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lunedì 10 febbraio 2025
 
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Chrysostomos al Papa: «Ci aiuti a ristabilire la nostra civiltà»

03/12/2021  L'appello a papa Francesco dell'arcivescovo ortodosso di Cipro è un durissimo attacco alla Turchia che ha occupato il 38 per cento del Paese dal 1974. Bergoglio chiama al dialogo e all'unità innanzitutto tra le Chiese

Nicosia, Cipro

Dalla nostra inviata

È durissimo il discorso di Chrysostomos II, Arcivescovo Ortodosso di Cipro, che non tace le difficoltà e gli scontri di questi anni, soprattutto da quando, neL 1974, la Turchia ha occupato il 38 per cento del territorio cipriota e ha cacciato, in modo violento, centinaia di migliaia di cristiani. «La Turchia» denuncia nel saluto di benvenuto al Papa nella cattedrale ortodossa dedicata a San Barnaba, «ci ha ferocemente attaccati», gli abitanti di Cipro, «vennero espulsi con la lancia e il fuoco, furono portati via dalle loro case paterne. I santuari del Signore», per dirla con le parole della Bibbia, «“sono stati dati alle fiamme… hanno profanato e demolito la dimora del Tuo nome”».  E da allora la Turchia «ha sviluppato un piano di pulizia etnica anche nella nostra Cipro. I 200mila abitanti cristiani che sono stati espulsi dalle loro case paterne con incredibile barbarie sono stati sostituiti da più del doppio dei coloni che sono arrivati dalle profondità dell’Anatolia, distruggendo, così, la nostra cultura classica», inoltre  sono state confiscate «le nostre storiche chiese bizantine, con i loro intramontabili e preziosissimi mosaici ecclesiastici bizantini, le icone dei santi che introducono al mistero e che manifestano il nostro altissimo livello culturale, e hanno depredato i sacerdoti con incredibile e inaudita barbarie. E in base ai loro piani abominevoli, hanno cambiato tutti i nostri toponimi storici, in modo che non esista più nulla di greco o cristiano. Laddove la nostra cultura greca e cristiana fiorì e fruttificò riccamente, ora, da quasi mezzo secolo, domina il tumulto spirituale della steppa asiatica. Essi non solo imitarono la sanguinaria barbarie di Attila l’Unno, ma addirittura fecero peggio di lui». Un tentativo di dialogo con i musulmani turchi è stato più volte tentato, ma, è la triste constatazione dell’arcivescovo, «è fallito a eccezione di un unico incontro che si  svolto in Siria». Chiede l’aiuto di Francesco, come già aveva ottenuto quello di Benedetto XVI. Dopo la visita a Cipro del 2010, Ratzinger si era prodigato presos il governo di Monaco per far restituire circa 500 opere trafugate dai turchi e finite in Germania. E così anche a Bergoglio, Chrysostomos chiede di essere al fianco della Chiesa ortodossa nella sua battaglia e di tentare di recuperare almeno parte del patrimonio della cultura greco-cristiana su cui si basano anche le radici dell’Europa.

Papa Francesco risponde con un discorso tutto ecumenico in cui chiede di superare le divisioni del passato, che ci sono state anche tra ortodossi e cattolici, e riconoscerci tutti in quella «Chiesa madre che lei ha evocato nel nostro incontro privato». Una Chiesa Madre dove ci si ritrova come figli, e dunque fratelli. Lavorando insieme per superare difficoltà, incomprensioni, ingiustizie. «Non lasciamoci paralizzare dal timore di aprirci e di compiere gesti audaci, non assecondiamo quella “inconciliabilità delle differenze” che non trova riscontro nel Vangelo! Non permettiamo che le tradizioni, al plurale e con la “t” minuscola, tendano a prevalere sulla Tradizione, al singolare e con la “T” maiuscola. Essa ci esorta a imitare Barnaba, a lasciare quanto, anche buono, può compromettere la pienezza della comunione, il primato della carità e la necessità dell’unità», insiste papa Francesco.

Parla della comune origine apostolica. La stessa classica iconostassi alle sue spalle con le icone di Barnaba, di Andrea, Giovanni Battista, Paolo, Marco… sottolinea la comune appartenenza a una stessa fede.  «Paolo attraversò Cipro e in seguito giunse a Roma. Discendiamo dunque dal medesimo ardore apostolico e un’unica via ci collega, quella del Vangelo», dice il Pontefice. «Mi piace così vederci in cammino sulla stessa strada, in cerca di una sempre maggiore fraternità e della piena unità. In questo lembo di Terra Santa che diffonde la grazia di quei Luoghi nel Mediterraneo, viene naturale ripensare a tante pagine e figure bibliche».

Sull’esempio di Barnaba che vendette il suo terreno per deporne il ricavato ai piedi degli apostoli, anche noi siamo chiamati a gesti che ci facciano camminare insieme. .«Anche noi siamo invitati dal Signore, per riscoprirci parte dello stesso Corpo, ad abbassarci fino ai piedi dei fratelli. Certo, nel campo delle nostre relazioni la storia ha aperto ampi solchi tra di noi, ma lo Spirito Santo desidera che con umiltà e rispetto ci riavviciniamo. Egli ci invita a non rassegnarci di fronte alle divisioni del passato e a coltivare insieme il campo del Regno, con pazienza, assiduità e concretezza. Perché se lasciamo da parte teorie astratte e lavoriamo insieme fianco a fianco, ad esempio nella carità, nell’educazione, nella promozione della dignità umana, riscopriremo il fratello e la comunione maturerà da sé, a lode di Dio. Ognuno manterrà i propri modi e il proprio stile, ma con il tempo il lavoro congiunto accrescerà la concordia e si mostrerà fecondo».

Come esempio concreto papa Francesco cita quanto accade nel «tempio dedicato alla Panaghia Chrysopolitissa», che è oggi luogo di culto per varie confessioni cristiane, amato dalla popolazione e scelto spesso per la celebrazione dei matrimoni. È dunque un segno di comunione di fede e di vita sotto lo sguardo della Madre di Dio, che raduna i suoi figli». Al suo interno «è  custodita la colonna dove, secondo la tradizione, san Paolo subì trentanove colpi di frusta per aver annunciato la fede a Pafos. La missione, così come la comunione, passa sempre attraverso sacrifici e prove». Prove che non sono mancate anche nei secoli seguenti in questa terra, ricca di santi e di martiri. Così come non mancanon i falsi profeti, come quello che incontro Barnaba nel suo ritorno a Cipro con Paolo e Marco. «Non mancano anche oggi falsità e inganni che il passato ci mette davanti e che ostacolano il cammino. Secoli di divisione e distanze ci hanno fatto assimilare, anche involontariamente, non pochi pregiudizi ostili nei riguardi degli altri, preconcetti basati spesso su informazioni scarse e distorte, divulgate da una letteratura aggressiva e polemica», dice Francesco, «ma tutto ciò distorce la via di Dio, che è protesa alla concordia e all’unità». Quante volte, è il suo rammarico, ««nella storia tra cristiani ci siamo preoccupati di opporci agli altri anziché di accogliere docilmente la via di Dio, che tende a ricomporre le divisioni nella carità! Quante volte abbiamo ingigantito e diffuso pregiudizi sugli altri, anziché adempiere all’esortazione che il Signore ha ripetuto specialmente nel Vangelo scritto da Marco, che fu con Barnaba su quest’isola: farsi piccoli, servirsi gli uni gli altri». E allora occorre invocare l’intercesisone di quei santi che «da Lassù invitano a fare di Cipro, già ponte tra Oriente e Occidente, un ponte tra Cielo e terra». Partendo dal parlarsi, dal dialogo. Perché quando le parole vengono spezzate, come ricordano le frecce che le fanno a pezzi nel monumento che i ciprioti hanno eretto davanti al filo spinato che li separa dalla parte turca, ci può essere solo divisione, violenza, odio.

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