Quinto figlio di Giovanni Claret e di Giuseppina Clarà (sembra un curioso gioco di cognomi), Antonio nacque il 23 dicembre 1807 a Sallent, in provincia di Barcellona. Fin da ragazzo avvertì la vocazione al sacerdozio, ma difficoltà familiari lo costrinsero a rinviare l’ingresso in seminario: il padre lo inviò a Barcellona per perfezionarsi nella tessitura ed essergli così di aiuto nella sua fabbrica di tele. Intanto però egli arricchiva la sua cultura frequentando corsi serali in cui imparò il francese, il latino e l’arte della stampa. Nel 1829, a 22 anni, fu finalmente ammesso nel seminario di Vich, distinguendosi per la sua pietà eucaristica e mariana. Ordinato sacerdote il 13 giugno 1835, dopo tre anni di ministero come Vicario Economo al suo paese natale, decise di offrire la propria opera alla Congregazione di Propaganda Fide, il dicastero vaticano che si occupa delle missioni. Per questo raggiunse Roma il 6 ottobre 1838 e, poiché il cardinale Prefetto era assente, fece un corso di esercizi spirituali sotto la direzione di un gesuita, che gli consigliò di entrare nella Compagnia perché avrebbe potuto realizzare meglio l’apostolato missionario. Ammesso al noviziato i 29 ottobre, ricevette l’abito l’11 novembre, ma nel marzo dell’anno seguente dovette tornare in Spagna a causa di una malattia.
Per sette anni, come Missionario Apostolico, si dedicò alla predicazione in tutta la Catalogna e nelle isole Canarie, rivelando un talento oratorio eccezionale e conquistando le folle anche come taumaturgo. Colpiva soprattutto il rigore della sua vita ascetica: viaggiava sempre a piedi, portando con sé il breviario e la Bibbia, non accettava alcun onorario, si asteneva sempre dalla carne e dal vino e non dormiva che poche ore la notte; eppure spesso predicava più volte in una giornata e nella fase conclusiva delle missioni (che duravano da nove a trenta giorni) stava fino a quindici ore in confessionale. Dio gli aveva concesso il dono del discernimento delle coscienze, della conoscenza del futuro e dei miracoli, e questo gli diede una immensa popolarità. Dal 1840 al 1948 egli percorse quasi tutta la Catalogna, ridestando dovunque il fervore cristiano. Nel 1847 aveva dato vita alla Libreria Religiosa e ad una casa editrice, nonché alla prima Confraternita del Cuore di Maria a Vich e, sempre sotto la protezione della Vergine, ad un’associazione parrocchiale nella quale - con intuizione profetica - assegnava alle donne il ruolo che ad esse compete nella collaborazione con l’apostolato gerarchico.
Nel 1849 fondò la congregazione dei Figli dell’Immacolato Cuore di Maria (conosciuti come missionari Claretiani) per la predicazione, l’insegnamento e la direzione dei seminari, oggi presenti in 65 paesi dei cinque continenti. In quello stesso anno, Antonio veniva nominato arcivescovo di Santiago di Cuba, all’epoca appartenente alla corona di Spagna. Al momento della sua consacrazione episcopale, il 6 ottobre 1850, egli assunse come secondo nome quello di Maria. Il viaggio per nave, iniziato il 28 dicembre dal porto di Barcellona, lo vide impegnato a predicare una missione a bordo, il 25 gennaio. Il santo raggiunse Santiago di Cuba il 16 febbraio e si diede subito da fare per affrontare i molti problemi sul tappeto, poiché la regione era senza il suo pastore da ben quattordici anni: il seminario andava in rovina, il clero era scarso, povero e ignorante e le chiese erano in preda allo squallore. Dopo aver affidato la diocesi alla protezione della Vergine, celebrò il sinodo diocesano, rese obbligatori gli esercizi spirituali ogni anno per il clero, cominciò a visitare le parrocchie e a predicare le missioni al popolo. Inoltre richiamò i religiosi che erano stati espulsi dal Paese. Nel giro di sei anni percorse per quasi quattro volte in visita pastorale l’intera diocesi, pronunciando 11.000 sermoni, regolarizzando 30.000 matrimoni, cresimando 300.000 fedeli.
Nel 1852 terremoti ed epidemie fecero in pochi mesi migliaia di vittime: il santo si recava due volte al giorno negli ospedali per confessare, consolare, distribuire elemosine, realizzando anche coraggiose iniziative sociali: nel 1854 aprì una cassa di risparmio in ogni parrocchia (opera pioniera, questa, per l’America Latina), poi iniziò la costruzione di una casa di carità associata ad una azienda-modello, dandosi da fare per lenire la povertà diffusa le conseguenze drammatiche della schiavitù, lottando contro il concubinato e l’ignoranza in materia di fede. Dopo aver pubblicato una lettera pastorale sull’Immacolata Concezione di Maria (il cui dogma era stato solennemente proclamato da Pio IX), promosse l’educazione dei giovani con l’aiuto di congregazioni religiose e, con Madre Antonia Paris, fondò l’Istituto apostolico di Maria Immacolata (Missionarie Claretiane). Il suo straordinario impegno a favore dei poveri e dei diritti umani gli procurò ben presto numerosi nemici tra i politici e i corrotti, che più volte attentarono alla sua vita. Nel febbraio 1856 ad Halguin, mentre stava uscendo dalla chiesa, un uomo lo assalì con un rasoio squarciandogli la guancia e ferendolo a un braccio.
Nel 1857 dovette lasciare Cuba e, tornato in Spagna, la regina lo volle come suo confessore a corte ed egli riprese la predicazione nella capitale e in tutta la penisola. Inoltre, grazie al prestigio di cui godeva, si adoperò affinché fossero designati dei buoni vescovi nelle sedi vacanti, e nel palazzo dell’Escorial organizzò un seminario di studi superiori. Ma l’influenza che aveva sulla regina gli attirò l’ostilità dei nemici del regime e quando la rivoluzione nel novembre 1868 scacciò Isabella dal trono, egli la seguì nell’esilio a Parigi.
Il 30 marzo dell’anno seguente partì per Roma dove prese parte ai lavori preparatori del concilio Vaticano I e all’apertura della assise difese con ardore l’infallibilità del Papa. Perseguitato ancora dalla rivoluzione, si rifugiò nel monastero di Fontfroide presso Narbona, dove morì santamente il 24 ottobre 1870. Le sue spoglie riposano nella Casa Madre dei Claretiani a Vich. Beatificato nel 1934 da Pio XI, fu canonizzato l’8 maggio 1950 da Pio XII, che disse di lui: «Modesto nell’apparenza, ma capacissimo di imporre rispetto anche ai grandi della terra; forte di carattere però con la soave dolcezza di chi conosce il freno dell’austerità e della penitenza; sempre alla presenza di Dio anche in mezzo ad una prodigiosa attività esteriore; calunniato e ammirato, celebrato e perseguitato. E tra tante meraviglie, quale luce soave che tutto illumina, la sua devozione alla Madre di Dio».
Particolarmente intensa fu anche la sua attività di scrittore: oltre 150 tra libri e opuscoli portano la sua firma: tra questi ricordiamo La via diritta e sicura per andare al cielo, pubblicato nel 1843, che ebbe quasi 200 edizioni per una tiratura di circa 800 mila copie vivente ancora l’autore.
Angelo Montonati