Il mondo ha ancora bisogno dello “spirito di Assisi”, lo dice Papa Francesco ricevendo nella Sala Clementina in Vaticano i partecipanti all'incontro internazionale per la pace “il coraggio della speranza”, organizzato a Roma dalla Comunità di Sant'Egidio. Il Papa si richiama all'incontro di preghiera del 1986 voluto da Giovanni Paolo II e dichiara: “Proprio in questi mesi, sentiamo che il mondo ha bisogno dello “spirito” che ha animato quello storico incontro. Perché? Perché ha tanto bisogno di pace. No! Non possiamo mai rassegnarci di fronte al dolore di interi popoli, ostaggio della guerra, della miseria, dello sfruttamento. Non possiamo assistere indifferenti e impotenti al dramma di bambini, famiglie, anziani, colpiti dalla violenza. Non possiamo lasciare che il terrorismo imprigioni il cuore di pochi violenti per seminare dolore e morte a tanti. In modo speciale diciamo con forza, tutti, continuamente, che non può esservi alcuna giustificazione religiosa alla violenza. Non può esservi alcuna giustificazione religiosa alla violenza, in qualsiasi modo essa si manifesti”.
Papa Bergoglio ha di fronte cardinali e rabbini, imam e pope ortodossi, monaci buddisti e induisti.
A loro dice: "Come responsabili delle diverse religioni possiamo fare
molto. La pace è responsabilità di tutti. Pregare per la pace, lavorare
per la pace! Un leader religioso è sempre uomo o donna di pace, perché
il comandamento della pace è inscritto nel profondo delle tradizioni
religiose che rappresentiamo. Ma che cosa possiamo fare? Il vostro
incontrarvi ogni anno ci suggerisce la strada: il coraggio del dialogo.
Questo coraggio, questo dialogo che dà speranza. Niente a che fare con
l'ottimismo, è un'altra cosa. Speranza! Nel mondo, nelle società, c'è
poca pace anche perché manca il dialogo, si stenta ad uscire dallo
stretto orizzonte dei propri interessi per aprirsi ad un vero e sincero
confronto. Per la pace ci vuole un dialogo tenace, paziente, forte,
intelligente, per il quale niente è perduto. Il dialogo può vincere la
guerra. Il dialogo fa vivere insieme persone di differenti generazioni,
che spesso si ignorano; fa vivere insieme cittadini di diverse
provenienze etniche, di diverse convinzioni. Il dialogo è la via della pace. Perché il dialogo favorisce l’intesa, l’armonia, la concordia, la pace. Per
questo è vitale che cresca, che si allarghi tra la gente di ogni
condizione e convinzione come una rete di pace che protegge il mondo, e
soprattutto protegge i più deboli”.
“I leader religiosi”, dice Papa Francesco, “siamo chiamati ad essere
veri “dialoganti”, ad agire nella costruzione della pace non come
intermediari, ma come autentici mediatori. Gli intermediari cercano
di fare sconti a tutte le parti, al fine di ottenere un guadagno per sé.
Il mediatore, invece, è colui che non trattiene nulla per sé, ma si
spende generosamente, fino a consumarsi, sapendo che l’unico guadagno è
quello della pace. Ciascuno di noi è chiamato ad essere un artigiano
della pace, unendo e non dividendo, estinguendo l'odio e non
conservandolo, aprendo le vie del dialogo e non innalzando nuovi muri!
Dialogare, incontrarci per instaurare nel mondo la cultura del dialogo,
la cultura dell’incontro”. “L’eredità del primo incontro di Assisi”, ha
concluso il Papa, “mostra come il dialogo sia legato intimamente alla
preghiera di ciascuno. Dialogo e preghiera crescono o deperiscono
insieme. Continuiamo a pregare per la pace del mondo, per la pace in
Siria, per la pace nel Medio Oriente, per la pace in tanti Paesi del
mondo. Questo coraggio di pace doni il coraggio della speranza al mondo,
a tutti quelli che soffrono per la guerra, ai giovani che guardano
preoccupati il loro futuro. Dio Onnipotente, che ascolta le nostre
preghiere, ci sostenga in questo cammino di pace”.
L'incontro di Sant'Egidio si conclude la sera del primo ottobre in Campidoglio.