Domani sera parte la nuova edizione di "Amici" e, possiamo scommetterci, ancor più degli altri anni farà parlare di sé, fin dalla prima puntata. C'è curiosità per come interagiranno le due nuove caposquadra, Emma ed Elisa. Ma soprattutto c'è attesa per gli ospiti annunciati: Gianni Morandi, i Modà e Roberto Saviano. Sì, proprio lo scrittore di Gomorra si rivolgerà ai milioni di giovani che seguono il talent per parlare di immigrazione. Anticipiamo alcuni stralci del suo monologo:
“Sicuramente sembra strano che sia qui, cosa c’entro non canto non ballo; scrivo vengo da un altro percorso. Eppure in realtà sono convito che è il posto giusto. Cerco sempre di parlare a ragazzi, mi nutro dell’incontro con loro, vado nelle scuole, nelle università e questa in qualche modo è una scuola particolare e quindi sono contento e lo ritengo un privilegio potervi parlare. Siete in un’età in cui scrivete il futuro, siete in un momento cruciale e la mia generazione come anche la vostra spesso si trova di fronte la possibilità unica di realizzarsi andando via. La maggior parte dei miei amici sono andati via, io sono nato a Napoli e sono andato via e mi torna alla mente un racconto che ha fatto uno scrittore marocchino si chiama Thar Ben Jelloun dove c’è un dialogo tra una bambina, una ragazzina, Malika 14 anni e il protagonista di questo libro chiede: cosa vuoi fare da grande? E la ragazzina risponde partire. Ma partire non è un mestiere! No partire, poi si trova un mestiere. Quante volte avete fatto questo pensiero o lo farete, innanzitutto partire poi si vede. E questa è una risposta a qualcosa che non funziona.
Siamo abituati in qualche modo a vedere, ad esempio nei tg, nelle news,
ormai con una certa indifferenza tutti coloro che partono dalla loro
terra, i barconi, Lampedusa, sentiamo il numero dei morti spesso
elevatissimo e passa così, come un elemento ordinario che ci sta, sta
nelle cose. Ora vorrei per un momento provare ad indicarvi quali sono le
storie che stanno dietro quei numeri o quello che sta succedendo perché
spesso al di là degli slogan è fondamentale approfondire.
L’informazione, quello che leggete sui giornali, il commento su
Facebook, il commento politico. L’informazione è come un lago
ghiacciato, ci puoi pattinare sopra, scivolandoci, stando in piedi, puoi
appagarti di un titolo, puoi appagarti di un’opinione oppure puoi
rompere quel ghiaccio tuffarti andare in fondo e farti un’opinione tua,
prendere diverse fonti, avere un’idea, cambiarla. Prendere un libro,
approfondire, tempo. Prendersi tempo per capire. Questo ho provato a
condividerlo portando qui delle foto, delle foto che possono raccontare
meglio delle parole talvolta, quello che sto provando a comunicare.
La
prima foto, è la foto di una bambina che forse avrete visto sui social
network, che ha una storia che certo è sintetizzata da questa immagine
drammatica. Lei vive in un campo profughi siriano, è un campo profughi
tra la Turchia e la Siria. Osman è un photo-reporter che arriva in
questo campo e ha un tele obiettivo, in questa posizione, raccoglie
l’obiettivo, chiude un occhio e scatta. Non si accorge di nulla, sta
fotografando le famiglie, è arrivata lì con sua madre e i suoi fratelli.
Quando va a vedere il suo lavoro si accorge che questa bambina si è
arresa a lui. Ha alzato le mani, perché non ha mai visto una macchina
fotografica molto probabilmente ma ha visto molti fucili. E quindi
rispetto ad un altro bambino che avrebbe fatto una smorfia perché ne ha
viste molte di macchine fotografiche, lei ha visto un gesto che è simile
perché anche chi ha un fucile chiude un occhio per mirare, anche chi ha
il fucile mantiene una parte e anche chi ha il fucile ha il dito, non
ce l’ha verticale, ha un dito visibile ma ce l’ha sul grilletto quindi
lei secondo la sua logica alza le mani come ha visto fare mille volte e
si mette anche in protezione – quello che lui stesso dice in un
intervista – non apre le mani ma le chiude. Questa è una foto che
racconta esattamente quello che cercavo di dirvi, perché lei viene da
una famiglia che scappa, arriva su quei barconi per quelle strade,
quelle storie che ascoltiamo senza alcuna empatia spesso, se non
raramente.
E per continuare a raccontare, trovare un dettaglio che ti
permette di aprire un nuovo universo di senso ho portato un video che
vorrei farvi vedere. È un video, sembra una macchia confusa, sta aprendo
un auto, sotto quell’auto sullo sfondo ci sono due persone – forse una –
e Melilla sta venendo in una città del Marocco che però è territorio
spagnolo, in questa macchina nel doppio fondo è nascosto un ragazzo. È
un'altra strada che viene utilizzata per arrivare qui. Perché a Melilla
c’è un immensa gigantesca grata che divide l’Africa da questo lembo
d’Europa in Africa . I ragazzi si arrampicano dopo giornate passate ad
attraversare il deserto e non riescono perché o vengono arrestati o
sono pieni di febbre e non riescono ad arrivare fino alla cima, non ce
la fanno la polizia sotto li prende , due su 100, tre su 300 cambiano
continuamente le statistiche, riescono a passare, allora utilizzano i
doppi fondi delle auto, spazi minuscoli, poco ossigeno al buio ore,
tombe mobili…
Chiudo con un pensiero che mi torna spesso alla mente e
riguarda il resistere, io sono convinto che partire vuol dire spesso
resistere, difendere la propria dignità, avere fede – come religiosa -
in una possibilità di migliorare la propria vita, quindi hanno fede
nella speranza contro ogni possibilità, barche marce, soldi dati a
questi trafficanti, ma hanno la fede che possa cambiare qualcosa, quindi
immagino la loro attività come attività di resistenza per cui mi è
venuto in mente Piero Calamandrei padre della costituzione italiana che
ha scritto delle righe su altri resistenti, partigiani indicando come
noi di fronte a tragedie così gravi di fronti a morti potevamo
rispondere. Come si può rispondere? E lui meglio delle mie parole scrive
questo: “Essi sono morti senza retorica, senza grandi frasi, con
semplicità, come se si trattasse di un lavoro quotidiano da compiere. Si
sono riservati la parte più dura e più difficile, quella di morire di
testimoniare con la resistenza e la morte, la fede nella giustizia. A
noi è rimasto un compito 100 volte più agevole quello di tradurre in
leggi chiari, stabili e oneste il loro sogno, di una società più giusta e
più umana di una solidarietà di tutti gli uomini alleati a debellare il
dolore, non dobbiamo tradirli”.