(Foto di Crolin Crowley per Save the children)
Tamrea ha 17 anni, vive in Etiopia. Ha una bambina di 5 anni, Indris. Tamrea è diventata madre ad appena 12 anni. Suo padre l'ha costretta a sposare un giovane sconosciuto. E quando lei rimase incinta, suo marito l'ha abbandonata. Tamrea ha partorito in casa, da sola. Per sua figlia, oggi, immagina un destino completamente diverso dal suo. «Non voglio che altre vadano incontro a quello che ho passato io», dice. «Se una ragazza va a scuola può avere una vita migliore. Le mie amiche vanno a scuola e io mi sento davvero male». Quella di Tamrea è una delle storie raccolte da Save the children, raccontate nel rapporto sulla situazione dei diritti delle bambine nel mondo “Every Last Girl: Free to live, free to learn, free from harm”, lanciato dall'organizzazione umanitaria in occasione della Giornata internazionale delle bambine e delle ragazze (11 ottobre), proclamata dall'Onu.
Uno dei principali ostacoli all'uguaglianza, alla pari dignità e allo sviluppo delle bambine è la pratica del matrimonio forzato e precoce. Ogni anno nel mondo 15 milioni di ragazze si sposano prima di compiere i 18 anni, la maggior parte di loro proviene da famiglie povere. Oggi nel mondo sono 700 milioni le donne che si sono sposate prima dei 18 anni. L'India è il Paese con il più alto numero di spose bambine: il 47%. In Repubblica dominicana le ragazze sposate prima dei 18 anni sono il 37%. In Nigeria il 40% delle ragazzine di famiglie indigenti si sposa entro i 15 anni di età, contro il 3% delle ragazze benestanti.
In Paesi come India, Afghanistan, Yemen e Somalia molte bambine sono costrette al matrimonio addirittura entro i 10 anni di età, spesso con uomini molto più vecchi, che potrebbe essere i loro padri o i loro nonni. I contesti di crisi umanitaria favoriscono la diffusione dei matrimoni precoci, perché i genitori vedono nel matrimonio l'unica forma di protezione per le loro figlie: nel 2013, fra i rifugiati siriani in Giordania, fra le ragazze dai 12 ai 17 anni una su quattro era sposata. Nei Paesi in guerra il matrimonio è spesso usato come un'arma: come nel caso delle 270 ragazzine rapite da Boko Haram nel Nord della Nigeria, violate e costrette a sposare i guerriglieri.
I matrimoni precoci rappresentano una grave violazione dei diritti delle bambine: le costringe ad abbandonare la scuola e a rinunciare alla loro istruzione, le espone a forti rischi per la salute e al pericolo di contrarre più facilmente malattie come l'Hiv, le rende più vulnerabili, esposte a discriminazioni e abusi. La comunità internazionale si è impegnata a sradicare questa pratica entro il 2030, ma il compito è molto complesso: se il numero di spose bambine continuerà a crescere con il ritmo attuale, fra 14 anni ci saranno 950 milioni di ragazzine sposate.
Matrimoni forzati e precoci, numero di bambini per madri adolescenti, mortalità materna, completamento della scuola secondaria di primo grado, numero di donne in Parlamento sono i cinque parametri presi in considerazione dal rapporto di Save the children per stilare una graduatoria dei Paesi del mondo dove le bambine hanno maggiori possibilità di crescere in modo sano e sicuro, di istruirsi, di vivere lontane da discriminazioni, di affermare i loro diritti e la loro autonomia. Il podio è dominato dalla Scandinavia: al primo posto svetta la Svezia - il Paese più virtuoso, che offre maggiori garanzie e opportunità per la popolazione femminile -, seguito da Finlandia e Norvegia. Fanalino di coda è il Niger, il peggior Paese al mondo dove nascere donna. Nelle ultime ventuno posizioni (dopo lo Yemen al 123° posto), figurano tutti Paesi dell'Africa subsahariana.
L'Italia si colloca in un onorevole decimo posto, subito dopo la Svizzera, prima di Spagna, Germania e Austria. Il nostro Paese ha raggiunto standard molto buoni: si accosta alla Svezia per numero di figli per madri adolescenti (6 su 1.000) e tasso di mortalità materna (4 su 100mila nascite). Ma a penalizzarla è il numero ancora relativamente esiguo di donne in Parlamento (il 31% contro il 44% in Svezia).
Non tutti i Paesi sviluppati e ad alto reddito, ammonisce il rapporto, soddisfano i parametri come dovrebbero o come si ci aspetterebbe: industrializzazione ed economia solida non garantiscono necessariamente il benessere e una corretta crescita delle bambine e delle giovani donne. L'Australia, ad esempio, si piazza al 21° posto nella lista a causa del tasso relativamente elevato di fertilità delle adolescenti (numero di figli per madri adolescenti) e il basso numero di donne parlamentari. Gli stessi fattori che penalizzano anche il Regno Unito (al 15° posto) e il Canada (al 19°). Per gli Stati Uniti, la prima economia mondiale, la classifica riserva soltanto il 32° posto, dopo l'Algeria e subito prima della Tunisia: negli Usa la rappresentanza femminile al Congresso è appena il 19%. Il fenomeno delle madri adolescenti, soprattutto nel ceto medio-basso, è ancora una piaga sociale allarmante. Anche il tasso di mortalità materna è relativamente elevato: 14 su 100mila nascite nel 2015, lo stesso di Uruguay e Libano.
La mortalità materna è un piaga mondiale enorme, la seconda causa di morte, dopo il suicidio, per le adolescenti fra i 15 e i 19 anni: circa 70mila ragazze muoiono ogni anno per complicazioni legate alla gravidanza e al parto. I bambini che nascono da madri da adolescenti hanno il 50% in più di probabilità di morire durante i primi giorni di vita.
Il cambiamento, a piccoli passi, è possibile. Lo dimostrano, nella classifica, i progresso compiuti da alcuni dei Paesi più poveri. Come il Nepal, che si piazza all'85° posto, dopo il Nicaragua e prima di Panama: se la situazione della mortalità materna e della fertilità delle adolescenti è ancora critica, l'86% delle bambine nepalesi ha completato la scuola secondaria di primo grado, come in Spagna. E poi il Rwanda, che vanta sorprendentemente la più alta rappresentanza politica femminile: nel Paese africano ben il 64% dei seggi parlamentari sono occupati da donne. Se cambiare le cose è possibile, allora, Save the children chiede a tutti i Governi di impegnarsi per la promozione dei diritti delle bambine di tutto il mondo attraverso tre strumenti fondamentali: una finanza equa, l'eliminazione delle discriminazioni economiche e sociali, politiche trasparenti e inclusive che permettano alle ragazze di far sentire la loro voce, esprimere la loro opinione, prendere parte alle decisioni su tematiche importanti in famiglia, nella loro comunità locale, nel loro Paese, diventare protagoniste della loro vita e padrone del loro futuro.