Nata tra il 1470 e il 1475 a Desenzano del Garda, Angela trascorre l’infanzia e l’adolescenza nella cascina delle Grezze, tipica abitazione contadina del tempo, circondata da campi e isolata dal mondo. È qui che alla sera, nella grande cucina, ella ascolta dal padre la lettura delle vite dei santi, tra le quali ebbe certamente un posto di grande rilievo la leggenda di sant’Orsola. Ben presto e ripetutamente la morte bussa alla porta di quella casa. Infatti, nel volgere di pochi anni muoiono ad Angela tre fratelli maggiori ed entrambi i genitori. Con l’unica sorella che le è rimasta viene amorevolmente accolta dagli zii Biancossi. Questo significa per loro lasciare il paese natale e recarsi a Salò, lasciare un luogo amato e carico di ricordi per andare in una cittadina ricca e mondana. Angela in particolare avverte il disagio del cambiamento. Essendo di indole serena e affabile, si attira la simpatia e la benevolenza di tutti; tuttavia tende ad appartarsi, a nascondersi tra i pergolati, a costruire, quasi per gioco, piccoli eremi…
Questa sua propensione al silenzio e al raccoglimento non le impedisce di essere vitalmente inserita nella società, di cui a poco a poco conosce le tante forme di povertà materiali, morali e spirituali, e i problemi più “scottanti”, come ad esempio il progressivo e inesorabile isolamento delle donne. Anche questo è un periodo triste della storia: vite miseramente abbrutite e stroncate dal vizio, dal gioco, dalla passione, liti tra cittadini, lotte partitiche sono le notizie di cronaca quotidiana. Al culmine, avviene la tragica insurrezione guidata da Gastone de Foix, quel “carnevale di lacrime e di sangue” che in un giorno e una notte rende quasi deserta la città di Brescia: le fonti parlano di undicimila vittime. Anche all’interno della Chiesa vi era disordine e degrado morale, in particolare proprio là dove la vita religiosa dovrebbe maggiormente risplendere, tra il clero e nei monasteri.
“Non riuscite a capire che questa cecità mi è stata mandata per il bene della mia anima?”
In un quadro tanto squallido, spiccano per santità alcuni laici cristiani: Angela fa parte di questa nobile schiera. Già positivamente segnata dall’educazione religiosa ricevuta in famiglia, nella prima giovinezza ha una visione “vocazionale” che orienta tutta la sua vita: “Alla stagione della mietitura, mentre le compagne facevano merenda, lei si metteva in disparte per pregare. Un giorno che era assorta in preghiera, le parve che si schiudesse il cielo e ne scendesse una processione meravigliosa di angeli e di vergini, alternati a due a due; gli angeli suonavano diversi strumenti musicali mentre le vergini cantavano.
Il motivo era così distinto che ella lo ritenne a mente così da saperlo poi cantare. Snodandosi la processione, le venne incontro una vergine nella quale riconobbe la sorella morta da poco, dopo una breve vita virtuosa. Arrestatosi il corteo, ella le predisse che Dio voleva servirsi di lei per istituire una Compagnia di vergini”. Sentendo il bisogno di un sostegno spirituale, veste il saio come terziaria francescana; si nutre assiduamente di Parola di Dio e di eucaristia e ne è talmente trasformata da destare stupore e ammirazione per la sua sapienza spirituale e per la sua bontà. Angela infatti non ha istruzione, non ha frequentato la scuola; forse ha appreso a leggere soltanto stando seduta accanto al padre che leggeva le vite di santi per tutti ad alta voce.
La sua sapienza attira predicatori e teologi desiderosi di sentire le sue esposizioni, e si riflette nel suo Testamento spirituale e nei Ricordi, che dettò ad Agostino Cozzano, come pure nella Regola composta per la Compagnia delle vergini: testi semplici, intessuti di numerose e appropriate citazioni scritturistiche che denotano una conoscenza viva della Parola di Dio. Angela Merici è così un esempio quanto mai eloquente della fecondità della lectio divina – lettura pregata della Sacra Scrittura – che il concilio Vaticano II ha riproposto all’attenzione di tutti i cristiani.
Il suo desiderio di purificazione e di conversione si esprime anche nel fare frequenti pellegrinaggi. Indimenticabile tra tutti è quello in Terrasanta da lei ardentemente desiderato per poter “vedere con i propri stessi occhi” la terra di Gesù. Lungo il viaggio improvvisamente diventa cieca, ma non desiste. Donna agile e intraprendente, incurante dei disagi e avvezza alle fatiche, ora deve essere condotta per mano… Lei stessa commenta: “Non riuscite a capire che questa cecità mi è stata mandata proprio per il bene della mia anima?”. Giunta nel luogo tanto sospirato, quella sua cecità, lungi dall’essere un impedimento al suo pellegrinaggio, le permette di rivivere con mistica partecipazione le tappe della vita di Gesù e sulla via del ritorno in patria – o, secondo altre fonti, poco dopo il suo rientro – Angela riacquisterà miracolosamente, la vista. Si giunge così al 1527, quando ella, stremata da fatica e dolore, cade gravemente malata, al punto che si teme la sua morte…
Fonda l'Ordine delle Orsoline
In realtà l’ultima pagina della sua santa vita resta ancora da scrivere. All’improvviso recupera le forze e può riprendere il suo servizio. A questo punto il suo prudente e illuminato confessore, padre Serafino da Bologna, insiste con lei perché dia vita a quella “Compagnia di vergini” di cui ha avuto intuizione fin dalla giovinezza. Angela esita un poco, poi acconsente. Moltissime in quell’epoca erano le donne che non potevano essere né spose né monache (unica forma di vita religiosa femminile allora ammessa). Il loro destino era drammaticamente segnato dall’emarginazione e dall’abbandono fino alla mendicità. Proprio per loro Angela ripropone, attingendola direttamente dalla Sacra Scrittura, la condizione sociale di “vergini consacrate nel mondo”. Non una soluzione di ripiego, ma una libera scelta di vita che risale alle origini della Chiesa.
Convocate alcune donne a lei molto legate, Angela espone loro l’ideale della nuova Compagnia di sant’Orsola, che avrà inizio ufficialmente il 25 novembre 1535. Il suo intento è – come si legge in un antico documento – di “seminare piante di verginità tra le spine del mondo”. La parola d’ordine è semplice: santificare se stesse per santificare la famiglia e la società.
Angela sa bene che non si tratta di vivere un idillio, ma di affrontare nel mondo la battaglia della fede e del buon costume. Le vergini consacrate dovranno essere unite per “essere torre inespugnabile contro tutte le avversità, persecuzioni e inganni diabolici”. Alle responsabili dice: “State in guardia et specialmente abbiate cura che siano unite e concordi di volere, come si legge degli apostoli e altri cristiani della primitiva Chiesa”. Presentendo, a un certo punto, la fine, nei suoi Ricordi lascia alle sue figlie un messaggio di fede e di amore. Separata da loro con il corpo, sarà ancor più vicina a loro nello spirito: “Jesu Christo per sua bontà immensa mi ha eletta di esser matre et viva et morta di così nobil compagnia. Et io sempre sarò in mezzo di voi”.
La morte e il metodo educativo nel testamento spirituale
Nel 1539 Angela fu colpita da una malattia, che fra alti e bassi la condusse alla morte il 27 gennaio 1540; per trenta giorni, i canonici di Sant’Afra e quelli del Duomo, si contesero l’onore di seppellire nella propria chiesa, l’ex contadinella di Desenzano; la spuntarono quelli di sant’Afra e oggi la chiesa, dove riposano le sue spoglie, si chiama Santuario di Sant’Angela, meta di continui pellegrinaggi provenienti specialmente dal mondo orsolinico; la chiesa, distrutta in gran parte dai bombardamenti del 1945, è stata ricostruita nel 1953.
Nel testamento spirituale, Angela tratteggiò le linee essenziali del suo metodo educativo, basato tutto nel rapporto di sincero amore tra educatore ed educando e sul pieno rispetto delle libertà altrui. Così lasciò scritto alle sue Orsoline: “Vi supplico di voler ricordare e tenere scolpite nella mente e nel cuore, tutte le vostre figliole ad una ad una; e non solo i loro nomi, ma ancora la condizione e indole e stato e ogni cosa loro. Il che non vi sarà difficile, se le abbracciate con viva carità… Impegnatevi a tirarle su con amore e con mano soave e dolce, è non imperiosamente e con asprezza, ma in tutto vogliate essere piacevoli. Soprattutto guardatevi dal voler ottenere alcuna cosa per forza; perché Dio ha dato a ognuno il libero arbitrio e non vuole costringere nessuno, ma solamente propone, invita e consiglia…”.
La canonizzazione nel 1807
Nel 1568 furono raccolte le deposizioni di quattro testimoni che avevano conosciuto Angela, ma dovettero trascorrere altri due secoli, prima che un’orsolina claustrale di Roma, si facesse postulatrice della causa di beatificazione, ottenendo il decreto di conferma del culto come Beata, il 30 aprile 1768, da parte di papa Clemente XIII. Il 24 maggio 1807, Angela Merici fu proclamata Santa da papa Pio VII e papa Pio IX nel 1861, ne estese il culto a tutta la Chiesa universale. Una statua scolpita nel 1866 dallo scultore Pietro Galli, la ricorda nella Basilica di S. Pietro in Vaticano. Nella liturgia ebbe varie date di celebrazione, prima il 31 maggio, poi dal 1955 il 10 giugno e infine il 27 gennaio, giorno della sua morte.