L’edizione di Sanremo del 1989 passò alla storia come il “Festival dei figli
di…”: Rosita Celentano, Paola Dominguin, Gianmarco Tognazzi e Danny Quinn.
Quattro giovani carini, simpatici ma con scarsissima esperienza, catapultati sul
palco più famoso d’Italia, casa fino a quel momento di professionisti come Mike
Bongiorno e Pippo Baudo. Fioccarono subito polemiche infuocate, amplificate
dalle innumerevoli gaffes che i quattro inanellarono nel corso delle serate.
Risultato? La finale di quell’edizione fu la terza più vista di sempre, con lo
share mostruoso del 75,43%.
Da allora sono passati 26 anni, la Tv è completamente cambiata, ma la
lezione di quel Festival resta: puntare sul cognome famoso paga, almeno nell’immediato
perché si garantisce al programma un mucchio di pubblicità gratis, che continua
anche se il “figlio di…” non si dimostra all’altezza. Tanto, si può sempre
cambiare nell’edizione successiva.
Quindi è persino superfluo dire che se Aurora Ramazzotti non fosse stata
figlia di Eros e di Michelle Hunziker molto probabilmente sarebbe rimasta solo
una studentessa di 18 anni e non avrebbe ottenuto la conduzione della striscia
quotidiana di X Factor 9. Il suo destino pare segnato fin dalla nascita, evento
che fece la felicità di tutti i rotocalchi dell’epoca. Papà Eros poi aggiunse
un bel carico da 11 alla già notevole popolarità della piccola componendo la
struggente “L’aurora” dedicata a lei. Detto questo, ha fatto benissimo a
difenderla dai beceri attacchi che in queste ore imperversano sui social
network da parte di chi sfoga la sua invidia per non aver potuto avere la
stessa fortuna. Tanto più che non solo tra i vip, ma in tutti gli ambiti lavorativi essere figli di qualcuno aiuta. Solo che nel mondo dello spettacolo questo danneggia solo chi può contare solo sul proprio talento, mentre ritrovarsi un incapace in un posto di responsabilità in un'azienda privata o ancor di più in ente pubblico è rovinoso per tutti.
Le parole più sagge le ha finora pronunciate Lorenzo Fragola, il vincitore
dell’ultima edizione di X Factor: “Premetto due cose: sono amico di Aurora e
non ho mai sopportato i raccomandati. Per questo motivo ciò che dirò sarà
assolutamente detto con sincerità e onesta intellettuale. Essere “figlio di..”
spesso in Italia porta a raggiungere dei traguardi con maggiore facilità
rispetto ad altri. Quello che si scorda però è che “essere figli di..” In
Italia vuol dire anche sentirsi dire di non essere mai all’altezza dei propri
sogni, che tutto ciò che di buono si fa nella vita , per la gente non sarà mai
merito tuo bensì di colui/coloro che ti hanno creato. Chiedo solo una
cosa: prima di insultare, di sentenziare e di criticare io lascerei che a
parlare sia il lavoro di Aurora. Credo sia giusto non essere prevenuti. Se non
dovesse essere all’altezza io sarò il primo ad esprimere (con i giusti modi e
toni) il mio disappunto. Ma sono sicuro che farà bene, e come sono cresciuto
io, le auguro di crescere e maturare”.