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mercoledì 14 maggio 2025
 
campione d'inverno
 

Sarri, il bancario che rinunciò al posto fisso porta il Napoli in Paradiso

10/01/2016  Vita e opere di un tecnico straordinario che ha riportato una città in vetta, come ai tempi di Maradona: 13 ore al giorno di studio, ostinazione, allenamenti maniacali e un pizzico di scaramanzia. Lo chiamano Mister 33 perché ha in tasca 33 schemi su palla inattiva in caso di bisogno.

Era il 29 agosto 2015 quando un giornalista chiese a Sarri quanto ci vorrà per far “acquisire gli automatismi” al Napoli, appena passato sotto l’egida del tecnico ex Empoli. In quella giornata il mister tosco-campano rispose così: ”E’ come passare dall’Iphone al Samsung. C’è chi ci mette un giorno e c’è chi lo butta perché non ci capisce niente”. Ora possiamo dirlo: dopo la vittoria contro il Frosinone che le ha consegnato il titolo di campione d’inverno, i meccanismi sono stati registrati a dovere. Un titolo che arriva proprio il giorno del suo 57esimo compleanno.

Si gode i suoi gioielli Maurizio Sarri. Gonzalo Higuain ormai è rinato, al punto che qualcuno già lo paragona a Maradona (forse è un po’ esagerato), ma è l’espressione di una città in estasi che vede la propria squadra giocare a memoria, come se ad ogni partita inserisse il pilota automatico. Questo non vale solo per la fase offensiva, ma anche per quella di non possesso: tutti i giocatori sanno sempre i compiti che devono svolgere, e soprattutto come li devono svolgere. Il merito, certo, sarà dei giocatori, che sono ottimi atleti, ma anche l’anno scorso lo erano. Il vero autore di questa incredibile cavalcata fino in vetta alla classifica del massimo campionato nazionale va a quell’uomo seduto in panchina sempre in tuta e mai in giacca e cravatta, perché a lui la divisa tradizionale non piace: Maurizio Sarri.

Ma chi è veramente questo personaggio che davanti alle telecamere si mostra sempre serio? Non è il classico calciatore che, di gran carriera, è arrivato a riorganizzare la compagine campana: è un semplice figlio di operai con la passione per il pallone. Di professione Sarri lavorava in banca, la Montepaschi, e andava pure all’estero per occuparsi di transazioni tra istituti di credito. Però, lui, la sera, non poteva resistere: terminava il lavoro e poi andava ad allenare: si, ma non squadroni. La prima è lo Stia, nella stagione 1990-1991, che allora militava in Seconda Categoria. In quel periodo non è tutto facile: i primi risultati di rilevo arrivano con Cavriglia ed Entella a metà degli anni ‘90, entrambe portate in Eccellenza. Presto, nel 1999, per il quarantenne figlinese arriva il bivio: impiegato, cioé posto fisso, direbbe Checco Zalone, o pallone? Sarri opta per la seconda scelta, così, nel 2000 approda alla Sansovino, che in sole tre annate calcistiche viene portata dall’Eccellenza alla Serie C2, vincendo anche la Coppa Italia di serie D. Grazie a questi risultati Sarri viene chiamato dal presidente della Sangiovannese, squadra toscana, che sotto la sua guida, nella stagione 2003-2004, viene promossa in C1.

Il vero primo salto di qualità avviene nel 2005-2006: è qui che il mister firma per il Pescara, in Serie B, e tra diverse difficoltà riesce ad ottenere la salvezza, portando la compagine abruzzese all’undicesimo posto nel campionato cadetto. La stagione successiva Sarri siede sulla panchina dell’Arezzo, al posto di Antonio Conte: ma le cose non vanno bene, riesce ad ottenere 19 punti in 18 gare, terminando così all’ultimo posto. Gli anni seguenti non sono fortunati,  tra esoneri e risultati scadenti. Nostalgia del posto fisso in banca? No, nessuna nostalgia. Nel 2007-2008 si ritorna in Lega Pro, ma, anche qui, qualcosa non funziona: il tecnico viene cacciato dopo che la squadra crolla sino al fondo della classifica. Ritorno in banca? Nemmeno a pensarci il calcio è la vita dio Maurizio ormai. E i risultati gli daranno ragione. La ruota della fortuna ricomincia a girare nel 2010: Sarri riesce a portare l’Alessandria al terzo posto in Prima Divisione e per un pelo non ottiene la promozione. Finalmente la musica cambia davvero: nel 2012 si torna in Serie B, con l’Empoli. Dopo una prima annata difficile, seppure l’Empoli arrivi ai playoff (perdendo contro il Livorno), è il campionato successivo che consente al cinquantenne toscano di ottenere la sua consacrazione: nel 2013-2014 piazza un secondo posto ed approda con il team del presidente Corsi  direttamente in Serie A. Nonostante fosse la prima esperienza nella massima competizione raggiunge la salvezza con quattro giornate di anticipo. Poi, il 4 giugno 2015, si dimette dalla carica di allenatore dell’Empoli. Il resto è storia di oggi:  Sarri viene chiamato a sostituire Rafa Benitez alla corte di Aurelio De Laurentiis e, dopo alcune difficoltà iniziali, lo vediamo in vetta alla classifica, campione d'inverno, davanti a tutti dopo 25 anni, con i tifosi napoletani in visibilio che cantano "O surdato innammurato" in curva.

Ma quali sono i segreti di questo mister in tuta? Studio (anche 13 ore al giorno, a  detta sua) e allenamenti maniacali. Non per niente veniva chiamato in passato “Mister 33”, perché si diceva  che il coach partenopeo avesse in saccoccia ben trentatré schemi su palla inattiva da poter utilizzare in caso di bisogno.  Ma non solo: Sarri ama molto due moduli principalmente: il 4-3-3 e il 4-3-1-2, ma la sua caratteristica è l’attenzione ai movimenti della difesa in un modo quasi ossessivo, al punto che Garcia, commissario tecnico della Roma, durante un’intervista afferma: se io dovessi chiedere a Maicon di stare delle ore a curare i suoi movimenti di ripiegamento come fa Sarri con i suoi, mi manderebbe a...”. Non mancano certo le stranezze: Maurizio è una persona scaramantica, basti pensare che, quando guidava il Pescara in serie B, chiese a tutti i giocatori di indossare scarpe nere perché portavano fortuna. Si, portavano, perché poi, quando le cose hanno smesso di funzionare come si deve “nonostante il nero”, terminò anche quel rito propiziatorio.

C'è  un'altra caratteristica di Mister 33: il non utilizzo dei Social (Twitter e compagnia). Lui, la comunicazione, la realizza a voce. Stiamo parlando di una persona alla “vecchia maniera” insomma, che ha mantenuto l’umiltà dell’impiegato e che è capace di inculcare la cultura del sacrifico all’interno di tutti gli ambienti calcistici in cui si trova. E i risultati si vedono, altroché.          

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