L'ex presidente Nicolas Sarkozy (Reuters).
Da Parigi - D’Artagnan aveva dovuto aspettare vent’anni prima che il cardinale Mazzarino lo richiamasse in servizio. La “traversata del deserto” del generale De Gaulle, lontano dal potere, era durata 12 anni (tra il 1946 e il 1958). Nicolas Sarkozy ha resistito poco più di due anni al canto delle sirene: prima con un “tweet” e un messaggio su Facebook, poi in un’intervista televisiva seguita domenica 21 settembre da 9 milioni di telespettatori, l’ex presidente ha effettuato un clamoroso ritorno sulla scena politica, dalla quale aveva solennemente annunciato di scomparire per sempre dopo che il socialista François Hollande l’aveva sconfitto nell’elezione presidenziale del maggio 2012.
Né sorprendente né inatteso (in realtà l’ex presidente era sempre rimasto presente, in un modo o nell’altro, nel gioco della politica francese), ma comunque spettacolare, il ritorno di Sarkò ha sorpreso soltanto coloro i quali avevano creduto alla sua promessa di ritirarsi a vita privata. In televisione, ha spiegato che la sua decisione non è stata determinata dall’ambizione ma soltanto dal “senso del dovere”: di fronte alla situazione catastrofica nella quale (secondo lui) François Hollande e i socialisti hanno precipitato la Francia, l’ex presidente ha affermato: “Non potevo fare diversamente”. E così facendo, ha rivendicato il ruolo di salvatore della patria.
E’ vero che Sarkozy non ha (ancora) fatto atto di candidatura alla presidenza della Repubblica: mancano 2 anni e mezzo all’appuntamento con le urne, e Sarkò, per il momento, punta soltanto alla presidenza del partito di destra Ump (“Union pour un mouvement populaire”). Ma è difficile, per non dire impossibile, non pensare che il suo vero obiettivo sia l’Eliseo. François Hollande si dibatte in terribili difficoltà, la sua popolarità è crollata al 13 % (un record assoluto, e poco invidiabile, per un presidente della Quinta Repubblica) per cui Sarkozy è convinto che la sua elezione sarà soltanto una formalità. L’ex presidente dovrà però fare i conti con Marine Le Pen, la bionda leader del Fronte Nazionale, che da qualche mese (ossia dopo la clamorosa affermazione del suo partito nelle elezioni europee dove il partito d’estrema destra si è classificato al primo posto) cavalca in testa ai sondaggi.
I medesimi sondaggi rivelano che, se si votasse adesso per le presidenziali, soltanto Alain Juppé (ex premier sotto la presidenza di Chirac e attuale sindaco di Bordeaux) sarebbe in grado di battere Marine Le Pen, altrimenti data vincente contro tutto gli altri, di destra o di sinistra. Juppé, in quale da tempo ha fatto sapere che punta alla presidenza della Repubblica, sarà il rivale più pericoloso di Sarkozy quando si terranno (nel 2016) le primarie della destra.
Sarkò deve fare i conti anche con la giustizia: è indagato per diversi scandali (per esempio i finanziamenti illegali delle sue campagne elettorali) e sospetti di corruzione. Per sua fortuna, la giustizia francese si muove lentamente; ma se dovesse subire una condanna nei prossimi due anni, Sarkozy non potrebbe candidarsi a presidente della Repubblica nel 2017.
Il ritorno di Sarkò cade in un momento difficilissimo: tutti i fondamentali economici sono in calo, il presidente Hollande e il governo socialista debbono affrontare un record di sfiducia. Sfiducia che, se dobbiamo credere ai sondaggi, coinvolge l’insieme della classe politica, di destra come di sinistra, e porta acqua al mulino di Marine Le Pen. Sarebbe davvero paradossale, in tali condizioni, che i francesi, i quali nel 2012 avevano votato Hollande per sbarazzarsi dell’odiato Sarkò, rieleggessero Sarkozy per disfarsi dell’impopolarissimo Hollande.
Il clamoroso ritorno di Sarkozy sulla scena politica dimostra almeno due cose. La prima è che la classe politica francese è incapace di rinnovarsi. A destra non è emerso un solo personaggio capace di incarnare il rinnovamento: il più popolare è un uomo come Alain Juppé, che nel 2017 avrà 72 anni, mentre Sarkozy, che pure è più giovane, non riesce, almeno per ora, a riconquistare il cuore dei francesi: il 54%, dicono i sondaggi, deplora il suo ritorno. A sinistra l’attuale premier Manuel Valls (50 anni) si presenta come un uomo “nuovo”, ma stenta ad affermarsi come l’alternativa “di sinistra” al malconcio Hollande il quale, oltretutto, ha trascinato il suo primo ministro nel baratro dell’impopolarità (in poche settimane, i consensi per Valls sono calati dal 45 al 30%).
La seconda cosa è che, spacciandosi per il “salvatore della patria”, Sarkozy rispolvera il mito dell’uomo provvidenziale, un mito che tanti danni ha causato nella vita politica transalpina, ma di cui i francesi non si sono mai veramente liberati. Per parlare solo della storia moderna, e citare i nomi più noti, gli uomini provvidenziali che hanno “salvato” la Francia sono stati tanti: da Napoleone a Clémenceau, dal maresciallo Philippe Pétain (capo del regime collaborazionista di Vichy) al generale Charles de Gaulle (eroe della resistenza, fu lui che mise fine alla guerra d’Algeria nel 1962). Autore di un saggio intitolato “Les hommes providentiels” (gli uomini provvidenziali), lo storico Jean Garrigues sostiene che se i francesi hanno un debole per gli uomini provvidenziali è perché hanno la nostalgia della monarchia. Le istituzioni della V Repubblica, con la straordinaria concentrazione dei poteri nelle mani del presidente, sono sintomatiche di questa nostalgia, e il capo dello Stato riempie un vuoto.
In questo, aggiunge Garrigues, la Francia è molto diversa dalle nazioni vicine: per la loro esperienza del totalitarismo, la Germania e l’Italia sono vaccinate contro il virus dell’uomo provvidenziale. Quanto alla Gran Bretagna, alla Spagna, al Belgio, all’Olanda e ai paesi scandinavi, il vuoto è riempito da un monarca che incarna il potere senza però esercitarlo. Ma Sarkozy ha davvero la stoffa dell’uomo provvidenziale? La risposta si avrà soltanto dopo l’elezione del 2017.