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domenica 24 settembre 2023
 
 

Sant'Egidio, una vacanza arcobaleno

10/07/2012  Abbiamo seguito 38 bambini milanesi (italiani, cinesi, rom) delle Scuole della Pace della Comunità di Sant’Egidio in vacanza in Valle Imagna, nel Bergamasco.

Daniel ha 9 anni, e va a scuola, come è normale per tutti i suoi coetanei. È un rom, uno zingaro come si è sentito chiamare molte volte. Chiara, 8 anni, è una bambina cinese, di via Paolo Sarpi, la famosa Chinatown milanese. Alessia, sua coetanea italiana, frequenta la scuola dello stesso quartiere. Preparano insieme degli animaletti di pasta di sale che il giorno successivo regaleranno agli anziani della casa di riposo che tutte le estati vanno a trovare. 


Daniel, Chiara, Alessia sono alcuni dei 38 bambini milanesi delle Scuole della Pace della Comunità di Sant’Egidio in vacanza in Valle Imagna, tra le montagne bergamasche. Per loro, questa settimana è l’unica possibilità di vacanza per lasciare la città. Ma è anche l’occasione per continuare le attività svolte durante l’anno: l’aiuto scolastico, l’educazione alla solidarietà e alla costruzione della società del vivere insieme. Le camere in cui si dorme, i tavoli da pranzo, le squadre dei giochi, i gruppi delle attività, composti da bambini rom e non rom, italiani e stranieri, rappresentano un sogno per la città di Milano. Un sogno che con le Scuole della Pace diventa un progetto di convivenza concreto e realizzato. 

Accanto a giochi, gite, visite ad un’oasi del Wwf e spettacoli serali, il tema della vacanza è l’amicizia tra persone che parlano lingue diverse, appartengono a culture differenti, sono nate in Paesi lontani. Il tema, in una parola, è il confronto con l'"altro". Anche per questo, un momento centrale è la festa finale presso la vicina casa di riposo, quando i bambini raccontano le attività fatte durante la settimana, arrivando a commuovere gli anziani. Potrebbe sembrare strano chiedere di aiutare gli anziani e di confrontarsi con la fragilità della vecchiaia a bambini che spesso vivono quotidianamente veri e propri drammi; eppure, la risposta è la naturalezza con cui Valeriu, rom romeno di 10 anni, veterano delle vacanze in Valle Imagna, spiega che anche quest’anno ha preparato una lettera e un regalo per Anna, 92 anni. 

Si sono dati appuntamento la scorsa estate. «Nessuno è così piccolo o così povero da non poter aiutare gli altri», spiegano alla Comunità di Sant’Egidio. Aiutare gli altri dà dignità e crea un sentimento inclusivo di appartenenza. È questa la risposta della Scuola della Pace ai bambini rom, che spesso si sentono cacciati dalla città in cui vivono, o ai cinesi, magari nati a Milano, ma che vivono un forte conflitto tra l’identità dei genitori e quella italiana. In ogni momento della giornata, i volontari della Comunità di Sant’Egidio, soprattutto liceali e universitari, accompagnano i loro amici più piccoli. Assieme a loro, ci sono anche Cristina e Tereza, due ragazze rom che frequentano le superiori e che, dopo essere cresciute alla Scuola della Pace, hanno chiesto a loro volta di aiutare. 

«I poveri nostri fratelli», «Essere familiari dei poveri», sono espressioni che raccontano lo spirito con cui la Comunità di Sant’Egidio vive la settimana di vacanza e l’amicizia fedele durante l’anno. «Mi sono venuti a cercare dappertutto», spiega Vladut, rom romeno che negli ultimi anni ha subito più di 30 sgomberi, l’ultimo a febbraio. A giugno, ha tagliato un traguardo importante: è stato promosso in seconda elementare. Era al terzo tentativo: gli anni scorsi era stato bocciato per le troppe assenze. A causa degli sgomberi. Il suo sogno è la casa, che vuol dire anche alcuni “comfort” che per un bambino milanese dovrebbero essere scontati. Come la doccia. In vacanza in Valle Imagna, alle 18.30, scatta ogni giorno “la battaglia”: Vladut va sotto la doccia e non vuole mai uscire, gioca con l’acqua, si lava con il bagnoschiuma tre o quattro volte. Soltanto il menu della cena e lo spettacolo serale riescono alla fine a convincerlo ad uscire dalla doccia…

Stefano Pasta

«È stato bello vedere crescere l’impegno civico dei bambini e ragazzi cinesi delle nostre Scuole della pace a Milano in questi anni. Contrariamente a quello che si pensa i cinesi qui da noi sono integrati». Elisa Giunipero, 38 anni, ricercatrice di storia contemporanea e docente di Storia della Cina contemporanea all’Università Cattolica di Milano, ci tiene a smentire la favola della comunità cinese come un ghetto separato dalla vita della città.


Un po’ di merito è certamente anche della Comunità di Sant’Egidio e dell’intenso lavoro fatto in questi oltre 20 anni di presenza della comunità fondata da Andrea Riccardi nel capoluogo lombardo. Elisa Giunipero è la responsabile delle Scuole della Pace di Sant’Egidio a Milano, un’esperienza fatta di incontri bisettimanali animati da giovani volontari liceali o universitari della comunità. «Si tratta di un’iniziativa offerta gratuitamente per educare i bambini e i ragazzi alla pace e alla solidarietà oltre ad insegnare loro la lingua e la cultura italiane, cerchiamo di trasmettere ai più piccoli anche una concreta educazione alla pace anche con attività di volontariato, come ad esempio la visita agli anziani», precisa la docente universitaria.

Organizzata nel pomeriggio come doposcuola, i volontari di Sant’Egidio fanno interagire i bambini – di varie nazionalità oltre a quella cinese – con giochi, canti e lezioni interattive per far sì che il tempo trascorra in maniera divertente oltre che utile e costruttiva.

«Altre iniziative legate alla scuola della pace sono il “Rigiocattolo”, la vendita di giocattoli usati per finanziare il nostro progetto Dream in Africa per la lotta contro l’Aids, e la settimana di vacanza estiva aperta ai ragazzi della Scuola», precisa ancora Elisa Giunipero.

Oltre che nel quartiere cinese, la Scuola della pace è stata attivata anche a Corvetto, un quartiere popolare della metropoli lombarda: «Lì i veri protagonisti sono i bambini rom, quelli dei famosi sgomberi di via Rubattino. Ma ci sono anche bambini marocchini e italiani», dice la Giunipero. «L’idea è la stessa: promuovere un’educazione alla convivenza e alla pace senza annullare le differenze ma anche senza esasperarle». La terza Scuola è, per così dire, itinerante: «È nata in seguito agli sgomberi degli ultimi anni nei campi rom e si cerca di seguire personalmente una galassia di bambini che sono in strada e che assistiamo, per così dire, privatamente». 

Tornando alla comunità cinese a Milano, Sant’Egidio ha incominciato a lavorare con lei nel 1992, 20 anni fa esatti. I cinesi, comunità a sé stante? «Negli anni abbiamo visto tante trasformazioni nella comunità cinese, che è molto variegata al suo interno. Questa esperienza di conoscenza diretta, incontro, amicizia e convivialità con le famiglie ci ha permesso di entrare in sintonia con questa realtà, percepita dagli italiani come omogenea e impenetrabile: invece è una realtà molto varia e differenziata», risponde la docente.

Che poi precisa: «La realtà cinese è molto stratificata. Da un lato esistono grandi differenze socio-economiche tra le varie famiglie: ci sono cinesi ricchi e cinesi poveri, e la differenza tende ad aumentare. Esiste poi una stratificazione nel tempo a seconda della data di arrivo in Italia: ormai parliamo di terze e quarte generazioni cinesi (il primo cinese registrato all’anagrafe di Milano è del 1910) e quindi la mentalità varia molto tra chi è qui da più tempo e chi è appena arrivato. Infine esistono differenziazioni a seconda della provenienza: da Nord a Sud la lingua e la cultura variano molto. Se uno parla solo il dialetto locale, non si capisce con gli altri connazionali provenienti dalle altre regioni e fa più fatica quindi ad integrarsi». 

Sta crescendo, infine, il problema dell’identità nazionale dei cinesi nati a Milano e in bilico tra il sentirsi italiani e il sentirsi cinesi. «Molti dei bambini che seguiamo sono nati a Milano e sono milanesi, si vivono tali. Ciascuno di loro vive comunque un problema di identità nazionale, visto che molti minori cinesi fanno la spola tra Italia e Cina anche per anni interi a causa degli studi. Questo, e forse anche la mancanza di una legge sul diritto di cittadinanza più generosa, non li aiuta ad assumere una loro identità specifica», conclude la donna.

Stefano Stimamiglio

A Milano, la Comunità di Sant’Egidio è nata nell’89 per opera di Milena Santerini, professoressa di Pedagogia interculturale all’Università Cattolica di Milano. Fu lei, con diversi studenti di alcuni licei milanesi, ad avviare la prima Scuola della pace al quartiere popolare della Barona. La vita della comunità è caratterizzata dalla preghiera, dalla fraternità e dal servizio ai poveri.


La preghiera è la prima opera, quello da cui tutto parte e verso cui tutto torna: i membri si ritrovano nella chiesa di San Bernardino di via Lanzone 13 il martedì, mercoledì, venerdì e, quando non c’è la Messa, sabato sera per la preghiera comune. La fraternità contempla, oltre a molti momenti comuni nel corso della settimana, un vissuto intenso di amicizia e condivisione. Il servizio ai poveri è quello che ogni membro vive quotidianamente, pur avendo ciascuno la propria famiglia con cui abita: la scuola della Pace; le scuole d’italiano con centinaia di studenti immigrati a Corvetto, nel quartiere Paolo Sarpi e in via Timavo, vicino alla Stazione centrale; l’assistenza alle persone senza fissa dimora, i cosiddetti “amici di strada”: un servizio fatto di vicinanza umana e materiale in zona Stazione Garibaldi, in centro nei pressi della Galleria Vittorio Emanuele e vicino alla stazione Cadorna. 

Molti membri di Sant’Egidio sono poi impegnati al servizio degli anziani, forse il più impegnativo di tutti: viene garantita una presenza fissa in un ospizio del quartiere Corvetto e, dall’anno scorso, anche la gestione di una casa alloggio a Lambrate, dove quattro anziani sono ospitati in un appartamento requisito alla mafia. Lo scopo è stato quello di evitare che queste persone vadano in un istituto.

Stefano Stimamiglio

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