o meno strambi dei cantanti, i quali si sono divertiti un mondo a partecipare, chi lanciandosi in esercizi ginnici chi ripetendo le parole d’ordine “papalina” e “zia Mara”. E nella mezzanotte di venerdì sera andati a curiosare in piazza Bresca, cuore della movida sanremese. Il colpo d’occhio è stato impressionante: sembrava di essere tornati a due anni fa. Mentre da un bar le casse sparavano musica da discoteca, centinaia di giovani chiacchieravano, ballavano, si abbracciavano, si baciavano come se il Covid non fosse mai esistito.
Era solo una bolla, perché appena lasciata la piazza, tutto tornava come prima con bar e ristoranti chiusi o semivuoti, mentre i pochi che ancora passeggiavano per il lungomare indossavan quasi tutti la mascherina. Ma se Sanremo è lo specchio del Paese, i ragazzi davanti all’Hotel Paris e i loro coetanei di piazza Bresca hanno lanciato un messaggio molto preciso: la pandemia è finita. Speriamo bene.