«Quanto unisce l’ecumenismo del sangue!». Monsignor Shahan Sarkissian, vescovo di
Aleppo e primate degli Armeni in Siria, in Italia per qualche giorno, invitato dalla Comunità di
Sant’Egidio, in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei
cristiani, è convinto che solo uno sforzo congiunto potrà riportare la pace nel
suo Paese.
«Uno sforzo che deve vedere insieme cristiani e musulmani, uniti
contro il terrorismo. Perché non esiste un terrorismo islamico o cristiano. Bisogna
far capire che terrorismo e islam non sono la stessa cosa. Il terrorismo non ha
religione, non ha cultura, non ha credo. È violenza totale, non ha
niente di umano, non ha niente di religioso».
Monsignor
Sarkissian parla di una «tragedia continua», che lascia Aleppo «senza acqua,
senza elettricità, senza comunicazioni, senza benzina. C’è bisogno di tutto: di
dare da mangiare alla gente, di assistenza sanitaria, di rimettere
porte e finestre alle case e alle scuole quando finisce il bombardamento, di
educazione. Stiamo aiutando i ragazzi ad acquistare quello che è necessario per
studiare e stiamo pagando gli insegnanti».
Ma la situazione, dopo cinque anni di guerra, è disastrosa. «Si vive nella
paura e non si vede una soluzione in tempi brevi. Anche se da uomo religioso
non posso che avere speranza. Guardando ora la città non si può avere idea di
cosa era prima Aleppo. La guerra ha cambiato molte cose. Un giorno forse
dovremo parlare di tutti i cambiamenti che si sono verificati, non solo quindi
della distruzione del Paese, degli edifici, ma forse anche della mentalità. Non
ricordo che prima della guerra ci fosse questa nozione di “ghetto”: cristiani e
musulmani stavano insieme, da cittadini».
E
poi c’è la paura dell’Isis. «Anche se», sostiene il vescovo, «nei media
Occidentali si esagera il potere dello Stato Islamico. L’Isis non è così forte,
anche se ha compiuto atti terroristici».
In
questa situazione, continua il vescovo, «sperimentiamo la
fratellanza ecumenica tra le Chiese, non solo al più alto livello, cioè tra i
vescovi e i rappresentanti delle varie confessioni religiose, ma anche tra la base,
nella gente comune. E la stessa cosa vale anche per i cristiani e i musulmani».
Ed è da qui che bisogna ripartire perché «ci deve essere una soluzione, ma
la soluzione non deve essere militare, ma politica. Bisogna riunire insieme
nello stesso posto i rappresentanti siriani, Governo e opposizione, e tutti devono
imporsi di raggiungere la pace. I siriani possono trovare la soluzione tra di
loro e ricostruire il Paese. Credo che non ci sia altra soluzione. La Comunità
internazionale può fare pressione su tutte le parti, non solo su alcune, perché
si siedano al tavolo. Tutti. Certo, non i terroristi. Non si può discutere di
pace con i terroristi e non li si può collocare né con l’opposizione, né con il
Governo. Il terrorismo deve solo essere estirpato dalle radici».